laR+ IL COMMENTO

I fatti di Amsterdam e la Notte dei cristalli

Dopo le violenze in Olanda abbiamo assistito a un disinvolto ricorso alla ‘memoria’. Ma il bersaglio dell’antisemitismo non è più quello di un tempo

In sintesi:
  • Non è facile parlare dello ‘Stato degli ebrei’ e della sua classe dirigente, senza essere sbrigativamente tacciati di antisemitismo
  • Oggi è soprattutto ‘l’israeliano’ ad essere attaccato in quanto raffigurazione di un’oppressione, di un’occupazione e di una colonizzazione reali
Le aggressioni sono avvenute giovedì sera in centro ad Amsterdam dopo la partita di Europa League tra Ajax e Maccabi Tel Aviv
(Keystone)
11 novembre 2024
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Terreno scivoloso, e pericolosamente inclinato. Non è facile, oggi, parlare dello ‘Stato degli ebrei’, come per legge recente si è ufficialmente autodefinito Israele, e della sua classe dirigente, senza essere sbrigativamente tacciati di antisemitismo.

Il ‘7 ottobre’ – il barbaro e ingiustificabile attacco terroristico di Hamas – è stato comprensibilmente per la popolazione di Israele un trauma collettivo, una ferita profonda, sia per il numero delle vittime (1’223 morti più 251 ostaggi, il peggior bilancio in un solo giorno nella storia del Paese) sia per lo sbriciolamento del mito della sicurezza: Israele non più rifugio sicuro dopo l’immane tragedia della Shoah. Un senso di fragilità esistenziale che non va dimenticato. Tuttavia, seguito da una ‘vendetta’ che per violenza e sofferenze inferte alla popolazione di Gaza ha tragicamente superato il confine della ragionevolezza, col suo bilancio di oltre 40mila vite spezzate (in maggioranza donne e bambini), un numero imprecisato di altri morti sotto le macerie, ben oltre la metà delle abitazioni dell’enclave distrutte, aiuti umanitari autorizzati col contagocce, la fame come arma di guerra.

Questi i fatti, terrificanti. Che Gerusalemme giustifica anche per l’aspetto antisemita del ‘7 ottobre’, seguito da una punizione collettiva che semmai l’antisemitismo lo ha alimentato. A riproporre il tema, ecco ora i fatti di Amsterdam, la ‘caccia all’ebreo’ scatenatasi nella città di Anna Frank, nonché dell’impareggiabile filosofo ebreo della tolleranza-convivenza, Baruch Spinoza. ‘Caccia’ cominciata dopo i cori inneggianti alla morte di arabi e palestinesi dei tifosi del Maccabi (serbatoio di voti dei partiti dell’estrema destra), e soprattutto proseguita con la sciagurata aggressione, già pianificata per il dopo-partita, contro i tifosi israeliani. Subito sono stati evocati la Notte dei cristalli di hitleriana memoria e i pogrom che per secoli si susseguirono in Russia e nel centro Europa con il complice benestare di governi in cerca di capri espiatori. Un coro col governo israeliano giustamente indignato e preoccupato, ma pure propagandisticamente interessato nel denunciare il minaccioso “ripetersi della Storia”.

Qualche parola andrebbe invece spesa per questo disinvolto ricorso alla ‘memoria’. In passato, e fino al termine della Seconda guerra mondiale, l’antisemitismo era caratterizzato esclusivamente dalla volontà di uccidere l’ebreo in quanto ebreo, anche se pacifico e disarmato, non un nemico minaccioso o in guerra. Oggi, indipendentemente da come la si pensi, è soprattutto ‘l’israeliano’ che viene attaccato in quanto raffigurazione di un’oppressione, di un’occupazione, e di una colonizzazione reali; e non dell’ebreo assolutamente inerme e raccolto nella sua pacifica comunità dei secoli scorsi.

È su questa diversità – che semmai alimenta gli stereotipi anti-ebraici – che va meglio soppesato e valutato l’automatico ricorso alle pagine nere dell’antisemitismo. Diversità di spessore. Che, se sottovalutata, continuerà a ‘disumanizzare’ non solo i palestinesi vittime dei propri errori ma anche di una politica repressiva e di ‘negazione’ da parte israeliana, ma anche tutti i critici di una politica israeliana all’origine delle attuali proteste contro le ingiustizie inferte per oltre mezzo secolo a un popolo a cui viene imposta con la forza “la strategia dei diritti negati”.