La ticinese si racconta: bilanci, sfide e il sogno della Billie Jean King Cup. A Melbourne disputerà le qualificazioni Slam per la quarta volta filata.
Avrà giusto il tempo di godersi Natale, prima di rifare la valigia e partire dall’altra parte del mondo. Andrà al caldo, «ma non in vacanza». Non se ne lamenta, Susan Bandecchi: il volo del 27 dicembre la porterà in Australia. A Melbourne, dopo un torneo di preparazione, giocherà le qualificazioni dell’Australian Open: il solo Slam che le manca, dopo Roland Garros, Wimbledon e Us Open disputati quest’anno. Ci arriverà forte anche di un finale di stagione positivo, che l’ha portata il 6 dicembre a raggiungere il best ranking sia in singolare (Wta 175), sia in doppio (171).
Quale titolo daresti alla tua stagione?
Ci pensa molto. Qualcosa tipo "Finalmente i primi obiettivi raggiunti”.
Se ti avessero detto, a inizio anno, che avresti fatto la stagione che hai poi realizzato, ci avresti creduto? Sei stata soddisfatta o avresti voluto qualcosa in più?
Non ci avrei mai creduto, questo è poco ma sicuro. Avrei potuto fare di più? Sì. Però se a gennaio qualcuno mi avesse detto che avrei giocato tre qualificazioni Slam, vinto un torneo in singolare e uno in doppio e fatto tutto ciò che ho fatto, avrei firmato. Perciò sono soddisfatta.
Sei progredita molto nel ranking: eri poco dentro le migliori 300 al mondo, ora la tua posizione inizia a farsi interessante. La classifica è qualcosa alla quale guardi e per cui fai dei calcoli?
Calcoli non ne faccio. Poi sì, uno sguardo lo do, anche se (sorride, ndr) sarebbe meglio di no. Ma per quanto si vorrebbe attribuirle poca importanza, purtroppo la classifica ha un certo peso. Non vado a vedere tutte le settimane dove sto; lo faccio quando ottengo buoni risultati e voglio capire cosa mi portano in termini di posti. La posizione è una conseguenza di ciò che si fa, di come ci si allena, di come si affrontano le partite. Essere dove sono, è indice che sto eseguendo un buon lavoro.
All’avvio di una nuova stagione ti poni obiettivi anche in termini di classifica?
A inizio 2021 il mio obiettivo era quello di giocare le qualificazioni Slam. Una volta che ci sono riuscita, specie dopo l’Us Open, con il mio team ci siamo detti che per la fine dell’anno avremmo puntato ad avere una classifica con il numero 1 davanti; ossia a essere ‘cento-e-qualcosa-esima’.
Ti sei già fissata dei traguardi per il 2022?
Non nego che mi piacerebbe entrare direttamente nei tabelloni dei major, senza passare dalle qualificazioni. Però è un proposito più orientato alla stagione successiva; dunque più all’Australian Open 2023, che all’Us Open 2022. Per l’anno a venire punto a qualificarmi in un tabellone principale di uno Slam; che sia a Melbourne o al Roland Garros o agli altri due. Il mio proposito è continuare ad alzare il mio livello, così da giocare i tornei più grossi. Sarà difficile, ma punto ad andare avanti anche nelle competizioni importanti.
Si dice che più si arriva in alto e più è complicato farsi spazio. È così?
Sicuramente ogni fase è difficile, ma mi rendo conto che ora lo è ancora di più. Spesso mi sentivo dire che passare dalle migliori 200 alle migliori 100, è più complicato. Prima non sapevo cosa volesse dire, adesso ho capito che è proprio così. A questo stadio servono sempre più punti, per scalare meno posizioni. Certamente questo è lo step più arduo, ma penso di poterlo superare. Forse all’inizio non sarà semplice accettare qualche sconfitta in più, che ovviamente ci sarà. Ma devo continuare a lavorare, come sto facendo.
Da questa stagione cosa hai imparato, di te e del mondo in cui stai cercando di emergere?
Sorride. Sicuramente che bisogna lavorare tanto. Non pensavo, ma l’impegno - quotidiano: fisico, mentale, in campo - è tanto. Molte persone pensano che quella del tennista sia ‘solo’ una bella vita, fatta di viaggi e gioco. Invece lo sforzo per avanzare è davvero, davvero tanto. Ho anche compreso quanti sacrifici abbiano fatto i miei genitori per aiutarmi. Grazie ai miei progressi, da un paio di anni riesco a pagarmi le spese, che prima sostenevano loro. Mi sono accorta quanto provare la carriera professionistica in questo sport sia dispendioso e oggi so dare il giusto valore agli sforzi della mia famiglia. Un’altra cosa che ho appreso, è che devo migliorare parecchio dal punto di vista mentale. Durante quest’anno mi sono trovata in situazioni che non sono riuscita a gestire al meglio, finendo talvolta per perdere partite che avrei potuto vincere.
Tra le opportunità che ti si possono aprire, pensi ci sia la Billie Jean King Cup?
Heinz Günthardt mi ha chiamata a settembre. Voleva sapere se, un giorno, mi sarebbe interessato giocare con la squadra svizzera. Ero felicissima! Pensavo di venire convocata come riserva per le finali di novembre, invece non è stato così. Il capitano mi ha comunque detto che, se continuo a progredire e ottenere buoni risultati, potrei probabilmente essere chiamata per il prossimo appuntamento. Quella telefonata mi ha fatto capire che il mio turno potrebbe arrivare presto. Con giocatrici come Belinda Bencic, Viktorija Golubic e Jil Teichmann davanti, ovviamente io fungerei da riserva. Ma già solo allenarmi col gruppo e vivere l’atmosfera della competizione, sarebbe stupendo e una grande iniezione di energia. Partecipare a questo evento è un mio sogno. Mi piacerebbe tanto rappresentare il mio Paese in una competizione importante. Io amo le poche occasioni di giocare in gruppo, come gli Interclub; perché in stagione siamo sempre soli, mentre in squadra si vive più spensierati.