laR+ Ticino

Non solo Territorio: a confronto Zali, Valsangiacomo e Renzetti

Elezioni cantonali, primo dibattito organizzato da ‘laRegione’ in vista del 2 aprile. Il direttore del Dt: ‘Decreto Morisoli? Poco più che aria fritta’

L’incontro nella nostra sede centrale
(Ti-Press/Crinari)
17 febbraio 2023
|

Direttore Zali, recentemente avete messo in consultazione il nuovo Piano energetico e climatico cantonale che si pone come obiettivo, entro il 2050, di dimezzare i consumi pro capite di energia e di ridurre del 90% le emissioni di CO2. Sono obiettivi davvero raggiungibili?

Claudio Zali: Non possiamo saperlo, dipenderà da molte variabili oggi incerte, ma se non ci diamo obiettivi ambiziosi non andremo da nessuna parte. A titolo di esempio: contro ogni aspettativa nell’ultimo decennio il prezzo dell’energia è stato molto basso, il petrolio a sua volta ha toccato livelli bassissimi. Tutto ciò non ha favorito una transizione ecologica, perché un impianto fotovoltaico si ammortizzava in vent’anni. Nello spazio di un attimo le cose sono cambiate, il costo dell’energia è salito, l’efficacia e l’attrattività del fotovoltaico sono aumentate. Anche economicamente e finanziariamente converrà installare impianti che si venderanno come il pane. Le considerazioni ambientali ed energetiche, mi spiace per chi ha degli ideali a questo tavolo, vengono in secondo piano.

Il riferimento evidente è a Nara Valsangiacomo… Ecco, per lei è stato fatto abbastanza con questo Piano? Si è in ritardo?

Nara Valsangiacomo: Le politiche che sono state portate avanti dal Dipartimento hanno sicuramente colmato un divario col resto della Svizzera, ma non abbastanza considerando la percentuale di produzione fotovoltaica in Ticino. Perché? Perché gli obiettivi del precedente Pec, del 2013, erano meno ambiziosi e purtroppo quelli raggiunti finora dovevano essere raggiunti prima. Certo, ci sono molte variabili incerte. Ma a essere certe sono le conseguenze del cambiamento climatico, la Svizzera vive un surriscaldamento di 2 gradi e vediamo sotto i nostri occhi cosa comporta la siccità. Ciò detto, mi sorprende che si sia deciso di non investire in modo così ambizioso nel fotovoltaico rispetto all’idroelettrico.

Zali: Il fotovoltaico di notte e in inverno non rende, l’idroelettrico permette di stoccare energia ed è quindi imprescindibile un investimento in questo settore.

Valsangiacomo: Però bisogna pensare ad altri metodi di stoccaggio per rendere il tutto più efficiente, anche per salvarci dal pericolo di blackout.

Luca Renzetti, il suo partito ha ormai il motto ‘ecologia senza ideologia’.

Zali: Ma se negli ultimi cinque anni hanno votato contro tutti i progetti ambientali… (ride, ndr)

Luca Renzetti: Cominciamo col dire che finché non c’era convenienza economica nessuno ha sviluppato qualcosa che andasse in una direzione ecologica, e questo dimostra che ‘ecologia senza ideologia’ sarà uno slogan ma è anche realtà. Se si va avanti esclusivamente con l’ideologia senza guardare alla sostenibilità economica e ai tempi di realizzazione il discorso è tronco. Sull’idroelettrico sono certamente d’accordo, proprio per il discorso dello stoccaggio. Ben venga quanto scritto nel Pec sul fotovoltaico, ma non è sufficiente: anche riempiendo di pannelli tutto il Ticino non si ottengono gli effetti dell’idroelettrico. Poi si parla molto di produzione energetica, ma si parla meno di risparmio: abbiamo un parco immobiliare vecchio, molta ne viene sperperata. Nel Pec, però, si poteva spingere di più sulle comunità energetiche, perché il Cantone è comunque un proprietario immobiliare importante. Sarebbe un peccato ad esempio non aumentare l’autoconsumo.

Zali: Siamo in consultazione, è un documento corposo e accettiamo ogni tipo di suggerimento. Ma è l’iniziativa privata che realizza queste comunità, e sicuramente non verrà ostacolata dal Consiglio di Stato.

