Il 29enne vallesano nonostante un’ultima parte di preparazione complicata è pronto per l’inizio della stagione di slalom, domenica a Val d’Isère
Duecentosessanta giorni. Tanto sarà passato domenica dall’ultima volta in cui Ramon Zenhäusern si è lanciato con gli sci ai piedi su un pendio per una gara ufficiale. Era il 27 marzo scorso e il vallesano si era imposto nello slalom dei campionati svizzeri di Zinal, una settimana dopo aver concluso la sua stagione di Coppa del mondo uscendo nella seconda manche (dopo essersi piazzato quarto nella prima discesa) delle finali di Lenzerheide. Oltre otto mesi più tardi, il 29enne specialista dei paletti stretti è pronto ad aprire ufficialmente il suo inverno a Val d’Isère, sede appunto del primo slalom maschile della Cdm 2021/2022.
«È vero, è stata una pausa molto lunga, ma noi slalomisti un po’ ci siamo abituati e l’anno scorso non era andata poi così male – ci fa notare il gigante (2,02 metri) di Bürchen, effettivamente capace il 21 dicembre 2020 di conquistare il suo unico successo della stagione (a cui ha comunque aggiunto due secondi e un terzo posto) nello slalom di apertura in Alta Badia –. Cercherò evidentemente di ripetermi, anche se non sarà facile, la concorrenza è alta e la prima gara della stagione è sempre un po’ un’incognita, si gioca molto sui nervi e i punti interrogativi, a maggior ragione in una disciplina come lo slalom in cui i millimetri fanno la differenza, sono molti».
Un discorso generale che vale anche a livello personale per il terzo miglior slalomista della scorsa stagione (dietro al francese Clement Noel e al vincitore del globo della specialità, l’austriaco Marco Schwarz), alle prese con dubbi di materiale e come se non bastasse caduto malamente in allenamento in Svezia l’8 novembre… «Le ultime settimane di preparazione non sono state troppo positive, anche se nella sfortuna della caduta sono stato fortunato a non riportare gravi conseguenze. A livello osseo ho avuto qualche fastidio alla spalla, per il resto solo dolori muscolari, lividi e contusioni. Diciamo che anche per questo l’inizio della Coppa del mondo così ritardato mi ha fatto comodo, ma non voglio dare a quanto successo più peso di quel che merita. Piuttosto nelle settimane seguenti non sono riuscito ad allenarmi al meglio, in Svezia a causa dello stato non ottimale delle piste e di uno skilift non funzionante, mentre in Francia è stato il maltempo a complicarci la vita. Per quel che riguarda il materiale, a differenza degli scorsi anni, in primavera ho testato diversi nuovi modelli di sci, senza tuttavia riuscire a trovare il giusto assetto, tanto che è molto probabile che a Val d’Isère utilizzi ancora quelli degli ultimi cinque o sei anni, nei quali ho fiducia».
Meno male che almeno l’estate era andata bene per il compagno di vita della svittese Tanja Hüberli (campionessa europea in carica di beach volley), anche grazie all’approdo nel futuristico centro di allenamento dell’Oym (On your marks) di Cham… «A livello di preparazione ho cambiato qualcosa rispetto agli scorsi anni, per la prima volta ho svolto la parte fisica al centro Oym, che si rivolge in particolare ai giocatori di hockey ma aperto anche agli altri sportivi d’élite. È stata molto dura, ma anche interessante, si tratta di un approccio piuttosto diverso già solo per il fatto che in pratica vivi lì al cento per cento, dalla mattina alla sera e dal lunedì al venerdì. Avevo sentito di questa nuova struttura e mi sono informato, anche perché con il passare degli anni le preparazioni estive cominciavano a diventare sempre uguali e avevo voglia di provare qualcosa di nuovo. Quello che posso dire è che ho sudato molto. Scherzi a parte, ho preso oltre due chili, ma di muscoli, così come il lavoro effettuato dovrebbe avermi dato qualcosa in più a livello di resistenza. Poi il risultato sulla neve è un’altra cosa, lo sci è uno sport molto complesso e sono molti i fattori che entrano in gioco, ma a livello prettamente atletico sono uscito da questa preparazione con più forza in corpo».
Il gigante di Bürchen ammette anche come uno degli aspetti più difficili da gestire sia stato quello legato all’alimentazione. O meglio, lo è diventato una volta lasciato il centro d’allenamento nel canton Zugo e aver iniziato a girare l’Europa per allenarsi... «Hanno otto cuochi che preparano una dieta speciale per gli atleti in base alle esigenze, è geniale. Evidentemente mi hanno preparato un programma da seguire anche in seguito, ma ammetto che non è per nulla facile. Già solo in Belgio, dove ci siamo recati per la prima volta a settembre per allenarci su una pista al coperto che ricreava condizioni simili a quelle che troveremo a Pechino, le tentazioni erano molte e ammetto di aver fatto fatica a trattenermi (ride, ndr)».
A proposito di Pechino e dei Giochi in programma dal 4 al 20 febbraio, la rassegna a cinque cerchi rappresenta indubbiamente il momento clou di una stagione nella quale la medaglia d’argento a Pyeongchang 2018 (nonché oro nel Team Event con la Svizzera, proprio come ai Mondiali del 2019) spera «innanzitutto di rimanere in salute e di sciare con piacere, mentre dal punto di vista dei risultati è difficile da dire, in slalom può succedere di tutto e le cose cambiano velocemente. Di certo proverò a fare meglio degli anni passati, ma è sempre più difficile. Ai Giochi invece penso perché me lo chiedete voi giornalisti (altra risata, ndr). È indubbiamente un appuntamento che non vedo l’ora di vivere, ho seguito in televisione quelli estivi e mi sono entusiasmato, ma c’è ancora tempo e inoltre bisogna qualificarsi».
Una qualificazione che passa dai risultati di una Cdm che per quel che riguarda i paletti stretti vivrà il suo momento più intenso nel mese di gennaio, quando in venti giorni verranno disputati ben cinque dei dieci speciali della stagione… «Effettivamente le gare non sono distribuite in maniera ideale sull’arco dell’inverno, ma capisco che non sia nemmeno facilissimo fare altrimenti, non bisogna dimenticare che utilizziamo delle piste normalmente aperte alla gente e che dietro a una prova di Coppa del mondo c’è una grande organizzazione. Da una parte poi avere delle gare così ravvicinate può essere positivo in quanto puoi focalizzarti su quel periodo, nel quale però bisogna stare attenti a non ammalarsi. Men che meno di Covid».
Già, il Covid, un nemico che dopo aver condizionato anche la stagione passata disputata a porte chiuse, sta prepotentemente tornando a far la voce grossa anche in questa, ossia quella del ritorno del pubblico sulle piste (fino a quando, si vedrà)... «Quando scio cerco di fare astrazione dal pubblico, per concentrarmi al massimo sulla mia discesa. E devo dire che ci riesco piuttosto bene. Ma una volta passato il traguardo, è tutta un’altra cosa con i tifosi, è sempre bello interagire e ricevere il loro calore. E spero di riuscire a mia volta a ricambiarlo regalando loro delle emozioni, vicino o lontani che siano».