laR+ IL COMMENTO

Partiti storici, finché la barca va... a picco

Il crollo della Lega che potrebbe essere fagocitata a breve dall'Udc, l'arretramento del Plr, il flop della ‘novità’ rossoverde. Suona forte l'allarme

In sintesi:
  • In via Monte Boglia lo ‘stato d’animo' non basta più
  • Speziali e i ‘fabbri’ picchiati
  • Il Centro si salva con una lista forte
Servono riflessioni, circa ovunque
(Ti-Press)
4 aprile 2023
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Conferma la presenza in governo dei suoi due consiglieri di Stato, anche stavolta grazie all’alleanza con i democentristi, ma crolla in Gran Consiglio, che è poi il barometro della forza effettiva dei partiti. La Lega dei Ticinesi perde quattro deputati. Quattro seggi, finiti altrove e non solo al partito presieduto da Piero Marchesi, che ammontano addirittura a otto qualora si consideri la tornata elettorale precedente. Se in via Monte Boglia non si inventano qualcosa, se dal Mago Otelma non arrivano consigli e proposte, il movimento fondato da Giuliano Bignasca ha il destino segnato: quello di essere fagocitato, in un futuro neanche tanto lontano, dall’Udc cantonale, guidata appunto da quel Marchesi che nella corsa al Consiglio di Stato si è piazzato al terzo posto, davanti a Boris, figlio del Nano.

Alla Lega serve un leader riconosciuto e riconoscibile

La Lega sarà anche uno stato d’animo, come dicevano Giuliano e il fratello Attilio, ma uno stato d’animo non può essere politicamente pagante in eterno. Un movimento, un partito deve avere un leader riconosciuto e riconoscibile, meglio se carismatico. Agli elettori, alla base della Lega, non è ancora chiaro, dopo la scomparsa di Giuliano e Attilio Bignasca, chi comanda, chi veramente dirige la Lega. Triumvirati e quadrumvirati generano confusione. Un partito ha prima o poi bisogno anche di una struttura se vuole continuare a esistere e soprattutto se vuole continuare a contare politicamente. In assenza di Comitati e Congressi, c’è solo il ‘Mattino’ a fungere da collante del movimento. Ma forse non basta. Così come forse non basta qualche festa a mobilitare il popolo leghista nel momento topico della vita di un partito, cioè le elezioni. Anche la narrazione del movimento, soprattutto attraverso le colonne del domenicale, sta segnando il passo. Vedi il tema frontalieri, con i pendolari d’oltre confine che continuano ad aumentare. E che cos’è oggi la Lega? Barricadera o governativa? In quale, tra queste due, il suo elettorato deve riconoscersi? È possibile coniugare l’anima sociale con quella economica?

Sono però tutti i partiti di governo, a eccezione del Centro/Ppd, che non arretra ma neppure avanza, ad aver perso seggi in Gran Consiglio. A partire dal Plr, che dovrà capire il prima possibile cosa davvero sia successo in queste elezioni cantonali.

Il Plr si ricordi che esistono i radicali

Lo stesso partito che ha espresso il consigliere di Stato più votato, Christian Vitta, in Gran Consiglio perde due seggi quando l’obiettivo dichiarato era addirittura migliorare. Le riflessioni e l’autocritica che il presidente Alessandro Speziali ha già detto di voler avviare dovranno per forza di cose partire da due elementi. Il primo è che l’essersi avvicinati tanto, a volte forse troppo all’Udc può non essere stata una tattica pagante: alla fine gli elettori scelgono sempre l’originale. Il secondo, è che la virata a destra impressa dalla presidenza di Speziali avrà sicuramente fatto piacere a qualche notabile, ma ha ancora una volta fatto capire all’elettorato radicale – che eccome se c’è ancora – di essere un ospite se non sgradito quantomeno mal tollerato al gran ballo di un Plr che, a volte, dimentica davvero cosa e quanto la ‘r’ della sua sigla abbia rappresentato nella storia di questo cantone. Nel neonato movimento Avanti, più di qualcuno può aver visto proposte e indirizzi che, senza il timbro ideologico della sinistra, possono conquistare elettori moderati che di somigliare al sostenitore medio di Paolo Pamini non tengono particolarmente. Chi voleva ‘picchiare come un fabbro’ sui propri temi, è uscito con qualche ammaccatura di troppo da questa tornata elettorale. Consiglio non richiesto: il Plr faccia il Plr, l’Udc faccia l’Udc.

