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Una vita al servizio del Cantone: ‘Ascolto e fiducia ai giovani’

Autocritica, rispetto, fede: l'aggiunto capo della Sezione circolazione Aldo Barboni va in pensione e racconta 46 anni nell'amministrazione cantonale

Aldo Barboni
(Ti-Press)
25 giugno 2024
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Entrando nell’ufficio di Aldo Barboni a Camorino e guardando verso la grande finestra, l’occhio cade sulla foto che lo ritrae con papa Giovanni Paolo II. «Lo incontrai quattro volte, tramite don Claudio Mottini, carissimo amico, e una suora di Roma. Una volta, nel suo appartamento privato, ho avuto il privilegio di assistere alla sua santa messa con una decina di persone».

I quarantasei anni di servizio nell’Amministrazione cantonale dell’aggiunto capo della Sezione della circolazione sono tutti riassunti in quella che è la sua prima premura appena seduti: «Mi raccomando, ricordiamo ai lettori che le licenze di condurre cartacee non saranno più valide dal 31 ottobre, ne rimangono ancora 10mila, ed è importante chiarire agli utenti che, essendo cambiata l’ordinanza, dopo quella data non possiamo più dare garanzia di validità, e quindi occorre procedere alla sostituzione». Barboni ripercorre con orgoglio i grandi cambiamenti che hanno interessato la Sezione in questi anni, a partire dal trasloco da Bellinzona a Camorino nel 1979, passando per l’ampliamento dello stabile dei collaudi, un’opera da 6 milioni di franchi di cui è stato capoprogetto – compito che gli fu attribuito dall’allora direttore del Dipartimento istituzioni Luigi Pedrazzini e dal segretario generale Giorgio Battaglioni – fino al grande passo dell’innovazione informatica: «Eravamo convinti già dal 2011 che fosse necessario, perché credo che bisogna avere il coraggio del cambiamento, di farlo noi per primi per evitare che siano poi gli altri a imporcelo».

Un cambiamento lungo quasi mezzo secolo. Con quale spirito lo ha attraversato?

Con l’ascolto, soprattutto, ma anche con la fermezza. A chi controbatte che quest’ultima non sarebbe propria di un uomo di fede, quale sono, rispondo proprio come tale, citando San Paolo quando dice che anche la fermezza è carità. E poi c’è la prontezza, la capacità di riuscire a dare sempre risposte, che si tratti di un utente o di un collaboratore. Una cosa ho tanto a cuore, il valorizzare i giovani. Tante volte sento dire, anche da colleghi, che non hanno esperienza. Ma se non diamo fiducia, non possiamo poi pretendere esperienza. Sono sempre stato felice di presentare dei giovani, anche giovanissimi, scelti per posti importanti alla Sezione, perché sicuramente avranno molte cose da insegnarmi: negli anni ho acquisito esperienza, loro hanno fatto degli studi, unendoci cresceremo tutti assieme.

Cosa consiglierebbe oggi, dall’alto della sua esperienza, al sé stesso di 46 anni fa?

A un giovane che affronta questa sfida direi di non avere paura, di avere molta fiducia in sé stesso e sapere individuare le persone che possono essere d’aiuto. Questo aiuto l’ho trovato in molte persone, alcune delle quali non sono più tra noi. Penso ad esempio al colloquio con il consigliere di Stato Giuseppe Buffi, quando fui scelto, appena 28enne, come capoufficio amministrativo della Sezione della circolazione, il più giovane dell’intera Amministrazione cantonale: un uomo straordinario, che mi ha accolto come un padre. Ai tempi ero incoraggiato e supportato nei miei tanti dubbi dall’allora caposezione Antonio Perugini, che è stato poi procuratore pubblico. Da allora posso dire che mi sono forgiato, ho cambiato il mio carattere, ho acquisito fermezza, proprio grazie all’accompagnamento di queste persone. Auguro a tutti di poter fare questa esperienza, con passione, curando l’aspetto umano senza credersi infallibili. Ottimi rapporti anche con i direttori di Dipartimento, i consiglieri di Stato che si sono susseguiti, Alex Pedrazzini, Luigi Pedrazzini, fino all’attuale, Norman Gobbi. Persone valide, umane, che mi hanno sempre permesso di potermi confrontare con ognuno di loro, e con tutti è stata anche una mia crescita personale. Altrettanto grandi l’affiatamento, la collaborazione, il rispetto e l’amicizia con i capisezione che si sono susseguiti dal 1986: Antonio Perugini, Cristiano Canova fino a Elia Arrigoni. Aggiungo pure che altrettanto rispetto, stima, collaborazione e amicizia non sono mai venuti meno con i numerosi consiglieri di Stato di diversi dipartimenti fino al cancelliere dello Stato.