Un altro tema di scottante attualità è il progetto PoLuMe con la terza corsia autostradale. Come si può ricucire lo strappo con parte della popolazione del Mendrisiotto?

Zali: Con delle opere collaterali che siano convincenti. Mi rendo conto che lo strappo un po’ ci sarà, alcuni non vogliono questo potenziamento e nemmeno noi abbiamo fatto i salti di gioia, ci rendiamo conto delle criticità. Però occorre valutare i due piatti della bilancia: il salvataggio di Bissone per noi è fondamentale. In più ci sono i desiderata dei comuni toccati che devono essere considerati, e questo migliorerà l’accoglimento. Mendrisio non è toccata dal progetto, ma ha chiesto di essere inclusa nel gruppo di accompagnamento politico e lo sarà. Poi è una questione anche giuridica, l’opera deve avere un bilancio ambientale favorevole, noi lavoriamo perché ciò avvenga di comune accordo con le popolazioni toccate. Il consenso deve essere costruito dal basso, come la A2-A13 e la circonvallazione Agno-Bioggio. Non abbiamo la leadership, quella l’ha Berna essendo un progetto federale. Il compito politico del Consiglio di Stato è di farsi collettore delle sensibilità locali, cercare di battere i pugni sul tavolo e ottenere di più a livello di compenso ambientale. Ci rendiamo conto che le strade non sono più accolte con lo spirito di una volta, e ora vanno compensate con misure che rendano il bilancio sopportabile anche se non tutti faranno salti di gioia o ci lanceranno i fiori.

Come si può gestire questo strappo?

Valsangiacomo: Sicuramente non ampliandolo… Sono del Mendrisiotto, testimonio che il consenso non c’è. E i progetti collaterali hanno il sapore di un contentino per far ingoiare la pillola. Più strade portano più traffico, perché ad esempio non attuare sempre le misure collaterali per diminuire il traffico che attraversa il Mendrisiotto? Mi dispiace, ma abbiamo un’occupazione a 1,17 persone per auto, è ridicolo pensare di ampliare un tipo di traffico che muove tonnellate di latta per un flusso minimo di persone, un flusso che se dovesse diminuire anche di poco renderebbe questa opera mastodontica completamente inutile.

AlpTransit ha fatto fatica a ingranare? È stato un fallimento non aver portato più persone e più merci dalla strada alla rotaia?

Valsangiacomo: Nel 2000 avevamo 1,4 milioni di camion che attraversavano le Alpi, oggi sono 860mila. Il trasferimento su rotaia c’è stato, anche se la collaborazione con l’Unione europea è difficoltosa, ma non lo chiamerei un fallimento. La maggior parte del traffico è pendolare, e con motorizzazione individuale.

Renzetti: Sicuramente questo progetto non è perfetto, come detto da Zali, ma ci sono misure di accompagnamento e c’è il grosso problema che è Chiasso. Se ci trovassimo in mezzo alla Svizzera si potrebbe fare un discorso generale, ma essendo un cantone di confine dove alla fine c’è la dogana di Brogeda ciò incide tantissimo sui problemi del progetto. Prima di bocciare il progetto però uno deve pensarci bene. Anche perché il traffico ferroviario è complementare a quello su strada, con il recente potenziamento si copre il 15%, pensare di quadruplicarlo è impossibile.

Zali: Appunto, non c’è la capacità di rete per farlo.

Renzetti: Faccio un discorso semplice. Se guardo cosa ha deciso l’economia mondiale sul traffico su strada, puntando tutte le risorse delle case automobilistiche sulle auto elettriche, le macchine continueranno a circolare. Il mondo delle imprese, gli artigiani continueranno a muoversi con l’auto o il furgone.

Valsangiacomo: Anche il liberismo e il liberalismo sono ideologie, mettere l’economia prima e farci guidare dall’industria automobilistica non è una scelta neutrale. Decidere di orientarci verso la mobilità elettrica e basta, senza un cambiamento delle abitudini, è una risposta incompleta. Dobbiamo pensare ad altri comportamenti e altre risposte come ad esempio la mobilità collettiva.

Renzetti: Decrescita felice quindi?

