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Bertola si veste di rossocrociato: ‘Il sogno di una carriera’

Il ticinese è stato chiamato da Severin Lüthi per le qualificazioni di Coppa Davis contro i Paesi Bassi: “Non siamo favoriti, ma abbiamo un bel gruppo’

Il venticinquenne è reduce dalla presenza a Basilea e dal doppio titolo nazionale
(Ti-Press/Crinari)
29 gennaio 2024
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Due anni dopo Luca Margaroli il Ticino torna a essere rappresentato in Coppa Davis, il merito è di Remy Bertola, convocato da Severin Lüthi in vista del turno di qualificazione di venerdì e sabato nei Paesi Bassi. «All'inizio c’è stata molta emozione – racconta il venticinquenne luganese dalla sua camera d'albergo a Groninga, dove la squadra è volata nella giornata di lunedì –. Per un tennista rappresentare il proprio Paese è una delle cose più belle che possano accadere durante la carriera. Adesso più che emozionato mi sento carico e parte della squadra. Conoscevo già tutti i compagni, quindi non c’è stata una particolare accoglienza, abbiamo subito fatto gruppo. Anche Lüthi, lo conosco ormai da diversi anni, mi aveva già chiamato sei anni fa per un campo d'allenamento in vista della Coppa Davis e da lì ci siamo sempre tenuti in contatto».

Ora però bisogna fare sul serio, i Paesi Bassi di Griekspoor e Van de Zandschulp sono un osso duro: «Da domani a giovedì ci alleneremo due volte al giorno, per abituarci alle condizioni ed entrare subito il meglio. Non sarà facile, perché è atteso molto pubblico, il clima sarà caldo e siamo consapevoli di non essere i favoriti. La nostra forza è quella di essere uniti e un bel gruppo. Inoltre siamo in fiducia: Riedi ha appena vinto un Challenger e sta giocando in maniera incredibile, io voglio far vedere che si può contare su di me in caso di bisogno, Hüsler lo conosciamo, ha vinto un torneo Atp ed è stato un paio d'anni in top 100, Ritschard sta pure giocando bene e infine Kym ha già vinto delle partite di Davis».

Tu sei, appunto, l'unico debuttante in squadra, ti aspettavi questa chiamata? «È uno di quegli obiettivi o sogni che uno ha per la sua carriera, al pari di giocare uno Slam, che è forse paragonabile alla Champions League nel calcio. Partecipare alla Davis invece è più un onore, sai che vai a rappresentare una nazione e c’è una pressione diversa. È un bel traguardo, vorrei accumulare altre presenze in futuro. L'obiettivo per il 2024 è dunque proprio quello di accedere alle qualificazioni di uno Slam, non sarà però facile, mi serve all'incirca un centinaio abbondante di punti in più e raggiungere una posizione attorno alla 230a».

Hai avuto tempo di confrontarti con Margaroli? «Con Luca mi sento regolarmente, gli avevo già chiesto qualche impressione quando aveva partecipato sulle sensazioni che si provano a prendere parte a questa competizione e mi ha confermato che c’è sì più pressione, ma l'aiuto di quattro compagni e un capitano d'esperienza non sono cose da poco. Anche se non dovessi giocare sarà dunque un'esperienza che mi porterò nel mio bagaglio, è un'ottima opportunità per allenarsi e confrontarsi con gli altri».

In questo senso l'assenza di Stricker e Wawrinka, sebbene ti abbia liberato la via, rappresenta un rammarico per te? «La situazione non cambia, forse un pochino se ci fosse stato Wawrinka, l'ultimo ancora in attività di quel quintetto che vinse il torneo. Siamo tutti nella stessa cerchia, io non vedo gli altri come fortissimi e loro non vedono me come molto più debole».

Del resto l'anno scorso ti sei illustrato sfiorando la qualificazione al tabellone principale di Basilea e vincendo i Campionati svizzeri… «A Basilea tra l'altro non dovevo nemmeno partecipare. Mi ha chiamato Lüthi venerdì sera, dicendomi che aveva una wild card a disposizione e che se l'avessi accettata avrei dovuto giocare il sabato. Chi sarebbe così stupido da rifiutare? Ho fatto la valigia al volo e sono partito. È stata una grande emozione, perché è un altro mondo, dall'organizzazione, al dietro le quinte: quando sono arrivato al player desk mi sono ritrovato di fianco ad Andy Murray. Ma la cosa che mi ha impressionato di più è stata lo stadio, ho giocato il primo turno sul campo secondario e il secondo sul principale. C'erano 1'500 spettatori, che in uno stadio da 12'000 sembrano pochi, ma si sono fatti sentire eccome. Non mi conoscevano, erano semplicemente venuti a tifare per me in quanto svizzero. Ai Campionati svizzeri invece ho giocato talmente bene che sono volati, ero in pieno di fiducia e infatti anche i risultati sono piuttosto netti. Sono quasi più felice del modo in cui ho giocato, che della vittoria. Ho inoltre centrato la doppietta singolare-doppio, una cosa per pochi».

La preparazione come si è svolta? «Vi ho dedicato il mese di gennaio al posto di dicembre, tanto che quest'anno non ho ancora preso parte a tornei. Infatti Lüthi quando mi ha chiamato mercoledì scorso mi ha chiesto se fossi infortunato. In verità avrei dovuto iniziare con i tornei proprio questa settimana con il Challenger di Coblenza, dal quale mi sono dovuto disiscrivere per… cause di forza maggiore (ride, ndr). Settimana prossima sarò invece a Nottingham. Svolgo gli allenamenti a Milano al Quanta club, con i miei allenatori Fabio Chiappini e Marco Brigo e altri sette giocatori, ci miglioriamo a vicenda e sta andando tutto alla grande, sto consolidando il mio gioco. Sono contenti per me, perché non sono moltissimi coloro che possono vantare una convocazione in Davis. Per fortuna sono pure riuscito a ritagliarmi sei giorni di vacanza con la mia ragazza, anche staccare ogni tanto fa parte del lavoro».

Impossibile infine non chiederti un'impressione sul fenomeno del momento, il vincitore degli Australian Open Jannik Sinner: «Per gli italiani la vittoria di Sinner è il coronamento del lavoro e delle migliorie effettuati dalla Federazione, non a caso anche Musetti o Nardi stanno giocando molto bene. Sono contento per lui, per ciò che sta facendo e per come si è migliorato».

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