Il Ps perde un seggio nelle commissioni parlamentari e annuncia ricorso. Ma la portata di quell’articolo di legge andava chiarita a suo tempo
Chi, in diretta streaming o a Palazzo delle Orsoline dalle tribune riservate al pubblico, ha avuto l’ardire intellettuale di seguire la seconda giornata della faticosa seduta costitutiva del Gran Consiglio, avrà capito poco o nulla fra dividendi, quozienti e approssimazioni “al numero intero superiore”, tabelle e varianti. Ha però capito una cosa: che il lungo dibattito sulla ripartizione dei seggi nelle commissioni parlamentari tenutosi nel rinnovato e politicamente variegato legislativo cantonale avrebbe dovuto svolgersi a suo tempo, quando era in ballo la revisione della normativa sull’esercizio dei diritti politici: è in quell’occasione che bisognava chiarire la portata del capoverso 1 dell’articolo 68 entrato in vigore nel 2019, affinché non vi fossero dubbi interpretativi.
Dubbi sollevati in primis dal Partito socialista dopo le ‘cantonali’ del 2 aprile e il suo infelice risultato elettorale. Ieri, ritrovatisi con un posto in meno (da tre a due) nelle commissioni in seguito al verdetto del plenum, i socialisti hanno annunciato ricorso. Sarà quindi un tribunale, il Tribunale federale, a indicare, e non sarebbe una novità, la retta via al Gran Consiglio. A stabilire se il citato capoverso è da applicare così come formulato, cosa che il plenum ha fatto, oppure no. In altre parole saranno dei giudici a decidere, accogliendo o respingendo l’annunciato ricorso, parte dell’organizzazione di un parlamento cantonale, a togliere le castagne dal fuoco a un Gran Consiglio che non ha valutato l’impatto di un articolo di legge quando avrebbe dovuto farlo – e ciò suscita qualche interrogativo sulle modalità con le quali vengono affrontati alcuni dossier – e che non è comunque riuscito a raggiungere un’intesa nonostante i divergenti (legittimi) interessi. Mediazione mancata. Non resta allora che affidarsi ai tribunali. Chiamati a sostituirsi alla politica. Ma questo segna la sconfitta della politica. Il lungo dibattito, che andava fatto, lo ribadiamo, a suo tempo, e il prospettato ricorso alla magistratura hanno purtroppo messo in secondo piano la successiva, saggia, decisione del Gran Consiglio di aprire le sue commissioni tematiche ai partiti che non fanno gruppo (almeno cinque deputati eletti), con l’introduzione di un seggio supplementare. Occorre però precisare che qui si tratta di formazioni piccole, non dei partiti di governo per i quali un posto in più o in meno negli organi parlamentari può surriscaldare gli animi.
In attesa degli (eventuali) sviluppi in sede giudiziaria, fa stato quanto il plenum ha statuito e la perdita di un seggio nelle commissioni costituisce un pessimo avvio di legislatura per il Partito socialista, o meglio per quel fronte rossoverde che nel recente rinnovo dei poteri cantonali non ha certo brillato. Anzi. E che adesso vede ridurre il proprio peso politico, mentre si profila una manovra finanziaria all’insegna dei tagli, anche nelle commissioni parlamentari. Ovvero dove si fanno i giochi. Coloro che sostengono che l’importanza delle commissioni è da relativizzare, parlano di qualcosa d’altro. Sono tutto sommato rare finora le volte in cui il plenum del Gran Consiglio ne ha ribaltato le decisioni. Vero, i problemi di questo cantone e le preoccupazioni della sua popolazione sono altri. La ricerca di soluzioni e risposte adeguate comincia tuttavia nelle commissioni parlamentari. La contesa dei partiti sui seggi è dunque comprensibile, ma se rimane sul terreno della politica. Lo è meno, agli occhi del cittadino, se, per motivi diversi, sconfina in quello dei tribunali. Stavolta la contesa ha (ancora) sconfinato. Si aspetta la sentenza dei giudici di Mon Repos.