Mosca resta ai margini, senza bandiera e con le note del grande Ciajkovskij al posto dell'inno, ma si aspetta molto dai Giochi. 'Possiamo far meglio di Rio'
A Tokyo 2020 non sventolerà il tricolore russo e nemmeno si ascolterà l’inno, come già successo a Pyeongchang 2018. La squadra federale parteciperà ai Giochi giapponesi ufficialmente in rappresentanza del suo Comitato olimpico nazionale. Sono sette anni, dalle Olimpiadi invernali di Sochi del 2014, che la Russia è in rotta di collisione con gli organi dirigenti dello sport internazionale. Allora, in riva al mar Nero fu scoperto un sistema di doping di Stato; successivamente – dopo lo scoppio dello scandalo, con tanto di testimoni-pentiti fuggiti all’estero – la situazione si è addirittura aggravata: i database del laboratorio di analisi di Mosca furono contraffatti prima del loro trasferimento all'Ama, l'Agenzia antidoping mondiale. Insomma, chiara reiterazione del reato: squalifica.
Giusto per non farsi mancare nulla, il 14 luglio scorso, due nuotatori (Veronica Andrusenko e Aleksandr Kudascev) già selezionati per le Olimpiadi, sono stati trovati positivi all'antidoping. A fine giugno erano stati scelti 335 atleti “puliti”, questo l’impegno preso. «Hanno tutte le possibilità di fare meglio che a Rio 2016» si è detto certo Stanislav Pozdnjakov, presidente del Comitato olimpico russo. All’edizione brasiliana dei Giochi, i suoi atleti – solo 271 superarono la selezione antidoping internazionale, mentre 118 furono bocciati – arrivarono al quarto posto del medagliere. Quanti degli attuali selezionati (inclusi i due nuotatori, riabilitati in extremis due giorni fa dal Tribunale arbitrale dello sport) riusciranno invece a prendere parte alle gare, non è chiaro. Infatti nuove amare sorprese per i russi potrebbero essere dietro l’angolo. Lo scontro non è più solo sportivo, ma politico. Il Cio non vuole che i successi sportivi vengano usati per altri scopi. In un primo momento Mosca aveva proposto di utilizzare la popolare canzone “Katjuscia” al posto dell’inno nazionale, ma l’idea è poi stata bocciata a livello internazionale, poiché quelle strofe sono troppo legate alla Russia. Così è stato approvato un brano estratto dal Concerto per pianoforte N.1 di Petr Ilic Ciajkovskij, mentre il vessillo utilizzato per le premiazioni sarà quello “neutrale” del Comitato olimpico russo.
Ma in alcune discipline, in pratica, il bando agli sportivi russi rimane. Nell'atletica leggera saranno in dieci, tra loro i campioni del mondo Marija Lasitsene, Serghej Shubenkov e Angelica Sidorova. Nel sollevamento pesi, invece, in gara saranno solo in due: Cristina Sobol nella categoria fino a 49 chilogrammi e Timur Naniev, in quella fino ai 109 kg. I russi sperano di fare incetta di medaglie nel nuoto sincronizzato, nella ginnastica artistica e nella scherma. Mosca si attende molto dagli sport di squadra, su tutti la pallamano, maschile e femminile. L’atleta più giovane sarà la sedicenne ginnasta Viktorija Listunova; quella più anziana, la cinquantaseienne amazzone Inessa Merkulovaja; quella più titolata, la cinque volte medaglia d’oro Svetlana Romashina nel nuoto sincronizzato. Alla cerimonia d'inaugurazione, la bandiera del Comitato olimpico russo sarà portata dai campioni olimpici Sofia Velikaja (scherma) e Maksim Mikhailov (pallavolo).
Prima della partenza per il Giappone - ha appreso la stampa federale -, come ai tempi sovietici gli atleti sono stati istruiti su come comportarsi in caso di domande “provocatorie” da parte di giornalisti stranieri su questioni politiche, sulla crisi ucraina, sulla lotta al doping. Le risposte vanno dal «di politica non si parla durante le manifestazioni sportive», al «no comment» su questioni geopolitiche», fino a «il doping è un problema comune anche in altri Paesi». Il Comitato olimpico russo nega però di aver fornito vere istruzioni. «Le raccomandazioni non fanno mai male, ma poi ogni atleta fa quello che vuole – è intervenuto il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov -. Gli sportivi non sono politici, ma vengono coinvolti in certe questioni». Pur se le occasioni di discussione saranno minime, per la pandemia.
Massima allerta, invece, è stata decretata dalle istituzioni che hanno organizzato i Giochi. «È naturale che vi siano attacchi cibernetici contro Tokyo 2020 – ha commentato Isao Itabashi, esperto di sicurezza digitale –. Tuttavia è importante riparare in fretta i danni, e far sì che questi non lascino segni rilevanti». A Rio 2016 e in Corea del Sud nel 2018 si registrarono intromissioni e manomissioni: allora il Dipartimento di Giustizia statunitense concluse che i responsabili furono uomini del Gru, una delle agenzie di intelligence russa, ma il Cremlino negò qualsiasi coinvolgimento. In Giappone però, Paese col quale la Russia non ha ancora firmato un trattato di pace dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e dove gli atleti di Mosca partecipano senza inno e bandiera, certe “teste calde” potrebbero sfogare la loro rabbia.