Oggi vi portiamo alla scoperta di un pesce affascinante, di cui però si sa poco: l’anguilla
Oggi vi portiamo alla scoperta di un pesce affascinante, di cui però si sa poco: l’anguilla. Si sa che i suoi antenati vivevano già ai tempi dei dinosauri, più di 100 milioni di anni fa. Si sa che è così adattabile da poter vivere ovunque sulla Terra. Complessivamente, si contano 15 famiglie costituite da circa 800 specie. Tra queste c’è l’anguilla europea (Anguilla anguilla), che colonizza le acque dolci di tutto il Vecchio Continente, anche se oramai è rara. Purtroppo dagli anni 80 il numero di questa specie è crollato di oltre il 90% e dal 2014 è inserita nella lista rossa tra quelle minacciate d’estinzione.
L’anguilla nasce nel Mare dei Sargassi (e nessuno sa per quale motivo nasca proprio lì), in mezzo al nulla, in pieno Oceano Atlantico. I piccoli – detti prima ceche e poi ragani – migrano facendo il viaggio dei genitori a ritroso (ci mettono circa tre anni): si pensa che all’inizio si spostino passivamente seguendo la corrente, mentre, una volta in grado di nuotare, pare che riescano a seguire le orme dei genitori senza problemi, lasciando l’acqua salata per maturare e crescere nell’acqua dolce. Dopo una quindicina d’anni l’anguilla (che vive dai 15 ai 20 anni, in cattività anche fino a 80 anni) decide che è arrivato il momento di riprodursi e torna nel Mar dei Sargassi (vasto come l’Europa). Insomma: ha un ciclo vitale più che complesso e poco studiato. Parliamo di un pesce che percorre tra i 15 e i 40 km al giorno per oltre 6mila chilometri. Nel Mar dei Sargassi l’anguilla europea si riunisce con quella africana e quella americana. Non è dato sapere per quale motivo tutte le anguille del mondo nascano e tornino in questo luogo. Alcuni scienziati sostengono che solo le femmine si mettano in viaggio, mentre i maschi resterebbero in prossimità della riviera marittima, altri sostengono invece che la femmina possa cambiare sesso nel suo lungo viaggio. Ma in realtà sono tutte ipotesi, visto che nessuno è mai riuscito a seguire un’anguilla dalla nascita alla maturazione. Come il salmone (che però dalle acque dolci migra verso il mare), durante il viaggio di ritorno l’anguilla non si nutre abbastanza. Infatti, ha un solo compito: raggiungere il Mar dei Sargassi per la riproduzione, usando tutte le scorte di grasso accumulate. Una volta arrivata a destinazione, depone da 1 a 6 milioni di uova a circa mille metri di profondità. Poi muore. Questo è quanto si sa. Sulle motivazioni e i percorsi, invece, non esistono degli studi approfonditi e ciò fa di questo pesce un animale avvolto dal mistero, interessante e affascinante. Purtroppo, a causa delle azioni da parte dell’essere umano, l’anguilla rischia di scomparire per sempre dai nostri fiumi.
Quando parliamo dell’anguilla, a Thomas Ammann, capo della sezione biodiversità al WWF Svizzera, brillano gli occhi: “L’anguilla è eccezionale. Si pensa che – se il terreno è bagnato – riesca a superare alcuni ostacoli anche via terra. E che lo riesca a fare per diverse ore. Parliamo di un pesce. Poi è tutto avvolto nel mistero: non è chiaro per quale motivo deponga le uova nel Mar dei Sargassi; biologicamente parlando non si sa come avviene l’accoppiamento e nemmeno come e dove di preciso deponga le uova. Il Mar dei Sargassi è immenso. Non c’è niente lì”. Come mai è una specie a rischio? “La riduzione del numero è stata notata solo negli anni 80. Essendo un pesce che vive fino a 20 anni, nessuno aveva notato che le unità stavano collassando a causa delle dighe e delle chiuse. Questa specie può essere salvata solo se collaboriamo tutti insieme a livello internazionale”.
Anche Tiziano Putelli, responsabile tecnico dell’Ufficio caccia e pesca, è dello stesso parere. Tra i fattori penalizzanti ci sono la pesca intensiva, la presenza di specie non autoctone nei fiumi, ma soprattutto la costruzione di barriere architettoniche. “L’anguilla può essere allevata – spiega Putelli – ma ad oggi non si è riusciti a raggiungere l’accoppiamento in cattività. Se vogliamo salvare questa specie è importante che siano liberi i fiumi sia in rimonta che in discesa. Tutti gli elementi di frammentazione nei fiumi e nei laghi (briglie, centrali idroelettriche ecc.) che troviamo ovunque in Europa, hanno nel tempo condizionato in modo massiccio quello che è il completamento del ciclo di vita dell’anguilla. Pensiamo alla trota lacustre: vive nel lago, poi risale i corsi d’acqua per cercare acque più ossigenate e substrati puliti dove deporre le sue uova. Per la trota lacustre è sufficiente percorrere qualche chilometro per completare il suo ciclo di vita. L’anguilla è completamente diversa: con la costruzione di dighe abbiamo precluso il suo ciclo vitale.
L’anguilla del Ceresio deve arrivare al Mar dei Sargassi, altrimenti non si riproduce. Per quanto riguarda la discesa dei fiumi, il problema sono le centrali idroelettriche perché la corrente principale di richiamo verso valle va verso le turbine. Durante la rimonta il rischio non esiste, visto che le correnti in uscita dagli impianti sono invalicabili dalle anguille; per contro, tutte le altre discontinuità puntuali costituiscono un ostacolo alla migrazione verso monte. In questi casi l’unica possibilità per permettere la rimonta e quindi l’aggiramento di un ostacolo, è la realizzazione di opere studiate ad hoc e denominate ‘passaggi per pesci’. Per la problematica della discesa, è in corso uno studio delle barriere comportamentali allo scopo di indirizzare i pesci, inclusa l’anguilla, che seguono le correnti verso le turbine, in vie laterali a loro sicure. Inoltre sono stati svolti degli studi che hanno valutato la mortalità dei pesci in funzione delle diverse tipologie di turbine, che a loro volta sono scelte secondo le caratteristiche dell’impianto. È evidente che per la sua fisionomia stretta e lunga, l’anguilla è più vulnerabile di altre specie”. E conclude: “Da noi in Ticino il numero di anguille si è ridotto così tanto che, da qualche anno abbiamo dovuto chiuderla alla pesca”.
Il recupero di una specie come l’anguilla, vista la sua necessità di migrazioni importanti, non può essere risolto a livello cantonale. Per questo motivo il Dipartimento del territorio segue questa tematica da vicino. Recentemente ha preso contatto con la Regione Lombardia per un possibile progetto Life.
Anche se in Ticino il numero di anguille si è ridotto a tal punto da vietarne la pesca, ci si sta muovendo nella direzione giusta: grazie a una serie di provvedimenti è stata ripristinata la migrazione dall’Adriatico al Ceresio.