Salvare i cetacei nel Mediterraneo
Da oltre 20 anni l’Acquario di Genova e la Fondazione Acquario di Genova studiano i cetacei che nuotano lungo le coste della Liguria, all’interno del Santuario Pelagos. Le ricerche si concentrano soprattutto sul tursiope, un delfino che predilige le acque entro i 200 m di profondità, il confine della piattaforma continentale. Per le sue abitudini “costiere”, il tursiope è la specie, tra i cetacei, che viene più spesso a contatto con l’uomo.
Per studiarli si usa la foto-identificazione della pinna dorsale. La maggior parte degli individui porta infatti sulle pinne dei segni caratteristici, “marcaggi naturali”, che permettono di distinguere un individuo dall’altro. Sono tacche, graffi, cicatrici che i delfini si procurano durante interazioni più o meno aggressive.
Questa tecnica consente di compiere numerose analisi, per ricostruire gli spostamenti dei singoli individui e il loro home range, per conoscere i rapporti tra comunità e per stimare la loro abbondanza. Il mare però non ha confini naturali e i delfini non rispettano quelli tracciati dall’uomo; quindi, confrontano le fotografie con quelle di altri gruppi di ricerca, allargando il punto di vista a un’area sempre più vasta.
Per favorire la collaborazione tra gruppi di ricerca, è stato sviluppato Intercet. Tecnicamente questa è una piattaforma GIS su web (ovvero un Sistema Informativo Geografico) ed è stata sviluppata all’interno del progetto GIONHA, grazie a fondi dell’Unione europea. Oggi è la piattaforma regionale della Liguria ed è coordinata dalla Fondazione Acquario di Genova.
Grazie ai numerosi progetti nazionali e internazionali che hanno utilizzato Intercet come piattaforma comune, e in particolare ai progetti TursioMed e InterMed, finanziati dalla Fondazione Blue Planet Virginia Böger Stiftung X.X., l’Acquario di Genova e la Fondazione Acquario di Genova sono riusciti ad allargare la rete di collaborazione a oltre 50 enti di ricerca sparsi in tutto il Mediterraneo, mettendo assieme i dati raccolti nelle diverse aree di studio come in un gigantesco puzzle.
Secondo gli studi sono almeno due le caratteristiche che favoriscono la diversità di specie. Innanzitutto, la presenza degli habitat batimetrici, perché ogni cetaceo predilige un certo tipo di habitat con diversa profondità, e poi la produzione primaria, ovvero la presenza del plancton vegetale che sta alla base della catena alimentare.
L’esperienza di ricerca testimonia l’importanza della collaborazione per acquisire quelle conoscenze necessarie alla conservazione dei cetacei. Si cercherà quindi di estendere quanto possibile questa rete per completare il puzzle, individuando tutte le aree ad alta biodiversità. Questo permetterà di avere un quadro il più possibile completo sulla presenza e sullo stato di conservazione dei cetacei nel Mar Mediterraneo.
TursioMed è un progetto per studiare l’ecologia e lo stato di conservazione del tursiope nel Mar Mediterraneo, attraverso 28 enti di ricerca attivi in 8 paesi del bacino. I dati raccolti dai singoli enti sono stati condivisi sulla piattaforma Intercet, per essere analizzati in forma aggregata. Grazie a questo lavoro si è potuto verificare come il tursiope formi unità geografiche distinte, distribuite lungo la piattaforma continentale. Ognuna sembra specializzarsi in base all’area di residenza, formando branchi più o meno numerosi e imparando anche a sfruttare le attività dell’uomo, come la pesca a strascico, per l’alimentazione. I tursiopi sono animali intelligenti, dal comportamento plastico, ed è grazie a queste doti che sono riusciti a sopravvivere in un ambiente sempre più antropizzato.
Con il progetto InterMed sono state estese le ricerche ad altri cetacei che vivono nel Mar Mediterraneo, per disegnare una mappa della biodiversità a livello di bacino. Tra i delfini dominano il tursiope, nelle acque della piattaforma continentale, e la stenella striata, in quelle pelagiche. Tra i grandi cetacei prevalgono invece la balenottera comune e il capodoglio. Ma ci sono alcune zone del Mediterraneo dove la diversità è maggiore ed è possibile avvistare il globicefalo, il grampo, il delfino comune e lo zifio. Queste zone, come il Mare di Alboran (tra la Spagna e il Marocco) o il Santuario Pelagos nel Mar Ligure, rappresentano degli “hot spot di biodiversità”, ma ce ne sono altri da scoprire.
I risultati permetteranno di migliorare le conoscenze sulla distribuzione e l’ecologia dei cetacei che abitano il bacino mediterraneo.
Entrambi i progetti, coordinati dalla Fondazione Acquario di Genova, sono stati finanziati dalla Fondazione Blue Planet - Virginia Böger Stiftung X.X., in collaborazione con il WWF Svizzera, e con il patrocinio di ACCOBAMS.
Grazie ai progetti TursioMed e InterMed sono stati condivisi sulla piattaforma Intercet un totale di 983’186 km di tracciato e 25’856 avvistamenti, riferibili a 14 specie di cetacei, condivisi da un totale di 40 partner di ricerca attivi in 9 paesi del Mar Mediterraneo: Spagna, Francia, Italia, Slovenia, Montenegro, Grecia, Turchia, Israele, Tunisia.
Il dataset comune è il più grande mai analizzato in forma aggregata nel contesto del Mar Mediterraneo e ha permesso di tracciare un quadro aggiornato sulla presenza e sullo stato di conservazione dei cetacei mediterranei, che costituisce un importante riferimento per analisi e comparazioni future. I risultati ottenuti in questo sforzo di ricerca collettivo sottolineano l’importanza della condivisione dei dati per migliorare le conoscenze sui cetacei del Mar Mediterraneo e incoraggiano a proseguire su questo percorso. Vi sono infatti ampie porzioni del Mediterraneo per le quali i dati sono scarsi o del tutto assenti (in particolare nel bacino orientale) e questo potrebbe portare a sottostimare la diversità di specie in alcune aree. Le lacune nei dati disponibili includono anche importanti hot spot di diversità, come l’Arco Ellenico, considerato una IMMA (Important Marine Mammal Area), soprattutto per i cetacei di grande profondità (capodoglio e zifio). È quindi fondamentale aumentare lo sforzo di campionamento nelle aree attualmente poco coperte dalla rete di ricerca e monitoraggio, per completare il quadro e identificare tutti i possibili hot spot di biodiversità da preservare.