Ripartizione poltrone. Il democentrista Morisoli: ‘La Segreteria ha interpretato correttamente la legge’. Ma il Ps non fa marcia indietro
Il giorno dopo il comunicato stampa con cui il Plr contesta la decisione di affidare al Gran Consiglio la scelta tra due varianti per la ripartizione dei seggi nelle commissioni parlamentari, la capogruppo Alessandra Gianella precisa meglio gli intenti e le ragioni del partito. «Dove potremo ricorrere, ricorreremo. Abbiamo contestato la bozza dell’ordine del giorno entro i tempi stabiliti, ma è comunque stato diffuso». L'oggetto del contendere è la trattanda numero 8, quella sulla votazione per la ripartizione dei seggi appunto. «Dal nostro punto di vista non ha motivo di esistere» dice Gianella, da noi raggiunta al termine di una lunga riunione dell'Ufficio presidenziale (Up) del parlamento. Si aggiunge quindi un nuovo ostacolo alla già irta strada che porterà alla seduta costitutiva del Gran Consiglio del 2 maggio. «Per noi fa stato la legge e la sua applicazione, con il quoziente del 6, come scritto nella prima decisione che è stata inviata dai Servizi del Gran Consiglio a tutti i partiti. Perché la modifica legislativa in vigore dal 1° settembre 2019 è chiara, non lascia spazio a interpretazioni e dice che se il risultato non è un numero intero, esso è approssimato al numero intero superiore, di conseguenza al 6».
La modifica legislativa, ovvero il primo capoverso dell’articolo 68 della Legge sull’esercizio dei diritti politici. Articolo inserito al capitolo terzo (“Elezione del Gran Consiglio”) e riguardante la ripartizione dei seggi: “La somma dei voti di tutte le liste è divisa per novanta. Se il risultato non è un numero intero, esso è approssimato al numero intero superiore. Il numero ottenuto costituisce il quoziente elettorale”. Ebbene, il Plr contesta la decisione presa dall’Up la scorsa settimana di mettere sul tavolo del plenum due varianti: la prima elaborata dalla Segreteria del Gran Consiglio – che prevede 5 posti per il Plr e 2 per il Ps –, la seconda scaturita dal reclamo dei socialisti i quali ritengono che ci sia stato un problema di interpretazione della disposizione contenuta dal 2019 nella Legge sull'esercizio dei diritti politici: per loro il quoziente di 5,29 non va arrotondato a 6, così che ai liberali andrebbero assegnati 4 posti e ai socialisti 3.
Decisione, quella dell'Up, che era stata però condivisa e anzi promossa dal vicecapogruppo Sebastiano Gaffuri in assenza di Gianella: un errore? «No. L’alternativa in quel momento era che fosse l’Up a prendere la decisione e probabilmente sarebbe andata sul 5,29. Semplicemente si trattava di scegliere il meno peggio. Ora però sta di fatto – prosegue Gianella – che non è nelle competenze dell’Ufficio presidenziale delegare al Gran Consiglio la definizione del numero dei rappresentanti. Bisognerebbe semplicemente procedere con la seduta costitutiva così come prevede la Legge sul Gran Consiglio all’articolo 9 dove si dice che in tale seduta bisogna fare quattro cose, e la quarta è la composizione delle commissioni. Sta poi a chi eventualmente è in disaccordo con questo tipo di ripartizione fare ricorso contro la decisione del Gran Consiglio».
Dal canto loro i liberali radicali valuteranno se appellarsi al Tribunale cantonale amministrativo: «Nella Legge sul Gran Consiglio è scritto che contro la decisione del Gran Consiglio e dell’Ufficio presidenziale è dato ricorso al Tram. Valuteremo se intraprendere questi passi». Nel caso in cui l'ordine del giorno non venisse modificato, cosa farà in aula il Plr, voterà o si asterrà? «È presto per dirlo, seguiremo giorno dopo giorno quello che succede», risponde Gianella, alla quale chiediamo infine se la difesa del quinto posto non sia per poi cederlo ai Verdi liberali così da assicurarsi un loro sostegno in ottica elezioni federali: «Ora come ora si tratta di discutere la suddivisione che spetta al Plr. Poi si vedrà come potrà svolgersi una collaborazione», taglia corto la capogruppo.
