Presunti toni minacciosi e ingiurie al collettivo ‘T’aspetto fuori’ su Facebook: undici querelati. Fra loro Omar Wicht (Lega) e un dipendente della Città
“È tempo di riprendere le mazze e tornare a spaccargli la testa come ai vecchi tempi”; “basta un movimento di carica del ‘buon vecchio Fass 90’ (fucile d’assalto in dotazione all’esercito svizzero, ndr)”. Di commenti ne scegliamo due, fra gli oltre 130 postati su Facebook in risposta al consigliere comunale di Lugano Omar Wicht (Lega), che in un post ha commentato la manifestazione ‘il funerale della giustizia’. Due, ma sufficienti per rendere il linguaggio violento di diversi commentatori: insulti, ingiurie di vario genere, scritti dal tono minaccioso. «Non si può andare in giro a scrivere queste cose, tanto più che non fanno un discorso in generale ma riferendosi a persone ben identificabili», ci dice Michel Venturelli, membro del collettivo ‘T’aspetto fuori’ che ha organizzato la protesta. Abbastanza, per Venturelli, per sporgere denuncia al Ministero pubblico contro una dozzina di persone. Fra queste, Wicht stesso e un dipendente della Città di Lugano.
«Non li avevo nemmeno visti quei commenti, me li hanno segnalati e ho deciso di fare qualcosa: se qualcuno non ha freni sui social, è giusto che si assuma la responsabilità di quel che scrive. Auspico pertanto che le persone autrici di quelle frasi siano giudicate con lo stesso metro che la magistratura ha usato nei miei confronti quando forse diedi del nazista a Gobbi (dichiarazioni costategli una condanna pecuniaria da 50 aliquote, ndr). Visto che la legge è uguale per tutti...», aggiunge Venturelli. E lei come giudica questi insulti? «Non lo faccio. Ci sono dei tribunali, che esistono per evitare la giustizia privata. Qui c’è chi minaccia di farsi giustizia da sé: io non li vado certo a cercare, ma se loro vengono da me? È meglio che la magistratura faccia il suo mestiere. Sono fiducioso e aspetto una non entrata in materia o un non luogo a procedere...». Però, lei prima fa il ‘funerale’ alla giustizia e ora si rivolge alla giustizia, non le sembra una contraddizione? «Lunedì a Lugano sono passato davanti al Palazzo di giustizia e la bara non c’era più. Ne deduco che la giustizia in Ticino sia risuscitata».
Da noi sentito, il Ministero pubblico conferma la ricezione della denuncia, datata al 10 novembre. Venturelli ipotizza i reati di «ingiuria, diffamazione, minaccia o incitamento alla violenza», ma spetterà a un procuratore pubblico decidere se ci sono gli estremi per aprire effettivamente un’inchiesta e per quali ipotetici reati indagare. E fra la dozzina di persone segnalate, come detto, figura anche il consigliere comunale leghista Omar Wicht. «Ricordo che i consiglieri comunali firmano atti che garantiscono il rispetto delle leggi...» evidenzia ancora il denunciante. «Ogni consigliere comunale deve essere consapevole del suo ruolo e della sua carica e pertanto deve essere coerente nei comportamenti – osserva il capogruppo leghista Lukas Bernasconi –. Noi ci aspettiamo dai nostri consiglieri un comportamento ineccepibile. Per quanto riguarda il caso specifico, vedremo quali valutazioni farà il Ministero pubblico».
Oltre a Wicht, la denuncia riguarda come detto anche un dipendente comunale. Impiegato che per altro nei giorni scorsi è caduto anche in un’altra occasione sul scivoloso terreno dei social. Il contesto stavolta è quello della campagna sul voto per il Polo sportivo e degli eventi (Pse), ormai agli sgoccioli, e che già negli scorsi mesi ha regalato pessimi esempi di confronto fra le parti. Lo scivolone è avvenuto anch’esso su Facebook: il consigliere comunale Aurelio Sargenti (Ps) ha commentato un post del vicesindaco Roberto Badaracco, che settimana scorsa ha pubblicato sul proprio profilo delle fotografie scattate con Pier Tami e Murat Yakin, rispettivamente responsabile e allenatore della Nazionale maschile di calcio. “Personaggi come te dovremmo bandirli dal Consiglio comunale per poter progredire! Sei una vergogna!”, le dure parole indirizzate a Sargenti. «Il suo intervento mi ha dato fastidio – spiega alla ‘Regione’ il consigliere –: bandire qualcuno lo si faceva in epoca fascista. È inaccettabile che un dipendente comunale insulti un consigliere comunale pubblicamente. Ho pensato a una denuncia penale e a un’interpellanza».
Al momento per l’episodio non si è arrivati né alla segnalazione in Procura né all’atto parlamentare. «Tiziano Galeazzi (capo del dicastero dove lavora l’impiegato in questione, ndr) si è scusato con Aurelio a nome della Città – ci dice a riguardo il sindaco Michele Foletti –. Il dipendente è stato richiamato dal suo direttore ed è stato convocato dall’Ufficio delle risorse umane. Dal 2014 la Città si è dotata di un regolamento interno relativo all’uso dei social, nel quale si ricorda ai dipendenti che rappresentano le istituzioni e quindi che commenti inappropriati non sono da fare. Come datore di lavoro non possiamo inibire le libertà di espressione dei dipendenti, però è chiaro che quest’ultima deve essere entro dei limiti di decenza e di rispetto. Non frequentemente, ma purtroppo capita talvolta di dover richiamare dei dipendenti che oltrepassano questo limite». Il sindaco era a conoscenza soltanto della querelle relativa a Sargenti. Da noi informato sulla denuncia per le risposte al post di Wicht, Foletti precisa che «se ne discuterà in Municipio settimana prossima. Personalmente auspico che il Municipio apra un’inchiesta amministrativa, al termine della quale decidere cosa fare».
Fra denunce, inchieste e richiami, un’altra volta ancora emerge quanto insidioso possa essere l’utilizzo superficiale dei social. «Sono situazioni con le quali mi sono confrontato anche io, quando ero direttore del liceo – valuta Sargenti –. Più volte ho dovuto richiamare dei docenti per un uso improprio dei social. E poi naturalmente si fa un grosso lavoro con gli studenti, si insegna il corretto uso dei social. Bisogna stare attenti e non perché si è nascosti da uno schermo si può diventare dei leoni da tastiera. Non bisogna dimenticare che scrivere sui social equivale a farlo su un giornale: tutti possono potenzialmente leggerlo. Purtroppo siamo di fronte a un imbarbarimento del linguaggio, anche nell’informazione».