Luganese

Sulle tracce delle azioni, una triste vicenda familiare

La morte improvvisa di un imprenditore agricolo in Lombardia nella lente di un processo a Lugano

L’aula penale di Lugano
(Ti-Press)
6 settembre 2023
|

Settembre 2017: in un drammatico incidente muore sulle strade della Lombardia un 57enne imprenditore, pezzo grosso del settore agricolo, che aveva intestate a proprio nome oltre 20 società della Bassa padana. Sei anni dopo, il Tribunale penale di Lugano si trova a dover dirimere una causa tra i parenti, in particolare gli anziani genitori e la sorella da una parte, e la giovane vedova dall'altra. Una classica causa ereditaria, si potrebbe pensare. Ma qui di eredità non si parla dato che i genitori vi avrebbero rinunciato temendo la presenza di pesanti debiti, decine di milioni di euro solo per quanto riguarda il fisco italiano. La domanda è un'altra. A chi appartengono le azioni di due società anonime ticinesi, che a loro volta sono intestatarie di importanti proprietà in Italia?

Portatori e istigatori

La risposta, di nuovo sembra ovvia: agli azionisti. Uno di essi, cui appartengono metà delle azioni, è il cugino del defunto, e qui la situazione sembra pacifica anche se l'avvocato Sabrina Aldi ha dovuto chiederne formalmente il dissequestro. È sull'altra metà delle azioni che si sta svolgendo la battaglia legale tra parenti, con una vertenza pure in Italia. Una causa civile? Ancora una volta, no: ci sarebbe del penale sotto forma di una firma, quella del 57enne, apposta falsamente su una procura giorni dopo l'incidente mortale, e con la quale i familiari hanno ottenuto dal notaio di Lugano le azioni, per poi spostarle fisicamente nell'ufficio di un commercialista sempre in Ticino. Una mossa che secondo la pubblica accusa, rappresentata dal procuratore Andrea Gianini, era volta a nascondere le azioni alla vedova dell’imprenditore defunto, una donna molto più giovane di lui (che nel processo ha il ruolo dell'accusatore privato) con cui gli altri familiari sono in rotta. Da qui le accuse di truffa, per istigazione, e falsità in documenti, in parte nella forma dell'istigazione. L'istigato in questione sarebbe il cugino, cioè il comproprietario. Fu lui a consegnare materialmente la falsa dichiarazione del congiunto morto nove giorni prima, un documento per giunta post-datato (risultava firmato dopo la morte) direttamente nelle mani del notaio, riuscendo così a portare via materialmente tutte le azioni. Ma dietro, precisamente nell'anticamera del legale, c'erano la sorella e il padre del defunto, che la Procura vede appunto nel ruolo di istiganti. I tre sono stati colpiti da altrettanti decreti d'accusa: il cugino ha accettato la condanna mentre gli altri due hanno interposto ricorso.

Chi è il vero proprietario?

Al processo svoltosi a Lugano, di cui avremo la sentenza il 21 settembre (giudice Francesca Verda Chiocchetti), si è presentata solo la sorella, mentre il padre, quasi novantenne, ha rinunciato alla trasferta per motivi di salute. In buona sostanza il procuratore Gianini chiede per entrambi la condanna a sei mesi con la condizionale. L'aspetto più importante riguarda i certificati azionari. L'avvocato difensore Fulvio Pezzati ha chiesto l'assoluzione per entrambi, dal momento che, sostiene, il genitore era già il vero proprietario delle azioni. E quindi il dissequestro dei certificati azionari, con restituzione degli stessi. Esisterebbero documenti che provano la reale titolarità dei beni. Sullo sfondo di questa strana situazione, difficoltà economiche che sarebbero insorte nel gruppo agricolo, dissidi familiari e la speranza di ‘sistemare le cose’ in casa. Un piano che l'improvviso incidente stradale avrebbe mandato in frantumi. Restano i danni e le lacrime, che la sorella sul banco degli imputati non è riuscita a trattenere.