È lo svedese il giocatore più impiegato da Serge Pelletier, che alla Bcf Arena si presenta portando in dote la doppietta realizzata domenica
Nella rosa di Serge Pelletier è di gran lunga il più impiegato. Dall’alto dei suoi 25 minuti e otto secondi, Tim Heed precede di oltre quattro minuti Thomas Wellinger, il secondo di questa speciale classifica. Segno che per il tecnico canadese, il difensore svedese rappresenta una pedina fondamentale sullo scacchiere bianconero. Sbarcato in riva al Ceresio a inizio settembre con un contratto inizialmente valido fino a metà novembre, a suon di solide prestazioni il 30enne nativo di Göteborg ha saputo meritarsi l’estensione dell’accordo fino al termine della stagione, portando in pista tanta concretezza e... numeri. Quelli che già gli erano valsi da giovanissimo la distinzione di miglior realizzatore tra i difensori U20 del campionato svedese con la maglia del Södertalje, e che ora ne fanno addirittura il quarto miglior realizzatore dei bianconeri, con un bottino personale di 15 punti (8 reti e 7 assist) in 25 partite; il secondo per reti segnate tra tutti i difensori di National League, dietro solo al ’grigionese’ Nygren e a pari merito con il ’ginevrino’ Tömmernes.
«A Lugano ho trovato la mia sistemazione ideale – racconta Heed –. Sono arrivato qui non sapendo se ci sarei rimasto per tutta la stagione o se solo per un paio di mesi, ma fin da subito mi sono trovato bene. Sono contento di poter restare fino al termine del campionato: mi ritengo fortunato per questa opportunità; Lugano è un bel posto per vivere e per giocare a hockey».
Ad accomunarlo a Eliot Antonietti, oltre al ruolo nella squadra, c’è anche la data di nascita: entrambi sono infatti nati il 27 gennaio. Ma se Antonietti mercoledì di candeline ne ha spente 29, Heed ha fatto cifra tonda. Trenta giuste giuste per lui: sebbene arrivati un paio di giorni dopo, l’assist collezionato con il Losanna e i due gol contro il Rapperswil sono stati una sorta di regalo di compleanno che lo svedese s’è voluto fare... «Sì, in un certo senso possiamo anche definirli un regalo – ride –. Eliot mi aveva detto il giorno prima che il 27 sarebbe stato il suo compleanno... Un party assieme? No, non l’abbiamo fatto; del resto di questi tempi non possiamo certo permetterci festini particolari. Ho festeggiato a casa, con mia moglie e i miei figli».
La leggera commozione cerebrale he l’aveva costretto allo stop forzato a metà gennaio non ha ostacolato più di tanto la sua progressione e, anzi, dal suo rientro Tim Heed sembra addirittura aver ingranato la marcia superiore, con la doppietta di domenica contro il Rapperswil condita dai due assist collezionati nelle quattro partite giocate dal suo comeback. E, guarda caso, l’inizio dell’attuale striscia di successi consecutivi dei bianconeri è coincisa proprio col suo ritorno sulle piste. «Sì, nelle ultime partite le cose sono andate molto bene per me. Non so dire se quello stop forzato mi abbia in un certo senso aiutato, ma di certo è che dover stare a margine della competizione per qualche match e guardare i miei compagni mi ha permesso di farmi un’idea più concreta delle varie dinamiche di gioco, e al rientro, di ritrovare la giusta collocazione in squadra. Poi, col passare del tempo, gli automatismi si perfezionano; il modo in cui stiamo giocando come squadra in questi giorni rende tutto un po’ più semplice, anche per me. È vero, nelle ultime partite mi sono sentito più coinvolto nella nostra manovra e questo ha fatto sì che il mio nome figurasse più volte fra i realizzatori di giornata, cosa che non può che farmi piacere. Ora dobbiamo andare avanti così, cercando di continuare la nostra progressione: se lo sapremo fare, potremo diventare in tutto e per tutto una squadra pericolosa per ogni avversaria».
Cosa significano per voi questi quattro successi consecutivi? «Tutto e niente. Perché prima di questo filotto avevamo subìto tre sconfitte contro tre squadre di vertice (Zurigo, Zugo e Davos, a cui va aggiunto pure il passo falso a Rapperswil, ndr). Ma è comunque un chiaro segno che c’è stata una reazione dopo quel passaggio a vuoto, e che la tendenza è mutata. Adesso dobbiamo andare a caccia dei risultati contro le squadre più quotate: questo non è il momento per fermarsi, ma per continuare a spingere per progredire ancora». Domani a Friborgo, in quest’ottica, vi attende un altro importante esame di maturità... «Sì, è una sfida che per certi versi viene al momento giusto: stiamo giocando piuttosto bene in questi giorni e dunque siamo pronti per affrontare una delle migliori squadre del nostro campionato, soprattutto sul piano offensivo. Nelle ultime partite il Gottéron ha segnato molte reti (13 tra venerdì e domenica), per cui dovremo prima di tutto chiudere i varchi in difesa, e poi essere creativi davanti. A mio modo di vedere sono queste le chiavi con cui dovremo affrontare il confronto».
Vittorie a parte, le ultime uscite del Lugano hanno comunque evidenziato un discreto margine per poter ancora migliorare. Dove in particolare? «Un po’ dappertutto: piccoli correttivi ce ne sono sempre da fare, in ogni settore. In difesa, ad esempio, non sempre giochiamo con la giusta aggressività e applicando alla lettera il sistema provato in allenamento. Bene invece ce la stiamo cavando nel gioco con l’uomo in meno, e questo ci dà un bel colpo di mano per vincere le partite. Quello che va invece migliorato è il nostro powerplay, che nelle ultime uscite non ha reso a sufficienza: ecco, questo è un aspetto che possiamo sicuramente migliorare».