Ballottaggio, nonostante il risultato molto deludente (e i due seggi persi in Gran Consiglio alle Cantonali), Alessandro Speziali tira dritto
Chi esulta: l’Udc, con l’alleata Lega che parla di “obiettivo centrato”, e il Centro. Chi ci sperava: Verdi e Ps. Chi ci ha provato: Avanti con Ticino & Lavoro. E chi non ride, dicendosi in una nota ufficiale “molto deluso” e cerca di leccarsi le ferite: il Plr. Quel Partito liberale radicale a conduzione Alessandro Speziali, che lo scorso dicembre, in vista delle Cantonali 2023, manifestava la volontà di «picchiare come fabbri sulle nostre priorità». Nonostante la perdita di due seggi in Gran Consiglio proprio alle Cantonali di aprile e ora anche la mancata elezione alla Camera dei Cantoni di un candidato di peso come Alex Farinelli, con la conseguente non entrata al Nazionale di Alessandra Gianella, attuale capogruppo nel parlamento cantonale, nonostante tutto questo, lui, il quarantenne Speziali, da tre anni alla testa di uno dei partiti che hanno fatto la storia del Ticino, non molla. «Ho ancora molte energie, idee e motivazione che vorrei investire per il rilancio del partito», dichiara il presidente liberale radicale di fronte a precisa domanda se non intenda dimettersi. E motiva: «Il declino che il Plr sta registrando va avanti da due decenni e non può essere invertito in poco tempo. Ora però è necessario ristrutturare e riformare il funzionamento del partito, così come accentuare la nostra presenza su alcuni temi, penso in particolare al mercato del lavoro, ai salari, alla formazione che sono preoccupazioni molto sentite. Per questo c’è una strategia interna di cui al Comitato cantonale del 30 novembre spiegherò i prossimi passi, confrontandomi con la base. Se questa sarà convinta del progetto, insieme riusciremo sicuramente nel rilancio».
Quanto alla mancata elezione di Farinelli, «evidentemente siamo delusi perché era una candidatura in cui abbiamo creduto molto – commenta Speziali –. Abbiamo investito parecchio per promuoverla, ma nella realtà del voto purtroppo non abbiamo recuperato lo svantaggio della prima tornata elettorale. I ticinesi hanno scelto una coppia marcatamente profilata, questo probabilmente perché siamo in un periodo storico in cui i profili più trasversali e istituzionali come quello di Alex fanno maggior fatica rispetto al passato». Un errore dunque puntare su di lui? No, afferma Speziali: «Da parte nostra non c’è nessun pentimento perché Alex era la miglior carta che avevamo. L'intero partito era convinto nella scelta caduta su di lui, in quanto molto preparato e trasversale alle varie sensibilità e ai vari approcci. Alex, al quale siamo molto riconoscenti, ha comunque fatto una campagna eccellente e al Nazionale ha conseguito un risultato di primissimo livello, con oltre tremila voti di vantaggio su Fabio Regazzi». A proposito di Camera bassa, Speziali tiene a notare che «in un periodo di congiuntura molto difficile come quello attuale, per il Nazionale abbiamo registrato, a livello ticinese, una crescita, ciò che non capitava da 20 anni esatti. Non siamo riusciti a sfruttare l'occasione per gli Stati, ma continueremo a lavorare più di prima», rimarca. E guardando all’appuntamento dell’aprile 2024 con le Comunali, rileva: «Le dinamiche sono molto diverse da quelle per le elezioni cantonali e federali, dipendono molto dalle situazioni locali. Ma sul territorio abbiamo parecchie radici capillari e sono sicuro che come quattro anni fa anche stavolta faremo delle elezioni positive».
