L’importanza di lupi, linci e orsi
La Terra è un pianeta vivo da almeno 2,7 miliardi di anni. Nel corso del tempo le sue forme di vita si sono evolute e gradualmente si sono creati ecosistemi sempre più complessi. Ogni ecosistema presenta un’articolata rete di relazioni tra le diverse forme di vita. In sintesi, si tratta di un perfetto equilibrio, dove ogni creatura svolge un ruolo importante. L’insieme di queste relazioni permette di garantire delle condizioni ambientali idonee al sostenimento della vita sulla Terra. Quando una o più specie vengono a mancare in breve tempo senza permettere una sostituzione delle funzioni (tramite l’evoluzione) c’è il rischio che l’ecosistema si alteri in modo tale da non essere più funzionale su lungo periodo oppure peggio, che collassi così da non permettere più l’esistenza della vita. Per diversi secoli noi umani abbiamo giudicato diverse specie come nocive solo perché ci sono sembrate scomode oppure perché sul loro conto sono state raccontate storie completamente infondate. La non conoscenza oppure la cattiva interpretazione ci ha portato per secoli a credere a delle cosiddette “fake news” su diversi animali che per secoli sono stati visti come mostri. Oggi vi presentiamo alcuni esempi che vanno dal gipeto al lupo.
Ci sono animali che appena li vediamo ci verrebbe voglia di abbracciarli e poi ci sono animali che a causa di miti e storie medievali, automaticamente ci fanno paura. Un esempio classico lo possiamo vedere con il gipeto, che è stato ucciso, sterminato fino alla sua estinzione nelle Alpi all’inizio del ’900 a causa di una falsa reputazione sul suo conto, quella di terribile predatore di agnelli e pastorelli. Qualche anno più tardi si è scoperto che si trattava di un grave errore, siccome il gipeto si nutre quasi solo esclusivamente di ossa svolgendo un importante servizio che nessun’altra creatura era in grado di sostituire. Per rimediare al danno fatto, nel 1986 è iniziato un programma per reintrodurre il gipeto sulle Alpi.
Anche la lince dopo essere stata sterminata è stata reintrodotta. Diversamente, il lupo è tornato spontaneamente tramite una graduale ricolonizzazione ripartita da piccoli gruppi sopravvissuti (come per esempio dall’Appennino centrale). Il lupo si è riappropriato dei suoi vecchi territori seguendo la crescita demografica e la ricolonizzazione delle sue prede naturali (molti ungulati all’inizio del ’900 erano quasi spariti dal territorio alpino).
Da ricordare che durante questo periodo le Alpi erano un ecosistema totalmente alterato dalla mano umana, purtroppo guidata dalla propria ignoranza. Nonostante tutto, ancora oggi il lupo è rimasto primo in classifica come il maggiormente bersagliato dalle “fake news”. Oggi sappiamo che il lupo non è un pericolo per l’uomo. La sua presenza nelle nostre foreste non pregiudica alcuna nostra attività nei territori da lui occupati. È possibile quindi fare escursioni, passeggiate, campeggiare ecc. senza alcun pericolo. Bisogna però ricordarsi di due regole fondamentali che andrebbero rispettate anche nelle zone dove il lupo non è presente: tenere i cani al guinzaglio, poiché questi possono rappresentare un pericolo e un disturbo per la fauna in generale e non foraggiare gli animali selvatici. Quest’ultima precauzione è importante per evitare che prendano troppa confidenza e dipendenza da noi umani, generando possibili situazioni pericolose per entrambi. Il lupo, se si trova confrontato con la nostra presenza, dimostra un temperamento schivo e timido, tanto che nella maggioranza delle volte si nasconderà o fuggirà ancora prima che noi ci possiamo accorgere di lui; perciò un bosco popolato da lupi non rappresenta nessun pericolo. Essendo un predatore al vertice della catena alimentare si autoregola. Infatti, la sua densità sul territorio sarà sempre limitata da una spiccata territorialità del branco.
Il numero degli esemplari del branco, o meglio della famiglia di lupi, è limitato, in media a 5 esemplari, da 2 a 10 sulle Alpi. Purtroppo, ancora oggi questo animale viene odiato e perseguitato. A generare questi problemi sono soprattutto i lupi solitari e non i branchi. Diversamente da quanto molti credono, dove sono presenti branchi stabili gli attacchi al bestiame incustodito sono meno frequenti perché i lupi sono in grado a cacciare la selvaggina con più facilità e in secondo luogo perché in un territorio già occupato da un branco difficilmente è tollerata la presenza di un lupo solitario.
I lupi solitari generalmente sono giovani attorno ai 2 anni che lasciano il branco di origine e tendono a prediligere animali da reddito se non adeguatamente custoditi perché rappresentano una fonte di cibo facile. Quindi, l’indebolimento o peggio la disgregazione di un branco va ad aumentare la problematica.
Che il lupo piaccia o no, dobbiamo riconoscere che è una creatura essenziale e insostituibile per la salute del nostro ecosistema. Da predatore svolge una selezione positiva sulle sue prede, eliminando gli esemplari deboli o malati. Garantisce la salute della flora, innescando dinamiche comportamentali corrette negli ungulati, i quali evitano di essere troppo stanziali e quindi di compromettere il rinnovamento delle specie arboree.
Non solo: regola la densità di altri predatori, come la volpe e il cinghiale. Non a torto per alcune culture, ad esempio i nativi americani, il lupo è da sempre considerato lo spirito, il Re della foresta. Proprio perché grazie alla sua presenza si stabilisce un giusto equilibrio che permette la vita a tutte le piante e gli animali che devono essere presenti per la salute e il corretto funzionamento dell’ecosistema forestale.
Una volta le Alpi ospitavano sia l’orso che le api. I primi sono scomparsi, i secondi rischiano di scomparire a causa dei cambiamenti climatici. Ma il plantigrado potrebbe tornare e quindi ci stiamo preparando, affinché la loro coesistenza riprenda in maniera sana, essendo gli orsi bruni onnivori e in nessun modo selettivi nella scelta degli alimenti. Grazie all’olfatto molto sviluppato e alla spiccata capacità di apprendimento, l’orso, che normalmente è molto schivo ed evita l’essere umano, può essere attratto dagli apiari, dai rifiuti e dal compostaggio. Il 5 maggio 2021, si è tenuto a Lottigna l’incontro della “Piattaforma Orso Ticino e Moesano” (Potimo) durante il quale sono stati presentati una recinzione dimostrativa di protezione degli apiari e il box del compostaggio a prova di orso. La Piattaforma - che ha il suo focus sull’orso e agisce in maniera preventiva - si incontra a scadenze regolari e favorisce lo scambio di informazioni fra professionisti. In Svizzera l’orso è ormai estinto da più di 100 anni: l’ultimo esemplare è stato abbattuto in Engadina, nel 1904. Nel nostro Paese questo plantigrado è protetto dalla legge e, sebbene la Svizzera non promuova progetti di reinsediamento, il carattere migratorio dell’orso fa sì che esso possa, di tanto in tanto, fare capolino alle nostre latitudini, proveniente dai Paesi limitrofi. Nel 2005 la presenza dell’orso è stata infatti confermata per la prima volta in Svizzera, in Val Monastero, nei Grigioni, (proveniente dal Trentino) e negli ultimi 15 anni si contano una ventina di orsi sconfinati nel nostro Paese. La piattaforma Potimo è nata come una misura concreta del progetto WWF “Convivere con l’orso” ed è poi stata integrata nel progetto europeo LIFE European large carnivores, che coinvolge 16 Paesi.