Bianconeri in marcia verso Friborgo dopo un sabato bipolare, tra tensione, euforia, paura e sconcerto. ‘Ora non siamo noi quelli che hanno da perderci’
Lugano – È la sconfitta più dolce o il trionfo più amaro? Proprio un bel dilemma, che attanaglia praticamente chiunque s’incontri nei corridoi che portano agli spogliatoi della Cornèr Arena. In un sabato davvero pazzo, bipolare persino. Pur se, nonostante tutto, il Lugano alla fine strappa quel punto di cui aveva assoluto bisogno per agguantare in extremis i preplayoff. In extremis, siccome nonostante l’impensabile 5-1 dopo 24 minuti di gioco alla squadra che a quel momento è ancora capolista, i ragazzi di Gianinazzi al tirar delle somme debbono ringraziare l’inatteso scivolone del Losanna (inatteso ma soprattutto clamoroso, visto cos’erano riusciti a combinare i vodesi negli ultimi due mesi di campionato), che permetterà loro di sfidare il Friborgo, da domani, per un posto nei playoff. Quelli veri.
E dire che fino a quattro minuti dalla fine, quando il risultato tra Lugano e Bienne era ancora sul 5-4 in favore dei ticinesi, l’avversario designato doveva essere il Berna. Poi, però, l’impensabile 5-5 di Lööv, al 56’53’’, ha cambiato le carte in tavola. «Non so se i ragazzi l’abbiano fatto apposta perché volevano giocare contro il Friborgo – scherza Luca Gianinazzi –. Di sicuro non è stata una mia idea (sorride, ndr). In ogni caso, secondo me a questo punto un avversario vale l’altro: i preplayoff servono solo per accedere ai playoff, ed è solo a quel punto che si giocherà per provare a vincere. Nella situazione in cui ci troviamo dobbiamo pensare a battere chi sta davanti, non importa chi sia. Ma è chiaro che essendoci qualificati come decimi, all’ultima giornata, per un punto, mentre il Friborgo ha perso all’ultimo il treno per i playoff, non siamo noi quelli che hanno qualcosa da perdere».
In fondo, una miniserie al meglio di tre partite potrebbe finire con lo svantaggiare la squadra che comincia in casa, perché sa che se dovesse perdere subito davanti al proprio pubblico già non avrebbe più diritto all’errore. «Naturalmente, se giochi in trasferta gara 1 e dovessi riuscire a vincerla, poi avresti subito un match point da sfruttare in casa tua. Tuttavia (esita, ndr) credo ci sia già un po’ troppo condizionale in questa frase».
Musica del futuro (prossimo), insomma. Anche perché, mentre stanno rispondendo ai giornalisti, allenatore e giocatori del Lugano sono ancora in dubbio se disperarsi o piuttosto gioire per quanto era successo poco prima sul ghiaccio. «Ci sono due parti distinte, dentro di me – aggiunge il coach –. L’una è estremamente arrabbiata, l’altra invece è felice perché siamo dove volevamo essere. Sinceramente, però, in questo momento è quella arrabbiata a prevalere. Diciamo che è il resto dello staff ad avermi aiutato a vedere le cose anche da un punto di vista positivo. E di positivo c’è che il nostro obiettivo era entrare tra i primi dieci e ci siamo riusciti».
Tuttavia, la cosa che tutti si chiedono è come sia possibile trovarsi in vantaggio di quattro reti dopo 24 minuti per poi farsi rimontare con tre gol in quattro minuti scarsi, tra il 52’32’’ e il 56’53’’... «È difficile dare una spiegazione. Anche in questo caso c’è una parte di me parecchio arrabbiata: siamo arrivati fin sul 5-1 contro un Bienne che lottava per il primato in classifica, e non è certo cosa da tutti, ma quando ti ritrovi a quel punto dovrebbe essere una situazione comoda, invece l’abbiamo resa scomoda noi: abbiamo smesso di mettere i nostri avversari sotto pressione, abbiamo concesso loro troppo spazio. E quando lasci giocare una squadra che ha un arsenale offensivo del genere, beh, abbiamo visto tutti qual è il risultato».
Il risultato, appunto, è che in un finale tanto concitato e drammatico, l’unico pensiero per i giocatori era riuscire a rimanere a galla. «Se credo di avere un potere in situazioni del genere? Un allenatore spera sia così, ma non sono sicuro che realmente ce l’abbia. Almeno, io la vedo così. Fai di tutto per cercare di avere un impatto su ciò che succede, nel tentativo di mantenere la partita sulla retta via, per così dire, ma l’hockey è talmente veloce e le emozioni sono così forti che a volte non si ha neppure il tempo per agire. Per me – conclude Gianinazzi – la cosa più importante è il lavoro che hai svolto in precedenza, anche se posso dire che in una serata tanto folle abbiamo mostrato una buona reazione quando loro nel finale hanno tolto il portiere. Nessuno se l’aspettava, perché sinceramente a nessuno di noi in panchina fregava qualcosa di cosa stesse facendo il Ginevra, ma quando ho visto che Törmänen stava togliendo il portiere, la mia prima reazione è stata quella di lanciare di là una borraccia...».
Se per ovvie ragioni sulla panchina bianconera nessuno si preoccupava di ciò che capitava alle Vernets, non altrettanto vale naturalmente per quanto succedeva in un Losanna-Zugo il cui risultato è stato semplicemente fondamentale, nell’epilogo di serata vissuto con la pressione a mille. «Potevamo soltanto erigere un muro» dice il centro della quarta linea Raphael Herburger. «È chiaro che quando si sta giocando una partita nessuno si mette a guardare cosa fanno le altre squadre, anche perché saperlo non porterebbe a nulla, però a un certo punto in panchina siamo venuti a sapere che il Losanna si trovava sotto 4-0. In quel momento, da qualche parte nelle nostre teste sapevamo che un punto sarebbe anche potuto bastare. Ma quando abbiamo visto che dal 5-3 si è passati al 5-4 e poi al 5-5 a tre minuti dalla fine, beh, potevamo solo blindare tutto. Sapevamo che da lì in poi non sarebbe più dovuto capitare nulla. Solo alla fine, pensando al peggio, mi sono detto che non poteva finire in quel modo...».
A quel punto, ogni disco scottava. «Dopo il terzo gol ci siamo resi conto di essere diventati nervosi, ma se devo essere onesto già in precedenza si poteva intuire che la partita sarebbe anche potuta cambiare. Infatti, dopo aver giocato in maniera eccellente la prima metà partita, ho avuto la sensazione che il Bienne si facesse sempre più pericoloso...».
Pericoloso al punto da riuscire a riaprire del tutto una partita che poteva finire malissimo sul serio. Cosa che Raphael Herburger non si sarebbe mai perdonato, anche perché dopo essersi già illustrata durante il derby alla Gottardo Arena, nel primo tempo è stata proprio la sua linea ad aver suonato la carica: senza la sua invenzione dietro la gabbia a beneficio di Marco Zanetti, dopo il fulmineo 1-0 di Kessler alla prima puntata offensiva dei Seeländer, chissà come sarebbe proseguita la partita. «Io e Julian sappiamo cosa significhi l’hockey da playoff – aggiunge il trentaquattrenne attaccante –. Spero che adesso tutti giocheranno allo stesso modo, perché sono i dettagli a decidere quel tipo di partite. Se tutti faranno come Julian potremo andare lontano: nei playoff dobbiamo fare pochi errori, anzi nessun errore, è così che saremo in corsa».