L'immagine identitaria del Centro

Un’immagine invece identitaria, riconoscibile e diretta è quella che ha voluto dare di sé il Centro. Che, grazie al traino di una lista per il Consiglio di Stato davvero forte, è riuscito a mantenere le posizioni in Gran Consiglio diventando il secondo partito nello sfacelo che ha caratterizzato il voto di tutti i partiti storici. Pochi temi ma buoni – imposte di circolazione, i radar, la lotta alle molestie e agli abusi –, così come la convivenza tra destra economica e ala sindacale/sociale (anche qui Speziali potrebbe prendere appunti), hanno contribuito a far raggiungere un buon risultato al partito di Fiorenzo Dadò. Il quale adesso, nel plenum del Gran Consiglio, potrà provare a trovare una lingua comune con Avanti e il Partito verde liberale – vecchio compagno di strada nella congiunzione di liste alle scorse federali. Cui partecipava anche un Plr che, se la mano di Dadò continuerà a essere tesa, con questi risultati e i poli che (pare) continueranno a marciare insieme, dovrà davvero chiedersi quanto alla lunga converrà non stringere.

Alleanza rossoverde incapace di mobilitare l'elettorato

Ma da queste elezioni cantonali esce malconcia anche – e soprattutto – l’area rossoverde, la “novità”. La sbandierata novità, sbandierata fino all’ultimo dai vertici del Partito socialista e da quelli dei Verdi, si è rivelata un flop. Del quale, e ci limitiamo al Ps, porta la responsabilità politica la giovane copresidenza dello storico partito, nonostante la proposta di Sirica e Riget, quella di allearsi con gli ecologisti nella corsa al Consiglio di Stato, sia stata avallata da una nettissima maggioranza sia della Conferenza cantonale sia del successivo Congresso. Una lista unitaria, concepita su misura per Marina Carobbio (altro che la sua candidatura “non è blindata”) e dunque priva di competizione interna, non ha mobilitato, com’era d’altronde prevedibile, l’elettorato socialista; anzi, lo ha dirottato in parte verso la creatura politica, la citata Avanti, della ‘rifiutata’ Amalia Mirante. E a nulla è servito l’appello al voto lanciato in zona Cesarini dalla dirigenza socialista, quando ha capito, passata un po’ di baldanza, che qualche seggio in parlamento era a rischio. Timori fondati, visto che il partito ha perso un deputato.

Ha ragioni da vendere il sindaco di Bellinzona, ed esponente di primo piano di un Ps che non sarebbe male lo vedesse alla guida, nel definire un errore il non aver affiancato a quella di Carobbio la candidatura di Mirante per il Consiglio di Stato. “Non si può orientare la politica in funzione dei propri sentimenti di amicizia o inimicizia, di simpatia o antipatia: alla fine sono i numeri che contano e se si vuole vincere bisogna dimostrare di avere la forza anche per unire persone che possono provare sentimenti contrastanti”. Parole con cui Branda domenica ha commentato l’esito della assai deludente performance della lista rossoverde per il governo.

La manovra finanziaria frammentata

La prossima legislatura porterà con sé dossier delicatissimi, primo tra tutti la manovra di rientro. Trovare soluzioni e compromessi in un parlamento mai così frammentato sarà impresa ardua, e non è il caso di farsi soverchie illusioni. Ma se questa frammentazione verrà vista dai partiti storici non come un pericolo da abbattere – vedasi la discutibile proposta del Plr di istituire una soglia di sbarramento –, ma come un’occasione per ristabilire quel contatto con la popolazione che oggi evidentemente manca, ecco che un potenziale problema potrà trasformarsi in qualcosa di positivo. Il successo di Avanti, così come l’entrata addirittura con due seggi dei Verdi liberali e di HelvEthica, è la dimostrazione che le vecchie risposte ai nuovi problemi non vengono più massicciamente percepite come credibili. E la lezione che tutti dovrebbero trarre è che, quando si crea un cortocircuito simile, prima di chiedersi perché gli elettori non abbiano capito il messaggio occorre essere sicuri di averlo costruito e spiegato bene.