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L’atlante delle migrazioni

Ungulati della Terra, seguiti per capire come salvarli

La migrazione degli gnu striati
(© Martin Harvey/WWF)
14 settembre 2024
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Un nuovo atlante digitale globale traccia gli ungulati della Terra. Dagli gnu nel Serengeti ai caribù nella tundra artica, gli ungulati di tutto il mondo compiono alcune delle migrazioni terrestri più impressionanti del regno animale. In cerca di cibo e di zone di riproduzione, essi evitano le rigide condizioni stagionali e cercano risorse fondamentali percorrendo centinaia di chilometri a piedi attraverso terreni impervi. Le loro migrazioni sono preziose per gli ecosistemi poiché trasportano semi, dissodano il terreno per promuovere la crescita delle piante e forniscono prede cruciali per carnivori e spazzini, sostenendo così complesse reti alimentari in vasti territori. Le aggregazioni di massa di ungulati, come la migrazione degli gnu nel Serengeti, offrono anche incredibili opportunità di vedere gli animali in movimento. Tuttavia, nonostante la loro importanza, questi incredibili viaggi sono in pericolo a causa dell’attività umana. Infrastrutture mal progettate (come strade e recinzioni), agricoltura e insediamenti frammentano i paesaggi e creano ostacoli mortali per le mandrie in migrazione.

Migrazioni, la mappatura

La mappatura degli attuali modelli di migrazione è un primo passo fondamentale per creare strategie di conservazione efficaci a proteggere questi movimenti critici degli animali. Ecco perché un nuovo atlante digitale completo, che attualmente presenta 20 mappe di migrazione delle popolazioni globali di ungulati, è una notizia così interessante. Conosciute come Global Initiative for Ungulate Migration (GIUM, sul cui sito si possono trovare le mappe interattive già registrate, con vari spostamenti in tutto il mondo), queste mostrano i movimenti di varie specie, tra cui antilope tibetana, renna, guanaco, zebra di pianura e gnu, ma anche dello stambecco nella vicina Francia o dei cervi in Italia. Si tratta di una risorsa online in espansione che prevede di incorporare altre specie in futuro. L’Iniziativa globale per la migrazione degli ungulati (GIUM) è stata lanciata nel 2020 e ha riunito oltre 80 scienziati in tutto il mondo per mappare e analizzare i movimenti degli ungulati. I loro sforzi sono culminati in questo atlante interattivo che evidenzia i corridoi di migrazione ad alto, medio e basso utilizzo per una vasta gamma di specie. In particolare, indica dove queste rotte si intersecano con le barriere create dall’uomo, come strade e ferrovie. Questo strumento aiuterà a guidare gli sforzi di conservazione, la pianificazione delle nuove costruzioni e le decisioni politiche con dati all’avanguardia sui modelli di spostamento degli ungulati. Solo conoscendo i loro movimenti, saremo in grado di sostenere gli ungulati e progettare in maniera più costruttiva le varie infrastrutture.

Le zebre

Ecco un caso di studio: la migrazione transfrontaliera della zebra delle pianure. Nel 2012 è stato scoperto che la zebra di pianura di KaZa (è l’area protetta più estesa dell’Africa) compie una delle migrazioni più lunghe mai documentate in Africa. Robin Naidoo, scienziato capo del WWF per la conservazione della fauna selvatica e collaboratore del GIUM, insieme al Ministero dell’ambiente, delle foreste e del turismo della Namibia, ha analizzato i dati di otto zebre provviste di radiocollare e seguite via satellite per scoprire che da 5’000 a 10’000 zebre di pianura compiono una migrazione annuale di 241 chilometri dalla Namibia al Botswana. Questo viaggio inizia a dicembre, all’inizio della stagione umida, con le zebre che partono dai boschi e dalle pianure alluvionali lungo il fiume Chobe in Namibia e arrivano al Parco nazionale Nxai in Botswana dopo 10-20 giorni di viaggio. Ad aprile, tornano gradualmente sulle rive del fiume Chobe, approfittando delle abbondanti pozze d’acqua lungo il percorso. Nel 2023, Naidoo è tornato in Namibia per mappare nuovamente i loro spostamenti insieme al Ministero dell’ambiente, delle foreste e del turismo della Namibia. L’équipe ha seguito 14 zebre per comprendere meglio e confrontare i loro modelli di migrazione con quelli di 10 anni prima. Sebbene i risultati siano ancora preliminari, sembrerebbe che gli animali siano migrati meno rispetto al 2012-2013, con movimenti meno sincronizzati e più sporadici, di quanto abbiano fatto dieci anni prima. Sebbene siano necessari ulteriori monitoraggi, è possibile che la siccità indotta dai cambiamenti climatici possa minacciare lo storico modello di migrazione riducendo la disponibilità di acqua e potenzialmente dissuadendo le zebre dall’intraprendere l’arduo viaggio.

Cosa fare ora?

L’atlante Global Initiative for Ungulate Migration (GIUM), con dati come il tracking delle zebre di pianura, evidenzia gli impatti umani in corso sulle migrazioni degli ungulati. Questi risultati possono stimolare la ricerca sulle minacce comuni e favorire la collaborazione con i governi e le ONG per sfruttare le mappe di migrazione per gli sforzi di conservazione della fauna selvatica. Cosa succederà intanto alle zebre, che hanno smesso di affrontare viaggi lunghi? Per comprendere meglio il comportamento migratorio delle zebre e le cause dei loro spostamenti, i nostri esperti del WWF continueranno a monitorare gli individui con il collare nei prossimi anni. È la siccità il motivo per cui le zebre non hanno migrato quest’anno o questi individui sono esemplari che si spostano meno, indipendentemente dalle condizioni ambientali? Confrontando i loro movimenti nell’arco di più anni, rafforzeremo le nostre conoscenze su dove, quando e come migrano le zebre e ci aiuteremo a proteggere meglio importanti corridoi per la fauna selvatica e la connettività del paesaggio. La stessa cosa verrà fatta con tutti gli altri ungulati, che vengono seguiti dagli esperti. Una cosa è certa: la tecnologia aiuta sempre di più i vari team nel mondo, che ora hanno la possibilità di seguire non solo gli spostamenti, ma di conoscere meglio i comportamenti e le interazioni di questi animali nel mondo. Solo in questo modo sarà possibile mantenere sani i vari ecosistemi che dipendono da questi comportamenti e, di conseguenza, le persone che vi vivono.

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