Valsangiacomo: No, non decrescita felice generale. Ma su determinati ambiti di consumo, perché se si considera la mobilità di adesso renderla elettrica significa 15/20 terawattora in più di produzione…

Zali: E questo è un altro problema.

Valsangiacomo: Sì, perché non è scontato che in una situazione difficile di approvvigionamento energetico si possa mantenere gli standard. Perché le autostrade non vengono più accettate nello stesso modo? Abbiamo bisogno di una nuova cultura della mobilità.

Zali: Quando si parla di PoLuMe si parla solo di una fettina della torta. Il problema è più complesso e giustamente si introducono questioni come la mobilità condivisa, oltre al trasporto pubblico e la tassa sui posteggi. Tutti elementi che potrebbero, insieme, concorrere a migliorare la situazione. Ma non può essere negletto per motivi ideologici nessuno di questi, non si deve essere aprioristici contro trasporto pubblico, mobilità condivisa, e nemmeno sulla costruzione di infrastrutture. Il mio compito come direttore è avere un approccio non ideologico, e date le condizioni ci sta anche il potenziamento autostradale. Poi il problema lo si guarda solo dal Mendrisotto, ma mi dispiace dirlo ha le colonne adesso e le avrà nei prossimi vent’anni. La maggior perdita di tempo si ha quando si rimane bloccati al ponte dell’Ostarietta a Lamone e si deve andare a Bioggio, senza strade alternative. C’è un effetto moltiplicatore che a essere più danneggiato sia l’agglomerato di Lugano, dove le auto sono bloccate dal centro città perché non riescono a uscire.

Renzetti: Il discorso deve essere fatto a 360 gradi, perché si apre un mondo dove il PoLuMe è davvero un puntino nell’universo.

Valsangiacomo: No, non un puntino, proprio un ostacolo. Lei dice che l’industria ferroviaria è complementare a quella stradale, non è vero, sono in competizione.

Renzetti: Ma assolutamente no! L’artigiano come si muove, in treno? Con la cassetta dei ferri?

Valsangiacomo: Gli intasamenti sono dovuti al pendolarismo.

Renzetti: Pendolarismo che viene dall’Italia, dobbiamo costruire noi i parcheggi in Italia?

Valsangiacomo: Ci vuole una politica del lavoro e dell’insediamento diversa, siamo d’accordo.

Passiamo a un tema non meno controverso del PoLuMe: la tassa di collegamento, altrimenti nota come tassa sui posteggi che secondo i suoi fautori dovrebbe ridurre il traffico veicolare, in particolare quello dei pendolari, frontalieri compresi, portando sempre più persone sui mezzi di trasporto pubblico, finanziato proprio dai proventi del balzello. Nel 2016 la tassa viene avallata, anche se di misura, dai cittadini ticinesi. Poi i ricorsi al Tribunale federale, che li respinge, e la decisione del Gran Consiglio di metterla in vigore nel 2025. Nel frattempo l’Udc lancia un’iniziativa popolare per abolire il balzello, che riesce con oltre sedicimila firme. Nel comitato promotore ci sono anche, per quanto riguarda i partiti, il Centro. E il Plr. Cioè il suo partito, Renzetti.

Renzetti: Mi esprimo a titolo personale. Non sono d’accordo con questo modo di procedere: ritengo che lanciare un’iniziativa contro una tassa che è stata comunque approvata dal popolo, oltretutto solo pochi anni fa, e che per giunta non è ancora entrata in vigore, vada a mettere in discussione lo Stato di diritto. Che per me, come cittadino, è intoccabile. Aggiungo che non abbiamo ancora gli elementi per valutare l’impatto di questa tassa, per dire se funziona o meno. Soltanto in possesso di questi elementi sarà possibile tirare le conclusioni.

