Dopo dieci anni di Circo bianco, Lara Gut-Behrami traccia un bilancio di metà... carriera
Pensa ancora a sciare Lara Gut-Behrami, ma lo fa in maniera diversa. Diversa da quando poco più di dieci anni fa era sbarcata in Coppa del mondo (il 28 dicembre 2007 nel gigante di Lienz), diversa da prima del grave infortunio al ginocchio del febbraio 2017 e soprattutto diversa rispetto a prima che conoscesse e sposasse (lo scorso 11 luglio) Valon Behrami.
«Sono passati già dieci anni da quando ho debuttato in Coppa del mondo, ma ne ho ancora tanti altri davanti a me, forse non dieci, ma almeno la metà – afferma convinta la ticinese, che tra nove giorni compirà 28 anni –. Oggi, come quando ho iniziato, scio perché mi piace, ma se prima lo facevo guardando gli altri e sperando di ottenere qualcosa, di arrivare da qualche parte, adesso ho la consapevolezza di aver già ottenuto tanto e il lavoro è più a livello interiore, per capire come continuare e come crescere ancora di più. Il tutto però con il giusto equilibrio, perché nei primi anni di carriera per me c’era solo lo sport, era una sorta di ossessione, come atleta non mi accontentavo mai, non rendendomi quasi conto di quello che facevo, contava solo la vittoria. Oggi invece, pur rimanendo lo sci un aspetto fondamentale che condiziona ancora la mia vita, ho la consapevolezza necessaria per non perdermi tante altre belle cose e questo è anche grazie a Valon, perché da quando è arrivato lui ho capito che nella vita c’è anche altro».
E non è certo un caso che la conferenza stampa di ieri sia stata organizzata in vetta al Monte Brè... «Qui ho passato il giorno più bello della mia vita, quando ho sposato mio marito. Con lui vivo quasi sempre a Udine, ma il Ticino rimane casa mia, dove ho la famiglia, la mia migliore amica, i ricordi da bambina e mi piace sempre tornarci».
Alla domanda se con il calciatore dell’Udinese (in scadenza di contratto e la cui stagione si è già conclusa per un brutto infortunio) si sia trattato di un colpo di fulmine, la signora Gut-Behrami ride e sottolinea che «sono cose nostre, ma è stato uno spettacolo». Tanto che se le chiediamo come si vede tra dieci anni, risponde che «avrò ormai chiuso la carriera e sarò con Valon e la nostra famiglia da qualche parte. In questo senso il futuro lo vedo soleggiato, il post-carriera non mi fa paura, ma ammetto che ci penso spesso. Ne parlo anche con lui, che mi dice di non pensarci in quanto ho ancora tanti anni di attività davanti e che in ogni caso arriverà prima il suo ritiro. Mi dice di pensare a sciare e di continuare a esprimere quello che ho da dire sugli sci, ma è chiaro che da quando c’è lui è cambiata anche la visione del dopo carriera, perché sicuramente un giorno mi piacerebbe diventare mamma. Però ha ragione lui, ho ancora tempo, per cui penso a sciare».
Quella conclusasi prematuramente l’11 marzo con la caduta in allenamento prima delle finali di Soldeu – «adesso sto bene, ma sono stata fortunata» – è stata la peggior stagione di Coppa del mondo a livello di punti (356, due soli podi) dopo quella d’esordio per la ragazza di Comano, che non vince una gara dal 21 gennaio 2018... «Paradossalmente però è quasi più difficile gestire gli errori nei periodi in cui stai andando bene piuttosto che quelli che commetti quando già sei in difficoltà e cerchi di crescere. Perché viviamo di emozioni ed è lì che ti chiedi come mai, ma non è sempre evidente trovare una risposta. A 17 anni dopo aver vinto due medaglie (due argenti ai Mondiali di Val d’Isère 2009, ndr) volevo smettere, perché non mi sentivo libera e non trovavo piacere in quello che facevo. In quel momento mi sono resa conto che lo sci era diventato un lavoro e che quello comportava determinate situazioni che dovevo accettare. E visto che lo sci comunque rimaneva la mia passione, ho capito che dovevo crescere anche sotto quel punto di vista. Così come negli anni ho imparato che è normale vivere degli alti e bassi, per cui semplicemente ho preso atto di una stagione al di sotto delle aspettative e guardo avanti pianificando la prossima. E visto che è sempre possibile migliorare, è probabile che qualche piccola modifica verrà apportata».
A cominciare dalla separazione dallo storico (14 anni di collaborazione) preparatore atletico Patrick Flaction, mentre durante la preparazione estiva (solitamente svolta tra Sudamerica e Zermatt) Lara dovrebbe passare un periodo con gli specialisti della tecnica e un altro con i velocisti. Quanto al resto del suo team privato più volte criticato dall’esterno – in particolare quando, come gli ultimi due anni, i risultati hanno stentato ad arrivare –, la ticinese ha puntualizzato che «forse non sono stata brava io a mettere in chiaro sin dall’inizio che era ciò che mi rendeva forte. Alla fine in Svizzera sono io che ho vinto la Coppa del mondo generale (2016, ndr), che ho centrato più di venti vittorie (24) e che ho conquistato medaglie a Mondiali (5) e Olimpiadi (1). E se l’ho fatto è anche grazie al mio team e in particolare al mio allenatore, mio papà, di cui sono fiera e con il quale intendo proseguire. In ogni caso con la Federazione non ci sono litigi, ma discussioni. Capisco che Swiss-Ski debba cercare di fare il meglio per molti atleti, ma ciò non toglie che lo sci rimane fondamentalmente uno sport individuale e che di conseguenza richiede allenamenti individuali. Funziona così nelle nazioni e per gli atleti migliori e anche se so che a volte questo può costare energie e creare malumori, dobbiamo fare di tutto per vincere».