Si ricorda i suoi inizi?

Sono entrato, quasi ragazzino, il 18 settembre del 1978. Allora l’Ufficio circolazione era nel Palazzo del Governo a Bellinzona. Ricordo un aneddoto di quei primi giorni: la segretaria Marisa, che mi chiamava affettuosamente “barboncino”, mi raccontò di aver detto al capoufficio Luigi Fratessa: “Quel ragazzo che è arrivato da poco sembra quasi un diciassettenne”; e che lui rispose: “L’è un fiöö pinìn, andrà lontan”. Quando sono stato nominato segretario di direzione, lei che era già in pensione, mi mandò un biglietto di auguri, ricordandomi quella frase e aggiungendo: “E pian piano raggiungerai la sedia porporina”. Ricordo anche quando mi mandarono per la prima volta dal consigliere di Stato, all’epoca Fulvio Caccia, per firmare dei documenti, fui accolto dalla segretaria, la signora Luisangela, in modo quasi materno. In generale ricordo questi complimenti che ricevevo da persone che avevano la mia età oggi, ma che all’epoca mi sembravano già ‘grandi’. Ci si sentiva accolti, e oggi per me allo stesso modo è un piacere accogliere il giovane apprendista. Perché il rispetto della persona non ha età.

Nel saluto ai colleghi, annunciando il suo pensionamento, ha chiesto scusa per qualche errore: è importante l’autocritica per un dirigente?

Ciò che mi ha aiutato molto in questi anni è il mettermi in discussione per primo, fare un po’ l’esame di coscienza della giornata, processo che, anche sul lavoro, ogni tanto, aiuta a capire se, magari, la troppa fiducia in sé stessi ha portato a decisioni affrettate. È molto importante conoscere i propri limiti e non ritenere di essere gli unici dalla parte della ragione. Un esempio: quando si è riorganizzato l’aspetto informatico, ci si è confrontati con collaboratori con più dimestichezza e altri, ahimè, più lenti. Ecco, in queste cose bisogna anche dotarsi di rispetto per la persona e di pazienza per raggiungere l’obiettivo. Sono riuscito a raggiungere un autocontrollo, a sapermi mettere in discussione, e sono convinto che senza questo avrei fatto molti più errori. Chiaramente, quando si occupano posti di responsabilità non si può pretendere di essere amati da tutti. Non ho infatti mai preteso di essere considerato il migliore, ma che ci fosse rispetto reciproco. Considero una virtù il fatto di non pensare di essere unici e insostituibili: se arriva qualcuno con una buona idea, la accogli, anche se non c’è sopra il tuo nome, la tua paternità. A me fa male, sinceramente, vedere certe persone che vengono allontanate perché hanno il privilegio di essere più intelligenti di qualcun altro. Più una persona è intelligente, più sono dell’avviso che vada aiutata, perché è un fattore di crescita. Non ho mai avuto paura di affiancarmi un collaboratore più intelligente, anzi, ben venga, lo cercavo persino più intelligente di me.

Si riconosce un merito in particolare?

Un merito che mi son sempre riconosciuto è quello di essere in grado di decidere quando prendere e quando lasciare. Dico sempre ai miei collaboratori, ai capiservizio per esempio: “Noi dobbiamo sempre avere il coraggio di decidere, perché se decidiamo noi, saremo sempre pronti anche a fare dei cambiamenti quando ci vengono imposti”. A volte magari per pigrizia, per paura, per non avere più impegni si preferisce l’acqua stagnante.

E di cambiamenti in questi anni ne avete fatti...

