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Il prezzo di una partita che non ci sarà

Quanto paghereste una finale della Svizzera? Due avvocati di Berna hanno una risposta. Mentre un tifoso di 5 Nazionali diverse non ha più di che tifare

‘God save the king’. Ah, no
(Keystone)

Beat e Steffen vengono da Berna, fanno entrambi gli avvocati e hanno comprato il biglietto su uno di quei siti di “secondary ticketing” a prezzo gonfiato che stanno alleggerendo le tasche degli appassionati di calcio di mezza Europa. Non dicono quanto l’hanno pagato, ma quanto pagherebbero (o meglio, ora che sappiamo com'è andata, quanto avrebbero pagato) un’eventuale semifinale o finale della Svizzera. Per Beat 2’000-2’500 franchi “potrebbero andare, d’altronde non siamo né la Francia né la Spagna che ci arrivano spesso”, mentre Steffen è categorico: “Una cosa del genere non ha prezzo, quel che c’è da pagare”. Non accadrà. Ma Steffen troverà il modo di spendere i suoi franchi altrove, visto che da grande appassionato di calcio e di stadi ha messo nel mirino una visita alla mitica Bombonera di Buenos Aires, lo stadio del Boca Juniors.


Roberto Scarcella
Oltre la rivalità

Li ho conosciuti alla birreria Schumacher di Düsseldorf, stracolma di tifosi svizzeri a tal punto che il cameriere ci ha fatto condividere il tavolo. Loro all’inizio hanno fatto resistenza, non volevano sedersi, perché secondo loro ero inglese. Me lo hanno chiesto due volte, e dire che i miei tratti somatici c’entrano così poco con quelli britannici che negli anni mi sono sentito dare dell’italiano (giusto), dello spagnolo, del francese, del portoghese (tantissimo del portoghese), del marocchino, dell’arabo, del cileno, del brasiliano e dell’argentino. Ma inglese mai. Non so se questa cosa della fisiognomica sia un problema se fai l’avvocato, ma a giudicare da quanto sarebbero disposti a spendere per una partita di calcio, direi di no.

Come la birreria Schumacher, tutte le altre Brauhaus che circondano il centro storico sono feudi svizzeri, con tavolate in cui spicca sempre il rosso. Il centro invece è stato invaso dagli inglesi, con un rapporto di tifosi di 100 a 1, come da cliché molti sono ubriachi già dal mattino se non dalla sera prima. Spiccano le magliette con l’8 e il nome Gascoigne, ma per i nostalgici ci sono anche i Lineker, gli Shearer, i Lampard, i Rooney e anche la bellissima maglia della Admiral di inizio Ottanta, forse quella che ha portato la modernità tra le divise delle Nazionali.


Roberto Scarcella
Dan e Mike da Londra, uno con la maglia di Lampard, l’altro di Gascoigne

Intorno a loro e a passeggiare tra loro, facendosi notare in lunghe file come a dire “guardate che siamo qua e siamo tanti”, c’è la polizia: mai vista in presenza così massiccia e invasiva dall’inizio dell’Europeo. L’atmosfera, anche quando l’alcol la fa degenerare, non sfocia mai in violenze. Anche se chi provoca sottilmente c’è, come Niall, un irlandese che vive a Düsseldorf e ha rispolverato la maglia della sua Nazionale con il trifoglio e la scritta Opel. Gli chiedo se la mette spesso e mi risponde: “Mai, ma questa era un’occasione troppo ghiotta per far incazzare gli inglesi”.

Allo stadio si rivedono gli svizzeri – comunque in netta minoranza –, tra cui Paolo, figlio di un italiano e una ticinese, felicemente trasferito da anni a Colonia e sposato con una donna metà portoghese e metà belga. Sconsolato dice: “Ancora agli ottavi di finale in famiglia avevamo la possibilità di vincere l’Europeo con cinque squadre diverse. Ne è rimasta una, quella forse più inattesa”. No, Paolo, non è rimasta nemmeno quella.


Roberto Scarcella
Tifosi svizzeri fuori dallo stadio di Düsseldorf

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