Il nuovo tetto salariale al vaglio nel calcio europeo, parametrato ai ricavi del club, non annacquerà di certo le attuali disparità
La faraonica campagna acquisti del Paris Saint-Germain, culminata con l’acquisto di Messi, ha riportato al centro dei discorsi economici legati al calcio il concetto di fair play finanziario proprio nel momento in cui questa misura voluta nel 2010 dall’Uefa attraversa il suo periodo più critico. L’impossibilità di farla rispettare, a seguito dello scoppio della pandemia di Covid-19 che ha comportato una drastica riduzione dei ricavi dei club, ha dato il colpo di grazia a un regolamento già avversato in precedenza dai club più ricchi con in prima fila le due società di proprietà degli sceicchi, il Manchester City e soprattutto il Paris Saint-Germain. Purtroppo le soluzioni alternative al vaglio dell’Uefa, rese note recentemente dal quotidiano britannico ‘The Times’, presentano numerosi punti critici che rischiano di trasformare le nuove misure in un ulteriore assist a favore degli sceicchi.
A seguito dell’acquisto di Messi da parte del Paris Saint-Germain, ciliegina sulla torta di una sessione di mercato che ha visto l’approdo a Parigi anche di Sergio Ramos, Donnarumma, Hakimi e Wijnaldum, da Barcellona ma non solo si sono levate parole di accusa al club di proprietà dell’emiro Al-Thani incolpato di aver violato le regole del fair play finanziario. In realtà questa critica non ha ragione di esistere, perché il fair play finanziario come lo abbiamo conosciuto non esiste più. Per venire incontro ai pesanti passivi accumulati senza colpe dai club in tempo di pandemia, infatti, l’Uefa ha emanato all’inizio della scorsa stagione un regolamento ibrido che ha allungato i termini entro i quali le società erano chiamate a soddisfare la “Break-Even Rule” (ovvero la richiesta di un equilibrio nei bilanci fra ricavi e perdite, pena sanzioni che per alcune società hanno comportato in passato l’esclusione dalle competizioni europee) e successivamente non ha imposto alcun vincolo per la stagione 2021/22, rimandando ogni valutazione a un nuovo regolamento in fase di studio in queste settimane. Il Paris Saint-Germain ha sfruttato questo vuoto normativo facendosi forte delle illimitate capacità economiche del suo proprietario, per il quale gli effetti negativi della pandemia hanno avuto un impatto irrisorio.
I nuovi gioielli dello sceicco (Keystone)
Secondo le anticipazioni del ‘The Times’, nel nuovo fair play finanziario che dovrebbe entrare in vigore nel 2022/23 verrà abolita la “Break-Even Rule” per far posto a un tetto salariale fissato al 70% dei ricavi prodotti dal club. In caso di sforamento di questo vincolo i club “colpevoli” potranno comunque partecipare alle coppe europee sanando la loro posizione tramite il versamento di una “Luxury Tax” proporzionale ai soldi pagati in eccesso per gli stipendi. Le discussioni sull’ammontare di questa tassa di lusso sono ancora in corso, ma dovrebbe attestarsi per il primo anno di sforamento su 1 euro per ogni euro speso in più rispetto al tetto salariale e crescere fino a 1,5 o 2 euro per ogni euro in eccesso in caso di ripetute violazioni o di ingaggi che superino il tetto salariale per più del 20%. È allo studio l’ipotesi di sanzioni più dure, che possano arrivare fino alla squalifica del club, solo in caso di numerose violazioni, ma questo punto regolamentare non è stato ancora confermato né è stato specificato dopo quanti anni di infrazioni consecutive potrà scattare. I proventi della “Luxury Tax” sarebbero poi distribuiti ai club virtuosi.
Sulla carta questa nuova impostazione ha l’obiettivo di risolvere alcune criticità del “vecchio” fair play finanziario. Ma sarà veramente così?
