Impara a riconoscere gli abitanti del bosco
All’incirca un terzo della superficie nazionale è coperto da boschi ed è dimora di oltre la metà di tutte le specie vegetali e animali svizzere. Quando entriamo in questo meraviglioso ecosistema, però, gli incontri con i suoi abitanti sono assai rari. Osservare dal vivo la fauna boschiva è una vera sfida: maestri nell’arte della mimetizzazione, gran parte degli animali si aggira nel bosco soltanto di notte, i sensi sempre all’erta in caso di pericolo. Eppure, qualcosa tradisce la loro presenza: le tracce. L’inverno sembra essere la stagione migliore per osservarle; un suolo innevato o fangoso è perfetto per intrappolare le impronte di zampe. Ma attenzione, non si tratta solo di orme… esistono moltissimi altri indizi che un animale dissemina mentre svolge le sue attività quotidiane, in ogni periodo dell’anno. Resti di cibo nelle forme più svariate, sterchi, peli, piume e nidi si riveleranno a chi aguzza la vista. Riconoscere questi segni è un’arte affascinante, che si può apprendere proprio come si impara a leggere. Un bravo osservatore naturalista sa decifrare i giusti elementi e, da vero investigatore, può ricostruire la storia di vita del “colpevole”, ricca di intrighi e malefatte.
Le tracce dell’alimentazione animale sono quelle più abbondanti e più visibili nel bosco. Da semplici foglie rosicchiate a resti di carcasse, ogni specie ha un metodo diverso di… banchettare. Tra le tracce più simpatiche da cercare sul sentiero vi sono certamente le noci e le pigne rosicchiate. Dal modo in cui i frutti sono rotti o perforati si può stabilire con relativa facilità chi sia stato il consumatore. Una nocciola vuota dall’involucro quasi intatto e un unico piccolo foro tondo è sicuramente stata la casa di una larva di balanino (un coleottero), mentre il moscardino crea un buco più grande lasciando chiari segni di denti. Questi topolini sono ghiotti anche di pigne, che rosicchiano in modo molto ordinato. Gli scoiattoli sono meno puntigliosi: spaccano a metà le nocciole e rosicchiano le pigne facendole ruotare, lasciando così dei torsoli tutti sfilacciati. Pigne sfrangiate e incastrate nelle fessure degli alberi sono invece gli scarti del picchio rosso maggiore.
In inverno vi sarà inoltre capitato di avvistare giovani alberi con la corteccia raschiata, pasto d’emergenza di erbivori come il cervo o il capriolo, il cui regime alimentare si allarga nei mesi più gelidi. Questi grandi animali riescono a grattare un albero fino a comprometterne la sopravvivenza. Ma non sono i soli: anche se in modo meno visibile, creature assai più minute non sono da meno nell’approfittare dell’albero come fonte di nutrimento. Insetti e larve scavano infinite gallerie nel legno e nel lembo fogliare, che verranno rivelate solo quando dall’albero morto si staccherà la corteccia.
Più raccapriccianti sono i residui alimentari degli animali predatori: tassi e cinghiali vangano in modo alquanto indiscreto il terreno boschivo a caccia di prede nascoste sottoterra, mentre volpi e linci tendono a lasciare dietro di sé una scia di spiumate, sangue e pezzi di carcasse. Una traccia più difficile da scovare ma assai spettacolare sono invece i boli. Al contrario dei predatori terrestri, che lasciano diversi indizi sulla scena del delitto, i rapaci spesso inghiottono le loro prede in un sol boccone. Il loro stomaco non riesce però a digerire peli, ossa o esoscheletri di insetti, che vengono quindi rigurgitati in un impasto compatto di forma ovale, chiamato bolo (o borra). I boli più studiati sono quelli dei rapaci notturni, i quali sostano nello stesso luogo sia per riposare sia per digerire: un terreno cosparso di boli potrebbe quindi rivelare la presenza di un nido. I resti dei rapaci diurni sono apparentemente uguali, tuttavia chi avrà il coraggio di esaminarli si accorgerà che contengono sì penne, peli e qualche artiglio o becco, ma nessun osso: essi sono infatti in grado di digerirli. I boli dei corvidi si distinguono invece per la presenza di piccole pietre, che inghiottono per frantumare il cibo nello stomaco.Testimonianze concrete della presenza della fauna boschiva, queste e tante altre tracce ci fanno percepire con mano la biodiversità dei nostri territori. Quando si parte per una missione di osservazione, è utile avere con sé una guida di identificazione. “Tracce e segni degli animali” di Nick Baker è un ottimo punto di partenza per tutti gli aspiranti investigatori.
Il cardellino è un piccolo passeriforme multicolore. Si passa dal rosso della faccia al bianco della guancia e della gola al nero della nuca, di gran parte delle ali e della coda, al giallo sulle ali, al marroncino della schiena. Per questa caratteristica, al pari del canto variegato e melodioso, in passato il Cardellino veniva tenuto in gabbia come uccello di compagnia.
Il maschio ha i colori più netti, in particolare il rosso, che solo in questo sesso ingloba interamente l’occhio. Il becco è piuttosto lungo e appuntito, ideale per andare a prelevare senza danno i semi dei cardi. Questo comportamento alimentare gli ha attribuito il nome. In natura lo si riconosce bene anche dal volo caratteristico ondulato e danzante da capolino a capolino, aggrappandosi a beccare i semi anche a testa in giù. In Svizzera, come nel resto dell’Europa è abbastanza diffuso. Nidifica dal piano fino a oltre 2000 metri con maggior diffusione nelle fasce altimetriche al di sotto degli 800 m. Gli ambienti sono quelli dell’agricoltura tradizionale con strutture, erbe incolte ma anche parchi, giardini, margini di boschi, gruppi di conifere basse sui pascoli alpini. In autunno-inverno le nostre popolazioni migrano verso Sud e sono rimpiazzate da altre provenienti dal Nord Europa. In inverno in Ticino si possono incontrare gruppi importanti di cardellini dove rimangono risorse alimentari naturali, ma si avvicinano anche alle mangiatoie. Stanno anche in zona urbana. Sono soprattutto le regioni agricole di pianura con i loro orli incolti, le scarpate ferroviarie e autostradali con vegetazione ruderale a fornire cibo.
Segnalate a Ficedula la presenza dei Cardellini per l’Atlante invernale: www.ficedula.ch.