laR+ L'intervista

‘Qivittoq’, l'amore al tempo dell'emergenza climatica

La crisi ambientale si comprende solo sul posto: dal viaggio in Groenlandia di Flavio Stroppini è nato ‘Qivittoq’, dall’11 al 13 aprile al Teatro Sociale

Il 12 aprile, dopo lo spettacolo, incontro con la compagnia. Prevendita all’InfoPoint Bellinzona, su www.ticketcorner.ch e relativi punti vendita
4 aprile 2024
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«Erano anni che volevo raccontare la crisi climatica, ma non ci riuscivo perché non trovavo un collegamento con la quotidianità. Viviamo l’emergenza come una serie di eventi eccezionali: ho raggiunto l’Artico per cercare una situazione di vita quotidiana che potesse far riflettere su cosa sta accadendo al nostro pianeta. Solo lassù mi sono reso conto che le case, senza fondamenta, si afflosciano a causa del permafrost che si scioglie; che le strade, le poche che ci sono, paiono montagne russe del luna park e, soprattutto, se qualcuno ha un problema e si ritrova bloccato sopra uno di questi fiordi e ha bisogno di aiuto, o semplicemente di un po’ di calore umano, diventa irraggiungibile perché la banchisa si scioglie troppo velocemente». Ecco perché tra febbraio e marzo 2023, complice una residenza artistica, Flavio Stroppini s’è imbarcato sul Manguier, piccola nave di meno di trenta metri arenata in un fiordo della Groenlandia occidentale; quei trenta giorni di totale isolamento erano dapprima confluiti in ‘Diary from elsewhere’ e poi mutati in pièce teatrale, la coproduzione Teatro Sociale Bellinzona e NucleoMeccanico che il Sociale, appunto, vedrà dall’11 al 13 aprile alle 20.45.

Non ci sono per nessuno

«Senza essere stato lassù non ci sarebbe la storia», dice Stroppini. Nel suo ‘Qivittoq’, un uomo solo (Massimiliano Zampetti) su di una nave arenata nel ghiaccio della Groenlandia pare trovare tranquillità nella condizione estrema data dal vivere a una temperatura di -30 gradi e dall’essere a cinque ore di distanza dal padre, dal fratello e dalla propria donna, Ane (Moira Albertalli), le uniche tre persone con le quali ancora intrattiene una relazione. L’uomo solo si è guadagnato l’appellativo di Qivittoq, termine che in Groenladia va oltre il significato di ‘eremita’: «Sono persone che decidono di abbandonare la comunità per vari motivi, dalla delusione d’amore ai debiti, perché si sentono vecchi o arrabbiati, o semplicemente perché hanno deciso di vivere in solitudine, benché alcune interazioni con il prossimo persistano, anche solo tornare nel centro abitato per comperare del cibo. La comunità inuit – continua il regista –, convinta che nessuno possa vivere da solo per così tanto tempo se non impazzendo, pensa che i Qivittoq portino sfortuna, che siano maledetti o diventino dei demoni». Nello spettacolo, la donna del Qivittoq ha un problema, ha bisogno di lui; cerca di raggiungerlo camminando sulla banchisa, che per la prima volta non regge, rendendo impossibile ogni sforzo di ricongiungimento. Con l’emergenza climatica sullo sfondo, lei si suicida, lui impazzisce.

‘Qivittoq’ ha il light design di Marzio Picchetti, le scene e i costumi (anni 80, da scoprire) di Rocco Schira, coadiuvato dagli allievi e dalle allieve del corso di pittori di scenari della Csia, e le musiche di Andrea Manzoni, che durante l’inverno appena trascorso ha trovato ispirazione nei Fiordi Occidentali Islandesi. Sul palco-fiordo c’è, provocatoriamente, un mondo artico costruito attraverso la plastica; il frigorifero appare in nome dell’assurdità e la palma e la sedia a sdraio in nome del riscaldamento globale. La dramaturg Monica De Benedictis ha ‘imposto’ i quattro giorni canonici della storia d’amore di shakespeariana memoria. Perché ‘Qivittoq’ è una storia d’amore. Stroppini: «Parafrasando Márquez, ‘Qivittoq’ è l’amore ai tempi della crisi climatica. L’amore è universalmente comprensibile, ho pensato che raccontare la crisi ambientale con una storia invece che con un elenco di dati potesse essere un modo per far riflettere. In fondo, questo è per me il ruolo dell’arte, del teatro». Alla mera contabilità dell’emergenza climatica penserà Greenpeace Svizzera al termine dello spettacolo fornendone i dati, che verranno proiettati per il pubblico.


Inverno 2023, poco sopra il 68esimo parallelo Nord

Vertigo artica

Il Qivittoq (svizzero) di Stroppini impazzisce, e gli abitanti dei fiordi non parlano a vanvera: tanto nello spettacolo quanto nella realtà (è Stroppini l’uomo bloccato a cinque chilometri dalla terraferma), s’insinua la vertigo artica, condizione che colpisce chi vive in solitudine in un ambiente molto freddo. E non c’è bisogno di raggiungere l’Artico, può accadere anche in alta montagna. Tre gli stati progressivi: il sentirsi osservato (affidato scenicamente ai video girati nei giorni artici dall’artista francese Vincent Gernot), le visioni e il punto di non ritorno. Quanto alle visioni, Stroppini in Groenlandia ha visto un orso: «Ho fatto cinque chilometri a ritroso camminando sulla banchisa, vedendo la nave come un orso bianco a un centinaio di metri da me, che appariva e scompariva. Mentre questo accadeva, ho registrato una serie di messaggi ai miei cari, terribili da riascoltare». La vertigo di Stroppini si è risolta con un bicchiere di rum datogli dal capitano della sua nave, Qivittoq a sua volta: «Ha deciso di vivere sei mesi l’anno su questa nave arenata nell’Artico e gli altri sei mesi in Antartide, sempre in solitaria, ma sul polo opposto della Terra. La sua condizione è servita alla costruzione del personaggio interpretato da Zampetti». Personaggio la cui vertigo artica aumenta perché disturbato dalla suoneria del telefono fisso (Ane gli ha impostato ‘Grüezi Wohl Frau Stirnimaa’ dei Minstrels) e dal cellulare. «La sua unica salvezza è che Starlink non funziona benissimo e la connessione c’è solo in presenza di vento da nord-est, cosa che capitava anche a me».

Escursione termica

Zampetti è stato subito il Qivittoq; anche Albertalli è stata subito la sua donna. «Una volta tornato dall’Artico, prima ho contattato loro, poi mi sono messo a scrivere. Perché scrivere su attori e attrici che si conoscono cambia radicalmente le cose». Anche in questo progetto, realizzato con un’escursione termica intorno agli 80 gradi, dai -32 del fiordo ai +45 della Sardegna, terra in cui è nata la prima stesura di un’opera che in queste ore, complice un’arietta non proprio estiva, sta perfezionando a teatro movimenti, intese e meccanismi, tecnici e umani. Un’opera la cui ‘prima’ è vicina: visto che le mezze stagioni, è noto, non esistono più da tempo, preparate il maglione pesante. Però portatevi anche il costume da bagno.


‘Qivittoq’, foto di scena