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Con la candidatura di Marchesi, a destra parte la bagarre

Se il presidente Udc verrà eletto in governo, sarà a scapito di un seggio leghista. La Lega dovrà difendersi anche dagli ‘amici’, che però corrono veloce

In sintesi:
  • L’ufficialità della candidatura di Marchesi mette a rischio il posto di Zali
  • La Lega, per non perdere i due seggi, dovrà lottare anche contro gli alleati
Battaglia aperta
(Ti-Press)
27 settembre 2022
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L’ufficialità della candidatura di Piero Marchesi per le prossime elezioni cantonali, di cui diamo notizia oggi con una lunga intervista esclusiva al presidente democentrista, innesca una bagarre a destra che di primo acchito non sarà di facile soluzione.

L’ambizione da parte dell’Udc è chiara: entrare in Consiglio di Stato. Aggiudicarsi un seggio governativo il prossimo 2 aprile significa però toglierlo agli alleati leghisti. I quali per la prima volta si troveranno in una lista non con un partito vicino, simile ma ‘piccolo’ a livello ticinese e quindi portatore d’acqua ai due propri uscenti. Ma con un’Udc in crescita, sia a livello di consensi, sia a livello di contenuti, sia a livello di vastità di argomenti su cui ha una posizione sempre più definita.

Posizioni non sempre condivisibili, certo. Ma che portano l’Udc, oggi, a essere un partito riconoscibile. Lo è sulla scuola, sul fisco, sul lavoro, sull’energia. Lo è, spiega Marchesi, anche su come dovrebbe e potrebbe funzionare meglio il Consiglio di Stato stesso. I democentristi ticinesi sono in rampa di lancio da tempo, potranno contare sul sostegno non indifferente del presidente nazionale del primo partito svizzero – Marco Chiesa – e sui munifici contributi che lo stesso partito nazionale metterà a disposizione per la campagna elettorale. Sarà sufficiente? Forse no, perché la Lega – partito ‘anomalo’ per antonomasia – ha dimostrato di essere capace di resistere a molti urti, anche a quelli di una realtà che conta oltre 75mila frontalieri quando, fresca di raddoppio e maggioranza relativa in governo, nel 2011 disse stentorea: massimo 35mila.

L’impressione, comunque, è che se la Lega saprà resistere all’attacco interno alla lista sarà per l’ultima volta. Per due motivi. Il primo, si diceva, è la crescita continua dell’Udc che da comoda alleata si è trasformata per il movimento di via Monte Boglia in unico perno da accettare e digerire perché l’area faccia due seggi. Il secondo è che Norman Gobbi e Claudio Zali non sono politicamente eterni, e non si vedono all’orizzonte molti profili così capaci di assumere l’eredità e il carisma dei due consiglieri di Stato uscenti.

Se il primo, il direttore del Dipartimento istituzioni, con un sapiente uso dell’arte politica e una spiccata conoscenza dell’arte dei social – oggigiorno fondamentale – pare blindato, il seggio sotto l’attacco democentrista è quello del direttore del Dipartimento del territorio. Dal punto di vista politico i temi non mancano, dal lupo alla gestazione della revisione totale della Legge edilizia da due anni ormai in commissione, passando per una non sempre data vicinanza sui temi ambientali. Alle scorse elezioni cantonali, in una freddissima e piovosa domenica, era evidente la soddisfazione di Zali davanti ai cronisti per aver raccolto una messe di voti – 66’689 – limitando la campagna elettorale a qualche intervista, una manciata di ‘santini’ e un paio di cartelloni. Questa campagna elettorale – per le conseguenze della pandemia, della guerra in Ucraina, del carovita e della crisi energetica – sarà per forza di cose diversa e nemmeno la posizione di uscente potrà garantire, da sola, la rielezione di un consigliere di Stato.

La Lega, che fiutando il vento ha recentemente lanciato un’iniziativa popolare per rendere di fatto integrale la deduzione dei premi di cassa malati, ha ancora frecce affilate nella sua faretra. Ma toccherà anche a Zali scagliarle, perché l’Udc si sta muovendo velocemente. Forse più velocemente di quanto la stessa Lega si aspettasse.

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