Zali: Condivido. Per verificare il funzionamento della tassa, nel periodo di prova previsto, verrebbe dato un mandato esterno, fuori Cantone. Parlare oggi di impatto positivo o negativo della tassa di collegamento è fare discorsi da bar. In questo momento quello che mi brucia di più è appunto l’aspetto istituzionale. E quindi, a proposito del lancio dell’iniziativa, trovo negativo per la nostra democrazia questo modo di procedere. Si fa un uso improprio degli strumenti democratici. Senza dimenticare che in ballo c’è una legge che contempla un periodo di prova, cosa che non tutte le leggi prevedono. Ricordo che la tassa è stata concepita come misura di regolazione del traffico. Il provento è vincolato al trasporto pubblico, serve a finanziarlo. Chiama alla cassa anche i frontalieri, ciò che è legale. Ma soprattutto tengo a sottolineare che questa tassa non è obbligatoria, nel senso che ognuno di noi può decidere di non usare l’auto per andare al lavoro e utilizzare il trasporto pubblico, o di condividere la vettura con un collega e pagare così solo la metà. E il datore di lavoro, che è il soggetto imponibile, può ad esempio posare vasi di fiori o un prato verde da un determinato numero di parcheggi in poi e invitare i propri collaboratori a far capo al trasporto pubblico.

Dunque rivendica il ruolo dissuasivo della tassa dall’utilizzo del mezzo di trasporto privato…

Zali: Assolutamente. È per questo che il Tribunale federale l’ha tenuta in piedi. Non è uno strumento di pura natura fiscale.

Valsangiacomo: Non perdiamo infatti di vista l’aspetto principale di questa legge: la tassa di collegamento si prefigge di portare sempre più persone a utilizzare i mezzi pubblici. E il suo obiettivo resta attuale.

D’accordo, ma il costo per muoversi con i mezzi pubblici è percepito, e non da pochi, come ancora elevato.

Valsangiacomo: Andrebbero maggiormente pubblicizzati gli incentivi già esistenti, promossi per esempio dai Comuni, che andrebbero ancor più incoraggiati a muoversi in tal senso. Secondo me, i giovani e le persone in età Avs dovrebbero beneficiare del trasporto gratuito. Dico di più: idealmente il trasporto pubblico dovrebbe essere gratuito per tutti in modo da spingere la popolazione a fare una scelta ecologica, e dunque una scelta giusta. In ogni caso, anche il mezzo di trasporto privato ha un costo. Tutt’altro che irrilevante.

Zali: Trasporto pubblico costoso? È un’errata percezione. Certo, il biglietto singolo, la corsa singola non sono oggi convenienti, lo sono però gli abbonamenti, grazie al sostegno anche di Comuni e di alcune aziende. A livello di comunità tariffali la nostra è più conveniente di altre comunità della Svizzera, tant’è che a livello federale è criticata perché troppo economica. Come Dipartimento, inoltre, intendiamo rimuovere, mettendo presto il progetto in consultazione, alcune incongruenze legate alle zone. Tra costo del posteggio a casa e al lavoro, targhe e imposta di circolazione, leasing e altro, l’auto, ancora prima di metterla in moto, costa già come un abbonamento generale delle ferrovie, che mi permette di girare tutto l’anno, ventiquattro ore al giorno. Non si dica allora che il trasporto pubblico costa caro. Di sicuro non può essere regalato, anche perché le persone vanno, comunque, responsabilizzate.

Renzetti: Chi è che non vorrebbe il trasporto pubblico gratuito? Lo vorremmo tutti, poi però vorremmo anche un’infrastruttura all’avanguardia, adeguatamente potenziata. Già, ma chi finanzia i potenziamenti? Dobbiamo considerare anche la realtà socio-economica del Paese nel suo insieme. Insomma, il servizio pubblico ha un costo.

Valsangiacomo: È però un discorso di priorità negli investimenti. E comunque la transizione ecologica dobbiamo farla, rendendola accessibile a tutti.

Revisione totale della Legge edilizia: il Consiglio di Stato vara il relativo messaggio ai primi di giugno del 2020, frutto anche di un’ampia consultazione. Obiettivo della riforma: accelerare le procedure in generale. Da allora, però, il dossier è in parlamento, sotto la lente commissionale…

Zali: Ci sono cose che vanno lisce, altre meno. Ciò che davvero non capisco sono questi tempi lunghi da parte del Gran Consiglio. Eppure non è una legge politica, non veicola messaggi della Lega, dei cementificatori o degli ambientalisti. Mira solo a rendere le cose più efficienti e meno burocratiche. Ora, la pietra d’inciampo sembra essere la procedura bifase di licenza edilizia. Una procedura a due fasi che è invero stata pensata e proposta con le migliori intenzioni, anche per evitare al cittadino spese non necessarie. Mi risulta esserci opposizione al progetto di legge proveniente dai tecnici comunali, che probabilmente vedono dei problemi che agli altri attori della vasta consultazione sono sfuggiti. Presunti problemi di cui si fanno testimoni numerosi sindaci o municipali presenti in Gran Consiglio. In ogni caso non c’è nulla da temere: la bifase è fatta per semplificare non per complicare la vita ai cittadini.