Per il capogruppo democentrista Sergio Morisoli «la soluzione migliore sarebbe di andare in aula con la formula proposta dalla Segreteria del Gran Consiglio che è quella prevista dalla legge e da cui scaturiscono 5 posti per i liberali e 2 posti per il Partito socialista. Poi eventualmente chi non è soddisfatto, come appunto i socialisti, potrebbe legittimamente ricorrere contro tale decisione del parlamento». Per Morisoli sarebbe «la via più lineare e corretta. Altrimenti la situazione risulta molto astrusa e complicata e rischia di gettare su tutto una cattiva luce». Qualora sui banchi del Gran Consiglio arrivassero comunque le due opzioni, l’Udc voterebbe a favore della prima, come conferma Morisoli: «Sì. Ne abbiamo parlato l’altra sera in gruppo e questa è a nostra posizione».
Il Plr contesta dunque anche l’ordine del giorno. «Mi chiedo chi altri debba decidere – perlomeno in prima battuta, dato che un ricorso contro la sua decisione non è da escludere – se non il Gran Consiglio, visto che le commissioni sono dei suoi organi – si domanda il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni –. Peraltro è stato il Plr a chiedere di andare davanti al plenum, come ha dichiarato al vostro giornale il collega Gaffuri». Quanto alle due varianti per calcolare la ripartizione dei seggi, Agustoni per il momento non si sbilancia: «In gruppo ne discuteremo, e decideremo, la settimana prossima». Esprimendosi poi in generale, osserva: «Sicuramente non è molto edificante, oltretutto a inizio legislatura, accapigliarsi su una norma e sulla sua interpretazione. Dato però che questa controversa regola inserita nella Legge sugli esercizi dei diritti politici nel 2019 si applica anche ai Comuni, è opportuno che si faccia chiarezza. E a farla, ripeto, è giusto che sia il plenum del Gran Consiglio. Se la decisione di quest’ultimo verrà impugnata la parola passerà ai tribunali, anche se il fatto di coinvolgere la magistratura per definire l’organizzazione del Gran Consiglio potrebbe suscitare qualche perplessità nei cittadini».
Afferma il capogruppo della Lega Boris Bignasca: «Sull’ordine del giorno i liberali potrebbero anche aver ragione, nel senso che le trattande della seduta costitutiva del parlamento devono essere quelle previste dalla Legge sul Gran Consiglio e non altre». Per ciò che concerne la ripartizione dei seggi, Bignasca ribadisce quanto sostenuto la scorsa settimana interpellato dalla ‘Regione’: «Personalmente ritengo che la soluzione del quoziente del 5,29 non arrotondato al numero intero superiore sia la più proporzionale e ragionevole». Tuttavia «una posizione ufficiale del nostro gruppo parlamentare ancora non c’è, ne parleremo prima ovviamente della seduta costitutiva. Certo, sarebbe opportuno che Plr e Ps trovassero un accordo».
Ciò che appare assai poco probabile. «L'atteggiamento del Plr non mi sorprende – dice il capogruppo socialista Ivo Durisch –. Se si adotta il quoziente arrotondato a 6 noi perdiamo un seggio, se si adotta, come si è sempre fatto, il quoziente del 5,29 a perderne uno è il Plr. Noi però continuiamo a essere del parere, dopo vari approfondimenti, che applicando alla lettera il primo capoverso dell’articolo 68 della Legge sull’esercizio dei diritti anche alle commissioni parlamentari, dove i numeri sono nettamente inferiori a quelli in gioco nella distribuzione dei novanta seggi in parlamento, si stravolga la volontà del legislatore che era, ed è, di avere un sistema il più proporzionale possibile. E se a decidere non sarà il Gran Consiglio non vi sarà nemmeno la possibilità di ricorrere, e questo vale per tutti».
Sostiene la co-coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin: «Tenuto conto del risultato elettorale, riteniamo che il Partito socialista abbia tutto il diritto di avere tre membri nelle commissioni. Come si arriva a ciò per noi è uguale».