Una mozione approvata all’unanimità dal Consiglio regionale chiede risorse per incentivare chi si ferma a sud della frontiera. Ma sarà dura
Una mozione per arginare un’emorragia. Quella dei camici bianchi lombardi, in primis gli infermieri in fuga verso il Canton Ticino. La mozione, presentata dal Pd e poi sottoscritta da tutti i gruppi politici, sull’indennità di confine (o di attrattività) per medici, infermieri e tutte le professioni sanitarie, è stata approvata all’unanimità dal Consiglio regionale della Lombardia. Il documento impegna la giunta regionale guidata da Attilio Fontana ad attivarsi presso il governo Meloni per “aumentare il riparto del fondo nazionale sanitario destinato alle Regioni di confine (non solo la Lombardia, ma anche Piemonte e Valle d’Aosta, pure loro alle prese con la carenza di personale sanitario a causa della fuga verso l’estero, ndr), affinché siano previste maggiori indennità per il personale impiegato nelle aree di confine, logisticamente difficilmente raggiungibili e nelle quali vi sia una carenza di personale”.
Insomma: se trattenere il personale sanitario residente nella fascia di confine, alla luce della differenza tra gli stipendi pagati al di qua e al di là della frontiera, è impresa pressoché impossibile, si faccia almeno in modo di offrire incentivi per far arrivare medici e paramedici da altre regioni. Si ha l’impressione che la mozione antiemorragia prenda atto del fatto che si sta combattendo una battaglia con armi spuntate, e non potrebbe essere diversamente visto che un infermiere a Como prende 1’500 euro al mese, mentre un suo collega a Mendrisio arriva a percepire uno stipendio medio di 4’500 franchi. L’intento è dunque quello di favorire l’arrivo di personale, soprattutto infermieristico, anche dall’estero.
Come peraltro già succede in diversi luoghi lungo il confine. Un esempio eclatante è quello che arriva da Morbegno, grosso comune della Valtellina, dove, dopo lo stallo durato oltre un anno a causa della totale mancanza di infermieri, da qualche giorno ha incominciato a funzionare l’ospedale di comunità, con l’apertura di un reparto da 15 posti letto destinati a chi ha superato la fase più acuta della malattia, ma che necessita ancora di cure. Il tutto grazie anche all’arrivo a Morbegno di nove infermieri peruviani.
Ma torniamo alla mozione lombarda, alla cui origine troviamo i dati diffusi dall’Ordine delle professioni infermieristiche di Como e Varese, secondo cui “il 90% delle persone impiegate nella sanità passate Oltreconfine tra il 2020 e il 2022 (in Svizzera lo stipendio è circa il triplo) sono infermieri, e circa la metà proviene dalla provincia di Como”. Dati certamente non nuovi, in quanto dell’emergenza infermieri nelle strutture sanitarie delle province pedemontane lombarde si parla da anni. La crisi, che si è acutizzata con l’emergenza Covid-19, continua a mettere in difficoltà ospedali e case anziani. Peggio: si prevede che il fuggi fuggi verso la Svizzera sia destinato ad aumentare. Nessuno ne fa mistero, in primis il servizio sanitario elvetico.
Un’ulteriore conferma, sottolineata nella mozione approvata dall’assemblea di Palazzo Lombardia, arriva dai numeri forniti dall’Azienda sociosanitaria territoriale Lariana: nel 2021 sono stati ben 283 i dipendenti che hanno abbandonato volontariamente le strutture sanitarie della provincia di Como. Oltre un centinaio quelli che hanno passato il confine e scelto di diventare frontalieri. E ancora: tra il 2022 e i primi cinque mesi di quest’anno oltre 150 persone tra i dipendenti della sanità pubblica, nelle province di Como e Lecco, si sono licenziate per andare a lavorare in Canton Ticino.
A questo proposito, la mozione sottolinea che “nel settore sociosanitario del Canton Ticino, che occupa in totale quasi 16mila dipendenti, 4’300 sono i frontalieri e di questi il 70% si compone di italiani, per la maggior parte lombardi”. La mozione ricalca l’emendamento approvato negli ultimi mesi dapprima dalla Camera e in ultima lettura dal Senato, nell’ambito del via libera alla legge di ratifica degli accordi tra Italia e Svizzera sulla nuova fiscalità dei frontalieri. Un emendamento che – ricordiamo – prevede la possibilità di concedere sgravi fiscali e contributi per alcune categorie lavorative strategiche, come quella del comparto sanitario. La parola a questo punto passa ai palazzi romani della politica, incominciando dalla Conferenza Stato-Regioni. La strada da percorrere, che si vorrebbe la più veloce possibile, è comunque lunga.