Renzetti: Non sono in Gran Consiglio, ma ho un po’ di esperienza professionale che mi aiuta a capire le cose. E allora mi sembra pazzesco che bisogna ancora andare con le cassette delle banane in un ufficio tecnico a consegnare i faldoni, perché c’è una parte di digitalizzazione che manca. Di più: mi è successo di cominciare il cantiere per la costruzione di una casa un paio di anni fa, con una licenza edilizia uscita da un iter burocratico iniziato nel 2012. In otto anni però molte cose cambiano, anche la tecnologia legata alla costruzione. E sono preoccupanti in Ticino, dal mio punto di vista, i tempi lunghi, troppo lunghi, di evasione dei ricorsi inerenti all’edilizia.

Zali: Con la revisione totale di questa legge avevo proposto, fra l’altro, di togliere un’istanza di ricorso (il ricorso al Consiglio di Stato, ndr), ma sono stato impallinato. E comunque non si può trasformare dall’oggi al domani in un giudice un giurista del Servizio ricorsi del governo per andare a potenziare il Tribunale cantonale amministrativo.

Renzetti: Occorrerebbe punire chi abusa dello strumento del ricorso o pretendere il versamento di una cauzione. Questo per scongiurare gli abusi ed evitare forme di ricatto.

Valsangiacomo, condivide questa revisione legislativa?

Valsangiacomo: La condivido purché si proceda nel contempo a una buona pianificazione del territorio, per non avere un’edificazione incontrollata. Rilevo poi che i piani regolatori sono obsoleti e vanno pertanto aggiornati, anche se i tempi non saranno brevi.

Zali, cosa ne pensa del decreto Morisoli, confezionato dall’Udc – alleata del suo movimento, la Lega, nella corsa al governo alle elezioni di aprile – per frenare la crescita della spesa pubblica, impugnato dalla sinistra tramite referendum, che considera quel decreto uno strumento per effettuare tagli, ma confermato in votazione popolare?

Zali: In sé non è altro che un proclama, fatto proprio dal popolo. Da solo quel decreto non risolverà le questioni finanziarie del nostro cantone. Chi ha in mano le leve economiche è il Gran Consiglio, chiamato ad approvare o non approvare i preventivi che il governo gli sottopone. Il decreto Morisoli è una dichiarazione di intenti rivolta al 2025 che, in fondo, non fa altro che riprendere le intenzioni del Consiglio di Stato, che sono quelle di avere delle finanze sane. Dal mio personale punto di vista, il decreto in questione è poco più che aria fritta. Ripeto, ciò che contano sono i preventivi del Cantone approvati nelle sedi istituzionalmente preposte dopo opportuna discussione sulle misure.

Valsangiacomo, anche lei è fra coloro che pensano che la lista unitaria Socialisti e Verdi per il Consiglio di Stato sia una lista non blindata, ovvero non fatta su misura per la socialista Marina Carobbio?

Valsangiacomo: Non ci fosse alcuna opportunità, non sarei su questa lista: la decisione dei due partiti di unire le forze e di puntare pure sul rinnovamento si è tradotta nelle candidature anche di Yannick Demaria (Ps, ndr) e della sottoscritta. Si vuole portare aria di rinnovamento e aria femminile.

Renzetti, cosa farebbe se fosse a capo del Dipartimento del territorio?

Renzetti: Torno alla legge edilizia per dire che bisogna spingere per l’abolizione di un’istanza di ricorso. Ci sono poi dei progetti federali che si stanno attuando in cantoni pilota, come quello dei pannelli solari nel canton Vallese. In Ticino abbiamo un territorio che ci permetterebbe di partecipare, facendone richiesta alla Confederazione, a simili progetti.