A margine del Challenger luganese, scopriamo il lavoro di due esperti incordatori
Una passione lentamente trasformatasi in professione. È l’entusiasmante storia di Vincenzo ‘Vincent’ Dell’Osa e Mirko Latino, incordatori ufficiali del torneo di Lugano. Da farsi sistemare le racchette da negozi specializzati o amici sono passati a sporcarsi direttamente le mani e ricevere in eredità il bene più importante di un tennista. «Assimilato qualche rudimento – spiega il natio di Lörrach nei rari momenti di pausa –, mi sono convinto a effettuare un corso a Milano da uno degli incordatori più conosciuti d’Italia, responsabile fra l’altro degli Internazionali di Roma, grazie a cui ho ottenuto un certificato». Dall’esterno le racchette sembrano tutte identiche, ma rigidità, piatto corda (l’area in cui impatta la pallina, ndr.) e struttura cambiano a seconda del giocatore. E, di fatti, in una settimana Vincent e Mirko ne rimettono in sesto più di 250 fino a un picco di 300, come il caso dei tornei di Parma e Tenerife.
«I primi giorni sfioriamo la sessantina di racchette: capita ad esempio di sistemarne trenta in un lasso di tempo molto ristretto, da mezzogiorno alla sera. Alla fine la fatica, soprattutto mentale, rischia di compromettere la concentrazione. Ecco perché lavoriamo sempre in coppia – ride, mostrandoci i calli sulle mani –. Può sembrare facile, ma necessita di parecchia manualità. Le corde in poliestere hanno infatti una vita molto breve; pur non rompendosi completamente, tendono a calare di tensione. A perdere reattività, elasticità». Tutto cambia poi in funzione della velocità o meno del campo, delle proprie sensazioni. «La nostra caratteristica principale è la costanza, il mantenere ad esempio la racchetta sulla macchina lo stesso periodo di tempo così da limitare il più possibile le variabili – interviene Mirko –. Siamo molti simili a dei cuochi: riceviamo la comanda e riportiamo telle quelle l’ordinazione, anche la forma e la posizione delle code dei nodi».
A seconda di chi prepara l’incordatura, della sua dimestichezza o rapidità, «la struttura può modificarsi. Il giocatore prova quindi la racchetta in modo da percepire (a volte solo a sensazione, altre in base al suono) la tensione». I professionisti, confida il lucchese, cambierebbero attrezzo ogni settimana. Sì, perché «necessita di essere rimpiazzato spesso. Alcune case produttrici hanno iniziato a utilizzare dei materiali riciclati, ma è ancora tutto in una fase embrionale. Il costo è ancora molto elevato, e non risulta competitivo a livello economico».
Per la cronaca il tabellone oggi ha sorriso ai colori rossocrociati impegnati nei sedicesimi di finale: Alexander Ritschard (Atp 195) si è imposto in rimonta su Zsombor Piros (195), mentre Mika Brunold (886) ha superato in tre set Manuel Guinard (177).