Col vento in poppa invece l’Udc e il suo presidente cantonale. La vittoria di Marco Chiesa (40’549 voti) «è netta», afferma perentorio Piero Marchesi. Una rielezione agli Stati «brillante, ottenuta dopo una campagna durante la quale Marco ha saputo profilarsi egregiamente, ma nel corso della quale ha anche subìto colpi sotto la cintura. Gli attacchi si sono però trasformati in un risultato appunto brillante. Che mi fa molto piacere. Così come mi fa molto piacere l’elezione di Fabio Regazzi, di un rappresentante dunque del centrodestra, che è stato capace, pure nel recente passato, di esprimersi anche in maniera diversa dal suo partito (il Centro ndr) su alcuni dossier importanti, penso ad esempio alla Legge sul CO2. Questo è stato molto apprezzato dai ticinesi e, mi permetto di dire, anche dal nostro elettorato». A Chiesa sono andati oltre 40mila voti, di cui una parte proveniente dal movimento di via Monte Boglia. «La Lega – riprende Marchesi – ha rispettato i patti come li abbiamo rispettati noi in aprile, in occasione delle elezioni cantonali. Ciò a riprova della chiarezza di intenti all’interno dell’area e della volontà di essere uniti per essere più forti. In non pochi hanno tentato di mettere in dubbio il sostegno della Lega a Chiesa nella corsa agli Stati, un dubbio subito ufficialmente fugato dal movimento». Il risultato odierno, aggiunge il presidente cantonale dei democentristi, «è la dimostrazione che l'accordo elettorale tra noi e la Lega ha funzionato, come aveva funzionato in aprile» con la rielezione dei due consiglieri di Stato leghisti. Tornando alle Federali, il Cantone è ora rappresentato agli Stati da due esponenti di centrodestra/destra: saranno tagliate fuori sensibilità diverse? «Anzitutto, l’esito del ballottaggio è chiaro: nessuno dei tre candidati del centrosinistra, cioè Gysin, Mirante e Farinelli, è stato eletto. La maggioranza dei ticinesi ha fatto un’altra scelta, votando quei candidati e quei partiti in grado di dare delle risposte alla popolazione del nostro cantone. Premesso questo, i due consiglieri agli Stati eletti dovranno ovviamente tenere conto anche delle diverse sensibilità presenti in Ticino, senza tradire visioni e ideali del centrodestra. In ogni caso – puntualizza Marchesi –, due rappresentanti che si trovano d’accordo su un buon numero di dossier sapranno ottenere più risultati di due che appartengono ad aree di pensiero radicalmente differenti come è stato nella scorsa legislatura».
Chiusa la tornata per le Federali, ora si pensa al rinnovo dei poteri comunali del prossimo anno. «Cominceremo a pensarci da domani – sostiene Marchesi –. Se guardiamo a queste ultime elezioni federali, come Udc siamo cresciuti più o meno in tutti Comuni: siamo cresciuti bene anche nei poli, raddoppiando i consensi in alcuni casi. La tendenza è questa ed è positiva. Le sezioni comunali saranno come sempre libere di organizzarsi come meglio credono, tuttavia l’indicazione mia e del partito cantonale è di cercare dove possibile di unire le forze d’area: Udc, Lega e Udf». D’altronde, ribadisce a sua volta il portavoce e granconsigliere della Lega Daniele Caverzasio, «uniti si vince, separati si rischia di perdere». Uniti si vince «anche alle elezioni comunali, se vogliamo rafforzare la nostra area nei municipi e nei legislativi locali». Torniamo alla stretta attualità. «Obiettivo centrato», commenta Caverzasio. La conferma di Chiesa al Consiglio degli Stati «non può che rallegrarci, questo era l’obiettivo dell’area di destra, più volte dichiarato». E l’anima sociale del movimento, considerato l'orientamento politico dei due senatori ticinesi? «È un discorso che a Berna, al Consiglio nazionale, il nostro Lorenzo Quadri sa portare avanti bene, a volte anche distanziandosi dal gruppo Udc. Noi continueremo a portarlo avanti sul piano cantonale, come movimento orientato, anche con un’anima sociale, verso i cittadini».
Ed è una domenica politicamente da incorniciare anche per il Centro, che vede l'elezione al Consiglio degli Stati di Fabio Regazzi (31’962 voti) e il ritorno quindi del già Ppd, dopo quattro anni di assenza, alla Camera alta. «È il frutto – spiega il presidente cantonale e deputato al Gran Consiglio Fiorenzo Dadò – del lavoro e dell’impegno, in questi anni, di un gruppo di amici che ci ha veramente creduto e che è stato in grado di ridare entusiasmo al partito. Quell'entusiasmo che si è manifestato ai congressi elettorali per le Cantonali e per le Federali. Il partito ha risposto presente e i risultati sono arrivati». A questo punto i rapporti con lo sconfitto Plr come saranno? «Ognuno dovrà esaminare il risultato del voto in casa propria e fare le necessarie valutazioni. Io resto convinto – prosegue Dadò – che la strada da percorrere è quella della collaborazione, lavorando insieme sui temi veramente importanti per lo sviluppo del nostro cantone. Purtroppo in queste elezioni i liberali, ma anche i Verdi liberali, non hanno voluto cooperare con il Centro: i loro vertici, remando contro di noi, si sono alleati e hanno creato il ticket ufficiale Gysin e Farinelli. Oggi escono sconfitti da questo appuntamento con le urne. A loro le valutazioni del caso, senza tirare in ballo scuse. Noi avevamo aperto tutte le porte possibili. Sta di fatto che il Centro oggi ha vinto».