Le idee di tetto salariale e “Luxury Tax” sono mutuate dall’Nba, ma fuori dal loro contesto potrebbero non funzionare. Il basket a stelle e strisce è un sistema chiuso, senza retrocessioni, e prevede un “Salary Cap” uguale per tutti. Sono queste specifiche, di cui la seconda inapplicabile in Europa per le norme dell’Unione europea sulla libera concorrenza che la vietano espressamente, che garantiscono un maggiore equilibrio fra le società. Nel modello Uefa, con il tetto salariale diverso per ogni squadra e parametrato ai ricavi del club, le disparità attuali non verranno di certo annacquate dalla redistribuzione di pochi milioni a un numero di squadre ancora indefinito (le 32 che parteciperanno alla Champions League o le 96 che parteciperanno alle coppe europee?) e variabile da stagione a stagione.
Agganciare il valore del tetto salariale ai ricavi se da una parte aggira i divieti della normativa Ue dall’altra non risolve la critica maggiore del fair play finanziario, ovvero la facilità con la quale si possono aggirare le regole gonfiando le proprie sponsorizzazioni per aumentare i ricavi. Una pratica che continuerà anche con il nuovo regolamento per ottenere un tetto salariale più elevato.
La “Break-Even Rule” permetteva alle società di raggiungere il proprio equilibrio di bilancio anche tramite il ricorso alle plusvalenze, ovvero alle cessioni di propri giocatori a un costo superiore a quello indicato a bilancio dall’ammortamento residuo del loro costo di acquisto. Questo sistema da una parte provocava qualche distorsione, vedasi scambi a prezzi gonfiati di alcuni giocatori, ma ha anche permesso a club con elevata capacità di scouting e di valorizzazione dei propri talenti, come per esempio l’Atalanta, di aumentare i propri investimenti nel corso degli anni nel pieno rispetto del fair play finanziario. D’ora in poi per queste società potrebbe essere più difficile crescere perché le plusvalenze non vengono di norma calcolate a bilancio nei ricavi dei club ma sono indicate in una voce a parte, non verranno quindi prese in considerazione per il calcolo del tetto salariale.
Chi sostiene le nuove regole spiega che queste favoriranno l’ingresso nel calcio di presidenti facoltosi che potranno portare più velocemente al vertice club meno blasonati grazie all’abolizione della “Break-Even Rule”. Ma in realtà club con bassi ricavi avranno un tetto salariale così basso che per aumentare in maniera effettiva la propria competitività i presidenti dovranno impegnarsi a sostenere “tasse di lusso” elevatissime per più annualità. Ciò comporta un rapporto rischi/benefici che potrebbe essere accettabile solo per chi ha capitali praticamente infiniti ai quali attingere come, ancora una volta, gli sceicchi. E proprio gli sceicchi potranno per la stessa ragione ampliare ancor di più le spese per rafforzare squadre che già ora sono al top d’Europa. Se non verranno ratificate norme certe per eventuali esclusioni dalle competizioni in caso di gravi violazioni, nulla impedirà per esempio al Paris Saint-Germain di sforare notevolmente il tetto salariale ogni stagione facendosi beffe della tassa di lusso, in ogni caso di ammontare irrilevante rispetto alle ricchezze del suo proprietario. Non solo, l’abolizione della “Break-Even Rule” toglierà anche qualsiasi limite al costo dei giocatori. Se il Psg vorrà presentare un’offerta di 300 o più milioni per un calciatore potrà farlo, visto che il fair play finanziario non riguarderà in alcun modo il monte ammortamenti del club né i passivi di bilancio fatti registrare nelle singole stagioni. Difficile immaginare che ciò non aumenti il divario fra quei club che teoricamente possono permettersi innumerevoli spese folli, come Psg e Manchester City, e le altre big europee che possono spendere molto ma non hanno a disposizione capitali infiniti.
Ci dobbiamo quindi attendere un dominio ininterrotto di Paris Saint-Germain e Manchester City? Fermo restando che è sempre il campo a dire l’ultima parola sembrerebbe di sì, anche se fra meno di due anni le carte potrebbero essere rimescolate. A febbraio del 2023 scadrà infatti il mandato del presidente dell’Uefa Ceferin, che è il primo promotore di questa riforma. Inoltre, dopo la conclusione dei Mondiali di calcio nel “suo” Qatar, previsti per la fine del 2022, sarà da verificare la volontà del presidente del Psg Al-Thani di investire ancora molti soldi nel club. Due variabili che potrebbero nuovamente cambiare in maniera radicale il futuro del calcio europeo.
Il mandato di Ceferin all'Uefa scade a febbraio del 2023 (Keystone)