Decisivo per la strepitosa medaglia d’oro di Marco Odermatt il cambio d’assetto fra le due manche. ‘Parte del merito va ai consigli di Murisier’
Ci sono vittorie e vittorie. Quella ottenuta stamattina da Marco Odermatt è però di quelle speciali, non solo perché è una che vale una medaglia d’oro olimpica, ma anche e soprattutto perché dimostra una forza mentale incredibile. Non era facile infatti essere l’ultimo a partire nella seconda manche, da grandissimo favorito dall’alto delle quattro vittorie stagionali, dopo aver visto uscire De Aliprandini, Kristoffersen e Brennsteiner, vedendo Faivre che non era riuscito a resistere alla dirompente risalita di Zan Kranjec. E invece il fenomeno svizzero non ha tremato ed è andato a conquistare l’agognato oro. Agognato anche perché finora la rassegna olimpica di Odermatt era stata inferiore alle aspettative di tutti, ma dello stesso sciatore in primis, con un settimo posto nella discesa libera e un’eliminazione nel superG, risultati che hanno certamente contribuito ad aumentare ulteriormente la pressione sulle sue spalle. Egli stesso ha dichiarato che «Questo è un sogno che si avvera. Negli ultimi giorni si è scritto che non sapessi gestire la pressione. Poi è sempre anche un po’ una questione di opinioni».
E invece a Odermatt è venuto tutto naturalissimo, come se anziché ventiquattro anni ne avesse trentaquattro, come se avesse già alle spalle una sfilza di risultati di grande prestigio nei grandi eventi e come se le condizioni atmosferiche fossero ideali. La realtà è invece diversa: innanzitutto Odermatt è alla sua prima esperienza olimpica e se ne torna immediatamente a casa con una medaglia del metallo più prezioso (Beat Feuz e Lara Gut-Behrami insegnano quanto questa attesa possa essere lunga), c’è invece qualche esperienza ai Mondiali ad Åre e Cortina d’Ampezzo senza grandi risultati (un dodicesimo e un undicesimo posto in superG, un decimo e un’eliminazione in gigante, un quarto in discesa e un undicesimo nel parallelo), lasciando così delle incertezze sulla capacità del nidvaldese di rendere al meglio nei grandi appuntamenti. «Mi sono detto che le Olimpiadi non sono il mio unico obiettivo, se funziona bene, altrimenti pazienza. E ho pensato a Beat e Lara che hanno ottenuto l’oro olimpico soltanto alla loro terza partecipazione».
Infine le difficili condizioni atmosferiche, soprattutto nella prima manche, ma anche nella seconda, che Odermatt, non solo ha gestito, ma ha anche sfruttato a sua favore un accumulo di neve a lato della linea ideale, quando nella prima discesa ha commesso l’unico errore della sua gara, per recuperare rapidamente e aumentare ulteriormente il proprio ritmo e gestire la situazione tattica perfettamente da lì in avanti. Non deve nemmeno essere stato facile gestire l’ora e mezza supplementare di tempo fra la prima e la seconda discesa, posticipata per offrire le migliori condizioni possibili agli sciatori. Il successo di Odermatt è pertanto meritatissimo, in quanto è stato l’unico a proporre due manche costanti ai suoi migliori livelli, impareggiabili per tutti gli altri. Che c’hanno provato a immagine dello sloveno Zan Kranjec, molto bravo a risalire dall’ottavo posto della prima manche e che all’ultimo intermedio era dietro all’elvetico di soli quindici centesimi – alla fine lo scarto sarà di diciannove – mentre il medagliato di bronzo il francese Mathieu Faivre (campione del mondo in carica) è già a più di un secondo e tre decimi di distacco, nessuno ci è però riuscito, come già accaduto in quattro dei cinque giganti stagionali di Coppa del Mondo (nel quinto, casomai qualcuno dubitasse, Odermatt aveva chiuso al secondo posto).
«Nella seconda manche ho di nuovo rischiato tutto. Se avessi commesso un errore come nel superG, non sarei finito sul podio e si sarebbe detto che non abbia mantenuto i nervi saldi. Fra le due manche ho cambiato set-up scegliendo degli sci diversi e cambiando anche gli attacchi. Ci vuole del coraggio per fare una mossa del genere quando si è al parziale primo posto a un’Olimpiade. Ho deciso di cambiare seguendo anche il consiglio di Murisier, per cui una porzione di questa medaglia è sua. Prima di partire per la seconda manche non ho voluto sapere quale fosse il mio vantaggio, per evitare di rilassarmi, perché è in quelle situazioni che poi finisci quarto».
Insomma Odermatt è già nel gotha dei gigantisti, del resto scorrendo a ritroso l’albo d’oro dei vincitori olimpici si capisce perfettamente quale sia il livello necessario per primeggiare in questa gara: quattro anni fa si era imposto Marcel Hirscher, a Sochi era stata la volta di Ted Ligety, nel 2010 era già arrivata una vittoria svizzera firmata da Carlo Janka, mentre nel 2006 a Torino il successo era andato a Benjamin Raich. «Sono orgoglioso di proseguire sulle orme di Janka – ha dichiarato Odermatt –, perché per raggiungere una medaglia d’oro sono tantissime le cose che devono andare per il verso giusto. C’è bisogno di un allenatore, di un serviceman, il fornitore di sci, gli sponsor e ovviamente la famiglia. È incredibile quanto forte sia il supporto all’atleta».
Odermatt è intanto il quinto gigantista elvetico a laurearsi campione olimpico: prima di lui Janka, Max Julen (Sarajevo 1984), Heini Hemmi (Innsbruck 1976) e Roger Staub (Squaw Valley 1960).
E vista la già citata giovane età non è affatto escluso che questa possa non rimanere la sua unica medaglia d’oro olimpica in gigante. Musica del futuro, certo, ma nessuno in questo momento ha delle credenziali migliori delle sue per centrare un colpaccio, finora riuscito soltanto ad Alberto Tomba a Calgary nel 1988 e quattro anni dopo ad Albertville. Mentre per rimanere alla corrente stagione Odermatt ha ancora la possibilità di mettere in carniere anche la prima coppetta di specialità in gigante (già quasi certa) e la prima generale di Coppa del mondo (con buone possibilità di successo, visto il vantaggio sul secondo in classifica), mica noccioline.
Una vittoria che mette tutti d’accordo la sua, non solo perché è al momento è indiscutibilmente il più forte nella specialità, ma anche per quel giusto mix fra consapevolezza dei propri mezzi e umiltà, in questo ricorda un po’ Beat Feuz, non a caso uno dei suoi mentori in questi primi anni fra gli adulti, che lo rende praticamente universalmente apprezzato anche come persona. E allora tutti gli appassionati di sci, ma soprattutto, ovviamente, quelli svizzeri, sono contenti per la definitiva esplosione di un atleta che saprà illuminare la scena ancora per parecchi anni.
Chi avrà bisogno del sangue freddo di Odermatt è, in vista dello slalom, Loïc Meillard, eliminato nella prima manche (così come gli era accaduto nello slalom della combinata) e che dunque non ha ancora completato una gara in quel di Yanqing. Stessa sorte per Justin Murisier, mentre Gino Caviezel, pur senza incantare, ha chiuso con un buon settimo piazzamento, recuperando tre posizioni nella seconda manche, essenzialmente sfruttando gli errori altrui. Ma per una volta il risultato globale della squadra conta poco, pochissimo. Oggi è stata semplicemente la giornata di Marco Odermatt.