L’imprenditore Fabio Regazzi agli Stati, e con la sua elezione alla Camera dei Cantoni l’entrata in Consiglio nazionale del sindacalista Giorgio Fonio. Sensibilità diverse. «Il dialogo fra i due è e sarà possibilissimo – assicura il presidente del Centro –. Su diversi temi la pensano allo stesso modo e su quelli su cui le opinioni divergono sapranno raggiungere certamente il giusto compromesso e collaborare, trovando la sintesi e le necessarie alleanze, per il bene del Ticino e della Svizzera».
«In generale siamo contenti sia del primo che del secondo turno perché constatiamo che comunque c’è stata attenzione verso i nostri temi. In questo ballottaggio tra il terzo posto di Farinelli e il quarto di Greta Gysin il distacco è inferiore a duemila voti» osserva la co-coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin. Sembra dunque essere andata meno peggio del previsto. A mancare rispetto a quattro anni fa secondo Bourgoin è stata «una costellazione propizia e lo spostamento a destra dell’elettorato dovuto al contesto internazionale e alle preoccupazioni della popolazione», con riferimento alla tematica della migrazione cavalcata dal’Udc. E quanto ha influito la presenza di Amalia Mirante nei giochi? «Qualche crocetta a Greta sarà venuta meno, ma non credo sia questo fattore ad aver fatto la differenza». Nel voto per la Camera alta, evidenzia Bourgoin, «il Ticino si è dimostrato più conservatore e meno femminista. Mancheranno dei temi come quello ambientale o di genere. Starà alla deputazione e alla popolazione far sì che certi argomenti vengano presi in considerazione, anche avvalendosi maggiormente di alcuni strumenti di democrazia diretta». Iniziative popolari e referendum.
Per il futuro della sinistra la co-coordinatrice dei Verdi non si dice però preoccupata: «Dell’area progressista ci sarà sempre bisogno dato che altrove fanno tante promesse, ma i fatti sono pochi. Per quanto riguarda il nostro partito, non si può più prescindere dal considerare le questioni ambientali nelle aziende e in generale nella società. Ci sarà dunque sempre necessità dei Verdi per partecipare con persone competenti a questa sfida». Mentre rispetto al progetto rossoverde in ottica Comunali, Bourgoin considera: «I Verdi sono un partito poco strutturato, non verticistico, che per sua natura non può imporre una logica unica ai Comuni. Alcuni di loro hanno già interiorizzato il progetto rossoverde, in altri invece si collabora molto bene sui temi, a parte alcune eccezioni, ma si preferisce correre in modo indipendente. Non vedremo quindi lo stesso modello replicato ovunque».
«Pur consapevoli che sarebbe stato estremamente difficile riconquistare il seggio del 2019, siamo ovviamente un po’ delusi che Greta Gysin non ce l’abbia fatta e soprattutto che al Consiglio degli Stati ci sarà una rappresentanza per il Ticino marcatamente a destra», afferma Laura Riget, copresidente del Partito socialista il quale come previsto dall’accordo ha dato il proprio sostegno alla candidata dei Verdi dopo che questa ha raccolto più voti al primo turno rispetto al socialista Bruno Storni, ritiratosi. «Mancherà una voce più equilibrata per rappresentare meglio la popolazione del nostro cantone – lamenta Riget –. Su temi come il potere d’acquisto o i premi di cassa malati nel prossimo quadriennio ci sarà sicuramente molta meno sensibilità, così come per la protezione del clima e la parità». Al quesito se non sia stato un errore portare Marina Carobbio in Consiglio di Stato, la copresidente Ps risponde di no: «Sapevamo che dopo la sua rinuncia alla Camera alta sarebbe poi stata un’impresa tornarci, però in questi pochi mesi è già riuscita a portare avanti temi molto importanti quali il rafforzamento della formazione professionale e la lotta agli stereotipi nella scuola».
Ma come leggere la sconfitta della sinistra? «Quattro anni fa c’era una dinamica molto diversa», analizza la copresidente Ps. Che elenca: «L’onda verde, l’onda viola, Marina Carobbio che era presidente del Consiglio nazionale. Ora invece il vento soffia verso destra. Come sinistra stiamo facendo fatica soprattutto a livello istituzionale e per questo diventa ancora più importante la mobilitazione popolare, che sia con il lancio di referendum o iniziative, o con manifestazioni come quella contro i tagli di mercoledì prossimo. È fondamentale ripartire da rivendicazioni concrete per rispondere alle preoccupazioni della cittadinanza». Eppure una nota positiva di queste elezioni, secondo Riget, esiste: «Il progetto rossoverde continua. Nelle prossime settimane ci incontreremo per esaminare il voto, ma l’obiettivo è di portare avanti questo cammino anche nei singoli Comuni».