È passato un anno dagli applausi a favore delle infermiere e degli infermieri. Una solidarietà spontanea e sincera, che il mondo politico non ha raccolto
È passato un anno dall’enfatizzato scroscio di applausi a favore delle infermiere e degli infermieri. Una solidarietà popolare spontanea e sincera, ma che il mondo politico non ha raccolto. La remunerazione delle infermiere, in rapporto al salario medio svizzero, è al terzultimo posto di 32 paesi dell’Ocse. Un risultato vergognoso, non ci sono termini migliori per definirlo. Forse i politici svizzeri erano distratti durante la pandemia, o sono rimasti intontiti dall’eccesso di cifre sciorinate dai giornali e dalle radiotelevisioni. Sicuramente la stampa si è occupata troppo poco dei lavoratori, dei protagonisti delle cure. Lo ha detto bene il professor Martin Ackermann, presidente della task force Covid-19: “La maggior parte delle persone, anche se gli ospedali sono pieni, non si rende molto conto del Coronavirus. Ecco perché è importante che il personale ospedaliero e i pazienti parlino della loro vita quotidiana”.
Non solo il personale di cura è il peggio pagato dell’Occidente, ma è bene ricordare un altro dato. Secondo l’Ufficio federale di statistica, il 36% degli infermieri ospedalieri non è di nazionalità svizzera. E, infine, il punto più triste: la metà delle infermiere abbandona la professione entro dieci anni di lavoro. Di fronte a un quadro del genere cosa fa un paese civile e ricco come la Svizzera? Corre ai ripari, corregge, promuove la formazione dei giovani, migliora le condizioni di lavoro e gli stipendi degli addetti alle cure. No, niente di tutto questo, pia illusione!
Le pesanti condizioni di lavoro nel settore sanitario non si sono rivelate con la pandemia, hanno radici lontane. Come pure il deleterio numero chiuso delle facoltà di medicina, che fa sì che il 37,4% dei medici che operano da noi siano stranieri. L’Associazione svizzera delle infermiere e degli infermieri (Asi) ha lanciato nel 2017 un’iniziativa popolare, “Per cure infermieristiche forti”, per ancorare nella Costituzione elvetica alcuni principi: le cure infermieristiche sono una componente importante dell’assistenza sanitaria, va formato un numero sufficiente di infermieri diplomati per coprire il crescente fabbisogno, la remunerazione deve essere adeguata, come pure le condizioni di lavoro e le possibilità di sviluppo professionale. L’iniziativa ha raccolto più di 114mila firme, ma il Consiglio federale si è affrettato a respingerla senza proporre controprogetti. Il Parlamento dovrà decidere in modo definitivo in giugno. Le due Camere hanno elaborato un controprogetto che non risponde alle richieste dell’iniziativa. Concede agli infermieri di ampliare le loro competenze e prevede che Cantoni e Confederazione promuovano la formazione, ma nessun miglioramento delle condizioni di lavoro. Un paio di contentini che non potranno soddisfare le rivendicazioni dell’Asi e non permetteranno alla Svizzera di colmare la prevista carenza di 65mila operatori sanitari entro il 2030.
Bisogna aumentare personale e stipendi e garantire turni di lavoro meno pesanti, sostiene Verena Katz, del sindacato Vpod: “Il personale sanitario stanco e demotivato rischia di commettere errori e di entrare nella routine, che è il vero veleno per la qualità delle cure”. Il mondo della cura sarà un pilastro cruciale del futuro: deve essere per tutti un servizio pubblico di qualità e assolutamente no profit, anche se privato. I politici non l’hanno capito: saprà far meglio il voto popolare?