Una delle vicende che mi ha colpito di più è l’evoluzione a livello informatico. A un certo punto, con lo sviluppo tecnologico, ci si è resi conto che non era più possibile mettere delle pezze ma bisognava pensare al rifacimento totale del sistema. Allora abbiamo costituito un gruppo di lavoro composto da rappresentanti del Centro sistemi informativi e della Segreteria generale del Dipartimento, individuando le ditte che potevano offrire quanto si cercava. Ne abbiamo trovata una che offriva un prodotto di oggettivo valore, che dava le garanzie necessarie per il trattamento dei miliardi di dati di cui siamo in possesso. Poi nel 2014 è stato introdotto il nuovo applicativo, attualmente in uso, ed è stato necessario operare la migrazione dal vecchio sistema. Quello è stato forse uno dei weekend in cui ho avvertito più tensione: avevamo puntati addosso gli occhi di tutti, dai garagisti all’utenza. Un lavoro immenso. Siamo arrivati a domenica pomeriggio e, con un gran sostegno e unità, tutto è andato in porto in modo positivo.

Lei non fa mai vacanze, si dice. È vero?

Sì, ma non mi piace fare il ‘Calimero’: è una scelta mia. Sono mattiniero, sono in ufficio alle 6, e anche dopo le 18. Lo faccio con passione perché ci sono dei momenti della giornata che servono proprio per incontrare il collaboratore, per accoglierlo, come pure l’utenza. E tante volte in questi anni ho potuto anche condividere momenti tristi delle persone. Ricordo i dolori di qualche collaboratore, la malattia del figlio come pure la perdita di una persona cara. Ecco, penso che accogliere una persona in questi momenti, dare vicinanza e sostegno è stato per me non tempo buttato via, ma tempo donato. Sono a favore della tecnologia e dei cambiamenti, ma non bisogna mai trascurare l’ascolto. Giorni fa un garagista anziano mi diceva: “Con lei vedo una generazione che scompare”. Perché oggi se un utente chiede qualcosa si sente rispondere che deve aprire un ticket. Va bene, ma per certe situazioni non si può pretendere un radicale cambiamento, a volte la persona ha bisogno anche di un po’ di calore umano. Dico sempre ai miei collaboratori che a volte anche solo cinque minuti spesi per spiegare una cosa sono un’ora di tempo guadagnata più avanti perché evitano magari che sorgano poi dei malintesi. Bisogna saper ascoltare e mantenere un calore umano.

La Sezione della circolazione è spesso oggetto di critiche. Come le gestisce?

Ho sempre prestato molta attenzione alle critiche, perché possono essere anche costruttive. Sta a noi saper gestire quando è ‘di pancia’. Se per esempio una persona incorre nella revoca della patente per guida in stato di ebbrezza, magari viene a dire che non è giusto. Tocca a noi farla riflettere, far capire i rischi a cui espone sé stessa e gli altri se viene meno la capacità di reazione. O se arriva qualcuno, magari anche alzando la voce perché gli sono state sequestrate le targhe poiché non ha pagato l’assicurazione. In quei frangenti si cerca magari di far capire che se si arriva a quello è perché erano stati già dati dei preavvisi inascoltati. E in questo senso controllare bene una pratica vuol dire anche verificare l’operato del collaboratore, e prepararlo alle domande che possono arrivare dall’utenza. Non basta, come in questo caso, dire che è obbligatoria la copertura assicurativa, ma serve spiegare che l’ordinanza federale la impone per coprire i danni che si possono causare ad altri per una svista o un errore. L’investimento sulla formazione del collaboratore è molto importante. La formazione non finisce con la scuola, ma deve essere costante. Anche nel proprio privato, ognuno dovrebbe ritagliarsi uno spazio per la propria crescita personale.

Ha già dei progetti per quando sarà ‘fuori’?

Sono una persona abituata a stare molto tra la gente. Ho molti impegni, ma fra tutti uno che seguo da quasi vent’anni è quello di membro del comitato direttivo del monastero di Claro. Aiutiamo le suore del monastero nella gestione, ma è anche una valvola di sfogo, per me un’oasi di pace. Questo magnifico luogo, il silenzio tra il bosco, la chiesa, la cappella, qualche colloquio con le religiose è quello che mi porta veramente a ricaricare in fretta le mie batterie.

Le mancherà il suo lavoro?

Penso che mi mancherà poco. Sono convinto che in tutti questi anni ho avuto modo di incontrare molte persone, di far nascere forti amicizie che coltivo ancora adesso. Ho sempre avuto un gran desiderio di trovare amicizie e sono stato sempre ricompensato per questo. Ho incontrato tante persone che magari non avrei incontrato prima, sono nati rapporti, rispetto e attenzione reciproci. E questo dà continuità.

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