Cinque schiaffi nel primo tempo, triste primato di una partita che si spegne subito. Gianinazzi ‘Probabilmente, un domani gestirei la cosa diversamente’
Lugano – Negli spogliatoi sguardi bassi, qualche smorfia e un silenzio tombale, mentre dalla pista riecheggia il «Luca, Luca!» intonato da un gruppo di ragazzini all’indirizzo di un Gianinazzi costretto a mettere la faccia davanti alle telecamere, dopo una serataccia che più serataccia non si può. Sul piano della prestazione, delle occasioni sprecate e, naturalmente, pure della classifica. «All’inizio non eravamo pronti – ammette il tecnico bianconero –. Ed è chiaro che se non vinci i duelli nel terzo difensivo ti esponi tantissimo e poi paghi a caro prezzo gli errori che commetti». Tanto che dopo nemmeno venti minuti il risultato è già sul 5-0, tra l’altro con Koskinen in pista fino al quinto gol. «È palese, Mikko non ha ricevuto alcun tipo di supporto da parte dei compagni: lui ne ha pagato le conseguenze, e noi di questa situazione non siamo contenti». Nemmeno il portiere finlandese, comunque, visto che stavolta Koskinen preferisce non parlare ai giornalisti. «Per quanto mi riguarda, su questo non ho nulla da dire», aggiunge Gianinazzi.
Tutti, però, si chiedono come mai lo staff tecnico bianconero dopo il 3-0 abbia deciso di non chiamare il timeout. «È una decisione che devi prendere in base al feeling che hai in quel momento – spiega –. Il timeout è un’arma che normalmente decidi di non utilizzare subito, infatti credi sempre di poter tornare in partita e potresti averne bisogno nel finale. Di sicuro, è andato tutto così veloce: probabilmente, un domani una situazione del genere la gestirei diversamente».
Sta di fatto che, dopo una serata del genere, sul fronte bianconero anche la classifica ha cambiato un po’ faccia. «Cosa mi passa per la testa adesso? Sinceramente non saprei cosa rispondere... – dice Luca Fazzini, guardando nel vuoto –. Prendiamo un gol subito, poi arrivano quelle due reti in quattro minuti di boxplay, e la partita finisce lì. Non capisco: quando la sfida è aperta o siamo in vantaggio siamo un’ottima squadra, invece quando prendiamo subito dei gol in entrata di tempo non riusciamo mai a reagire».
Da questo punto di vista, l’inizio di Lugano-Friborgo è davvero esemplare: al di là del fulmineo vantaggio di Bertschy, la squadra di Dubé ragiona più in fretta quando ha il disco, al contrario di un Lugano che quel ritardo non riesce mai ad annullarlo, e il risultato sono i dischi pasticciati nella sua metà pista e il cattivo tempismo al momento del tiro in quella del Friborgo. «Dobbiamo capire qual è il problema: non è la prima volta che dopo una serie di vittorie torniamo a casa e non riusciamo a mettere sul ghiaccio una prestazione buona».
Nell’era playoff, mai il Lugano aveva incassato 5 gol nel primo tempo sul ghiaccio di casa, ma al di là di ciò che dicono le statistiche, il dato che salta all’occhio è la totale inefficacia del boxplay: 6 gol incassati in altrettante penalità tra i tre tempi di Rapperswil e il primo contro il Friborgo... «Certo, c’è da lavorare. Ma in generale c’è da lavorare su tutto ciò che concerne gli special teams: sia in powerplay, sia in boxplay dobbiamo fare dei passi avanti, e dobbiamo farli all’istante».
C’è chi fischia, chi si tiene la testa fra le mani e chi invece rimette la giacca e lascia il proprio posto sugli spalti, apparentemente con l’intenzione (per stavolta) di non tornare più. Eppure, a quel momento il cronometro della Cornèr Arena indica che sono passati appena 18’51’’ dall’inizio di un Lugano-Friborgo che pare un incubo più che una partita di hockey. In un martedì in cui, oltretutto, gli spalti sono meno pieni del solito (4’476 i paganti, mentre la media è di 5’043) e in cui più passa il tempo, più la serata si fa lugubre. Finché cala la notte. Sul Lugano e su un Mikko Koskinen che è l’ombra di sé stesso: uno, due, tre, addirittura quattro gol in tre minuti e otto secondi. È solo a quel punto che, infine, Gianinazzi passa all’azione, togliendo un po’ di pressione dalle spalle del malcapitato finlandese, che dà l’impressione di non saper più da che parte voltarsi, e dopo aver provato – invano – a frantumare il proprio bastone, se ne torna negli spogliatoi con una percentuale di parate del 64,29%. No, nessun errore: di 14 tiri in porta, 5 gli finisco alle spalle, e non ci sarebbe da meravigliarsi se non gli fosse mai capitata una percentuale tanto bassa in carriera. Così, nonostante 5 partite giocate negli ultimi 9 giorni, Niklas Schlegel è nuovamente in pista. Oltre che nuovamente in testa alla gerarchia dei portieri: per la gioia del 28enne zurighese, il quale avrebbe però fatto a meno di guadagnar punti in quel modo.