Luganese

Per il rogo del White chiesti fino a tre anni

Il proprietario: volevo solo che facessero sparire la merce invenduta. Truffa assicurativa fallita

L’incendio in via Nassa
(Rescue media)
19 ottobre 2022
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"Io volevo solo disfarmi della merce: non certo che venisse dato fuoco al negozio". Questa la linea difensiva del noto commerciante Bruno Balmelli, da oggi al banco degli imputati assieme a quattro complici per il rogo del suo negozio White di via Nassa, verso la mezzanotte del 2 febbraio dell’anno scorso. Un incendio doloso, come apparve subito evidente ai pompieri accorsi, per incassare i soldi dell’assicurazione con cui era appena stata rinnovata la polizza con un raddoppio delle somme in gioco, andando a ‘coprire’ anche la merce di un secondo negozio dello stesso Balmelli. Un danno potenzialmente cospicuo per l’assicurazione quello stimato: 1,9 milioni di franchi per quanto riguarda la merce, 150mila franchi per le installazioni presenti e mezzo milione per la perdita di esercizio durante i tre mesi necessari al risanamento dei locali. In serata sono arrivate le richieste di pena. Il massimo della pena è stato chiesto per il proprietario, Bruno Balmelli appunto, tre anni di detenzione di cui uno da espiare. Poco distanti le richieste di pena per i complici, dai 20 mesi per la gerente del bar di via Pioda, che avrebbe collaborato a vario titolo col piano, fino ai 34 mesi (anche qui, 12 da espiare), per il presunto organizzatore dell’operazione, un 45enne residente nella zona di Napoli. Il processo continua giovedì, la sentenza delle Assise criminali giungerà probabilmente venerdì.

Una ‘stupidata’?

«Una stupidata» la ha definita il noto commerciante, per poi correggersi parlando di «un grosso errore». All’origine, come si può immaginare, le difficoltà finanziarie di questo negozio. «Per sanare la situazione avrei dovuto metterci 200mila franchi» ammette. Da qui l’idea di ‘far sparire’ uno stock di merce invenduta, rivolgendosi a un individuo... conosciuto nel bar di via Pioda, che Balmelli frequentava, nei pressi del suo negozio di articoli sportivi. Un 45enne campano, che per l’esecuzione vera e propria chiamò un compaesano, un 38enne pure residente in provincia di Napoli, tra l’altro sottoufficiale dell’esercito italiano. È stato quest’ultimo ad appiccare le fiamme, con una tanica di benzina e due bottiglie di bioetanolo. È stato in seguito identificato, fermato dapprima al suo domicilio e quindi ri-catturato in Germania, per poi essere estradato in Svizzera, ed è regolarmente sul banco degli imputati.

Ma come può un commerciante di successo, famoso in tutta Lugano, quasi 73enne, lanciarsi in un’azione tanto scellerata? Una mossa disperata per salvare il negozio, messo in crisi dalla pandemia di Covid e non solo. Balmelli: «Cercavo di sistemare i bilanci in anni difficilissimi, per dare continuità al White. Il negozio è andato in crescita fino al 2017, poi è iniziato un periodo di crisi, difficoltà di mercato. C’era un indebitamento alto e tutta la merce va pagata in anticipo. Esecuzioni pendenti? Sì, sapevo che avrei dovuto metterci circa 200mila franchi. Ho proposto il materiale invenduto ad alcuni grossisti, ma era un momento molto difficile. Poi, a un mio vicino di lavoro – il campano del bar – ho chiesto se conoscesse qualcuno che potesse darmi una mano. Ho chiesto di occuparsi di una parte della merce in scorta, che valeva circa 200mila franchi, cosa che mi avrebbe dato la possibilità di continuare. Volevo liberarmi solo di questa parte di merce, non volevo sapere come, ho solo fatto presente che senza scasso l’assicurazione non avrebbe coperto nulla. Per me bisognava eliminare il materiale, farlo scomparire dal piano di sotto del negozio, dove c’è il magazzino. Non mi sarebbe andato bene dare fuoco al negozio, perché avrei voluto continuare l’attività. Pensavo che forse avrebbero bruciato la merce, ma fuori da lì. Non abbiamo mai parlato di un incendio al negozio anche perché l’attività era viva. E il negozio sarebbe stata l’eredità per mio figlio».

Ma chi ha deciso, allora, di dare alle fiamme il White? Chi sapeva cosa? È ciò su cui ha ruotato la parte istruttoria di questo processo, previsto sulla durata di tre giorni. Il 38enne campano ha confessato di avere materialmente appiccato il fuoco, accompagnato durante i suoi spostamenti, l’acquisto della tanica, il pieno di benzina della stessa, i sopralluoghi al negozio, dal 36enne impiegato al negozio – che ha fornito le chiavi – e dalla 49enne frontaliera gerente del bar dove avvenivano gli incontri, tutte queste persone siedono sul banco degli imputati.

Ideazione diabolica

Per la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo si è trattato di una "ideazione diabolica". Una forma di "delinquenza associata" che ha messo in scena una modalità operativa propria delle associazioni a delinquere vere e proprie. «È grazie a un agente della Polizia comunale di Lugano, che esaminando tutte le videocamere della Città è riuscito a documentare tutti i movimenti di queste persone» sottolinea la pp. Decisive anche le dichiarazioni dell’impiegato del White, persona vicina al Balmelli, che sapeva del piano incendiario da una settimana e che il giorno dopo l’incendio ha inoltrato all’assicurazione la distinta della merce bruciata quantificandola in quasi 2 milioni. Assicurazione che però, constatata la mancanza dello scasso della porta, non si è mossa. Un dolo intenzionale per tutti gli imputati, ricorda la procuratrice. C’è il tentativo di alleviare le proprie responsibilità, da parte del proprietario e della coppia di campani, ma gli elementi agli atti vestono i reati di incendio intenzionale e tentata truffa.

Per Bruno Balmelli in particolare c’è una «assunzione di responsabilità non completa» perché inizialmente lui stesso davanti agli inquirenti aveva ipotizzato che i complici avrebbero potuto eliminare la merce dandole fuoco, come dichiarato salvo cambiare versione in un secondo tempo. Fino qui, a la prima giornata: la seconda sarà dedicata alle arringhe dei difensori.

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