Tra chi chiede di non creare ‘tifoserie’ a chi si stupisce della decisione della Fondazione, a chi richiama al significato delle rappresentazioni
Cancellare tutto. Anche il trucco nero dal volto di un figurante. Per allontanare anche solo la tentazione di stereotipi e pensieri razzisti. Sta di fatto che la scelta della Fondazione Processioni Storiche di Mendrisio nel giro di poche ore ha innescato dibattiti e reazioni, infiammando i social. La decisione di rinunciare ad annerire il viso dei volontari che nella sfilata del Giovedì Santo interpretano i mori, parte della fastosa corte orientale del tetrarca Erode Antipa (come recita la definizione), ha diviso, anche la politica locale. La Lega dei ticinesi non ha perso tempo nel far sapere come la pensa e ha portato la questione davanti al Municipio, dando voce a una interrogazione. Ribaltando la prospettiva i consiglieri comunali Simona Rossini e Massimiliano Robbiani parlano di ‘offesa’ e di tentativo di ‘snaturare la tradizione’. E gli altri partiti come la vedono? Le Processioni devono adattarsi ai tempi che cambiano o devono restare nella tradizione? Insomma, oggi occorre essere politicamente corretti a ogni costo?
«È una questione su cui le sensibilità divergono, un tema che si presta a essere divisivo e che alcuni candidati hanno prontamente cavalcato per ottenere visibilità» – ci risponde Claudia Crivelli Barella, capogruppo dell’AlternativA, che ha avuto modo anche di confrontarsi con il suo gruppo. E aggiunge –: «Ho tolto un commento da un post di un candidato in cui dicevo che le tradizioni devono evolvere con l’evoluzione della società. L’ho tolto per i commenti violenti che ha suscitato, e che mi hanno francamente scossa. Pensiamo che come politici abbiamo il dovere di non fomentare le divisioni e le incomprensioni, anche se a livello di notorietà sono ‘paganti’. Sinceramente, non ci sembra un problema, e ne abbiamo di più grossi da affrontare.
Si sono trovate le donne per impersonare le Tre Marie, mentre un tempo erano rappresentate da uomini: si troveranno delle persone con la pelle scura per impersonare i mori. La società muta in continuazione, e le tradizioni si adattano a rispecchiare il presente, evocando un passato e presagendo e auspicando un futuro. Anche nel presepe, i personaggi cambiano a seconda dei periodi, a Napoli ci sono artigiani che ne creano di nuovi ogni anno... Cerchiamo di essere flessibili e di non creare tifoserie che non portano niente di positivo».
Si ritrova un po’ sulla stessa linea pure Vincenzo Crimaldi, capogruppo Plr: «Nell’approccio tenuto dalle Processioni storiche sin qui non vedo una forma di razzismo – ci dice, esprimendosi a titolo personale –. In ogni caso auspico che cerchino dei figuranti di colore per rappresentare i personaggi dei mori. Se poi dovesse essere un problema trovarli, non mi darebbe fastidio mantenere la tradizione. Il trucco, insomma, non mi urta». Come dire che gli atteggiamenti razzisti sono altri. E Crimaldi lo può ben dire avendo adottato tre bambini di origine haitiana che si sono ben integrati nella realtà mendrisiense.
Gianluca Padlina, capogruppo del Centro, non nasconde il suo stupore davanti a quanto sta avvenendo. «Sono rimasto molto sorpreso dall’annuncio della Fondazione – ammette, esprimendosi pure lui a titolo personale –. Ho l’impressione che a volte si cerchino le anomalie là dove non ci sono. Questa manifestazione ha una sua storia, se ci fosse stato qualche problema dal profilo etico o morale sarebbe stato difficile ottenere la certificazione Unesco, che sottopone l’evento a un processo lungo e severo. Mi sembra arduo, in altre parole, seguire il ragionamento che sta dietro a questa scelta». Resiste quindi l’interrogativo se sia sempre il caso di adeguarsi ai tempi. «Non credo – rimarca Padlina – si debba essere politicamente corretti a ogni costo. Anzi, preoccupano le derive dietro a questo pensiero unico». E qui il tema, evoca, è quello della ‘cancel culture’ (cultura della cancellazione), che porta a una riflessione ma non a cancellare il passato come niente fosse.
Come sempre occorre trovare un equilibrio. «Essere una tradizione vivente Unesco – fa presente dal canto suo Anastasia Gilardi per la Lista civica – significa anche considerare quei cambiamenti parziali che nascono dal rapporto con il proprio tempo, ma devono essere spontanei e condivisi dalla maggioranza dei partecipanti. Se ne discuta, ma in questo caso è una decisione stanziale, perché le figure dei mori sono un elemento ‘teatrale’ molto vistoso e amato, sebbene poco coerente con il nucleo evangelico della processione. Alterare la loro immagine perfino ‘assurda’ (hanno turbanti pseudoislamici) – esplicita Gilardi, profonda conoscitrice delle Processioni – significa non aver capito il senso profondamente umano e popolare della manifestazione. L’identità storica, e quindi ‘razziale’ delle figure, è solo uno spunto per mettere in scena le fantasie spettacolari della tradizione europea, non implica un giudizio. La Processione del Giovedì Santo non è la storica salita al calvario di Cristo, ma la mendrisiense “prucesion di giüdee”. A essere coerenti con il Vangelo si dovrebbero eliminare quasi tutti i personaggi e allora tanto vale non farla. Se vogliamo ancora i ‘mori’, tali devono essere, altrimenti li cancelliamo e basta. Ma sappiamo che censurare il passato con i suoi errori è peggio che diseducativo».
«Le Processioni storiche di Mendrisio sono arrivate fino a oggi perché hanno saputo adattarsi senza snaturare la propria identità». Raggiunto da laRegione, il presidente del Consiglio di Fondazione delle Processioni storiche Gabriele Ponti spiega che la decisione di rinunciare al trucco facciale non è arrivata dall’oggi al domani. «Grazie a Unesco siamo interfacciati con un pubblico decisamente più ampio. Fatto, questo, che da parecchio tempo ci ha portato a soppesare le varie sensibilità – spiega –. La Città di Mendrisio ha nel Dna le Processioni e le reazioni che sto leggendo sono sicuramente di pancia». Quello portato avanti dalla Fondazione è un discorso di «evoluzione con i tempi che cambiano – aggiunge Ponti –. Ricordiamoci che non fino a tanti anni fa le tre Marie erano interpretate da tre uomini. E se dovessimo tornare alle tradizioni, dovremmo togliere il gruppo dei discepoli introdotto negli anni 80. Cambiamenti, insomma, ce ne sono sempre stati, ma magari non ce lo ricordiamo perché risalgono anche a tanti anni fa». Nessuno, sottolinea con fermezza Ponti, ha mai voluto «mettere barriere razziali o religiose: da noi vengono tutti a fare le processioni indipendentemente da colore, sesso e credo religioso perché non abbiamo questi requisiti». Da anni, conclude il presidente, tra i figuranti ci sono anche persone di colore. «Non sono mai state considerate come tali, ma come iscritti alle Processioni storiche con la volontà di voler partecipare alla tradizione».