laR+ IL COMMENTO

La salute della nostra democrazia è a rischio

C’è un problema che riguarda tutte le istituzioni democratiche del Paese, media inclusi. La parola chiave per affrontarlo è ’coraggio’

In sintesi:
  • Essere rappresentati in Consiglio federale non basta
  • Il disinteresse della cittadinanza è un fenomeno più diffuso
  • In gioco non c'è soltanto il futuro del giornalismo
L’anomalo caso ticinese
(Keystone)
31 dicembre 2022
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Essere rappresentati in Consiglio federale non basta. In Ticino l’interessamento della popolazione per la politica nazionale non solo non è aumentato con l’entrata di Ignazio Cassis in governo, anzi: è pure diminuito. A rilevare tale "anomalia" è stato uno studio condotto dal politologo Sean Müller, dell’Università di Losanna. In futuro bisognerà capire se l’anno di Cassis quale presidente della Confederazione sarà riuscito a invertire la tendenza; un anno durante il quale il consigliere federale ticinese si è spesso ritrovato in prima linea, soprattutto a causa della guerra in Ucraina. "Neutralità non vuol dire indifferenza", aveva dichiarato con una certa fermezza il capo del Dipartimento degli affari esteri lo scorso 24 febbraio, alcune ore dopo l’inizio dell’invasione russa. Quel giorno la Svizzera ha deciso di allinearsi all’Unione europea, adottando il primo pacchetto di sanzioni nei confronti di Mosca. Sono seguiti altri otto pacchetti di sanzioni Ue, tutti ripresi dalla Svizzera. Gli effetti? Validi, ma fino a un certo punto. La guerra di aggressione prosegue, mentre la Confederazione custodisce ancora parecchi miliardi russi (finora ne sono stati bloccati 7,5 su un patrimonio totale – notificato – di 46). Cassis è stato anche il principale promotore della pomposa ‘Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina’, svoltasi a Lugano a inizio luglio. La due giorni luganese, snobbata dalle principali figure della politica internazionale, ha sì elencato tanti buoni propositi nella sua ‘Dichiarazione’ conclusiva, ma di fatto non ha prodotto alcun risultato concreto, se non quello di permettere alla città in riva al Ceresio di adularsi davanti allo specchio.

È piuttosto ovvio che la disaffezione delle persone dalla politica non può essere attribuita a Cassis: il ‘caso ticinese’ sollevato dal politologo Müller è solo un sintomo, ma fa comunque riflettere.

Che poi il disinteresse della cittadinanza sia un fenomeno più diffuso l’ha dimostrato la ricerca condotta dall’Istituto di opinione pubblica e società dell’Università di Zurigo: in Svizzera i giovani adulti dedicano soltanto sette minuti al giorno alle informazioni giornalistiche. I cosiddetti "deprivati di notizie" costituiscono quasi il 40% della popolazione. Lo studio evidenzia tra le varie cose che esiste un legame diretto tra il – basso – grado di informazione e la – scarsa – partecipazione alla vita politica. È dunque evidente che ci ritroviamo di fronte a un problema che riguarda tutte le istituzioni democratiche del Paese, media inclusi. La vera questione è come affrontare questo problema.

Per quanto ci riguarda, la parola chiave è ‘coraggio’: il coraggio di provare a fare un buon giornale (cartaceo e digitale), di raccontare le cose come stanno, di differenziarci da chi sceglie di non farlo, di esprimere le nostre opinioni quando riteniamo che sia opportuno farlo. Se davvero saranno sette minuti al giorno quelli che molte persone sono disposte a concederci, allora faremo di tutto per riempire di significato quei minuti. A tal punto da invogliare chi sta dall’altra parte ad allungare quell’istante, a volersi informare di più, a entrare nei dibattiti che contano. Non si tratta soltanto del futuro del giornalismo; in gioco c’è la salute della nostra democrazia. Prendiamoci cura di lei: questo è l’augurio de laRegione per il 2023.