Due squadre che hanno saputo cambiare pelle si sfidano nei quarti di finale. I tedeschi temono Lamine Yamal e un record negativo che dura da 36 anni
Il tempo misura tante cose, per non dire tutto, nelle vicende umane. Nel caso di Germania-Spagna (oggi alle 18 a Stoccarda per il quarto di finale più finale di tutti) svela una serie di distanze non solo tra le due avversarie, ma anche all’interno delle Nazionali stesse, che negli anni hanno cambiato pelle tante volte, modificando l’anima profonda del proprio gioco.
La Spagna delle Furie Rosse, quella che prometteva sempre e non vinceva mai (e con nomi di centravanti che sembravano usciti da vecchi racconti di hidalgos come Santillana o “El Buitre” Butragueño). Il tempo lo perdeva dietro corse a perdifiato che la stroncavano come e più degli avversari. Poi arrivò – traslato dal Barcellona di Guardiola – il momento del tempo sospeso, di quel tiqui-taca che giocava a incantare orologi e difese altrui. Il trucco riuscì, poi come tutti i trucchi – si è fatto vecchio: e poi un conto è se i prestigiatori sono Xavi e Iniesta (due Houdini del pallone), un conto se ci metti qualcun altro. Il ct spagnolo De La Fuente l’ha capito e ora la Spagna il tempo prova ad anticiparlo, abiurando il palleggio insistito, verticalizzando e usando come armi letali le sue ali dribblomani, Nico Williams e Lamine Yamal, due che – a proposito di tempo – hanno insieme 37 anni in due: 21 il primo, 16 il secondo (che in teoria non potrebbe nemmeno giocare l’Europeo dopo le 23 – e quindi nei minuti finali di eventuali semifinale e finale – se non con una deroga, in quanto per le leggi tedesche su lavoro minorile è troppo giovane per esibirsi la sera).
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La Spagna già in gol 9 volte, ma manca un centravanti che segni tanto
Le loro età sommate fanno quella del ct tedesco Julian Nagelsmann, 37 anni a fine luglio (il portiere Manuel Neuer ne ha 38). Anche Nagelsmann è un predestinato, ma della panchina: quasi un’anomalia come ct (Yakin, che passa per giovane, ne ha 51, Deschamps 55, Koeman 61, Spalletti 65): infatti, nella gara d’esordio con la Scozia ha battuto il record di selezionatore più giovane degli Europei: 36 anni e 327 giorni. Andando ancora più a ritroso col tempo, quando Nagelsmann è nato, nel 1987, il ct spagnolo De la Fuente (63 anni) era già nella fase discendente della carriera: il meglio lo aveva dato con quei due incredibili campionati vinti nel 1983 e 1984 con l’Athletic Bilbao, da basco tra i baschi (d’altronde, lì, quella è la regola).
Il tempo, la Germania di Nagelsmann prova invece a confonderlo, accelerando e decelerando, dando spazio e libertà ai suoi giocatori di maggior talento: Musiala e Sané portando a spasso il pallone, Wirtz e Kroos, lanciandolo negli spazi. Proprio il ballottaggio negli undici tra Sané e Wirtz (su cui Nagelsmann non si pronuncia) sposterebbe gli equilibri tra una Germania più incline all’incursione o all’imbucata. Di certo, parola del ct tedesco, la Germania presserà alta: una mossa che serve, in caso di recupero della palla, a provare giocate rapide vicino e dentro all’area spagnola, dove la difesa, nonostante un solo gol subito (dalla Georgia), si è mostrata non solidissima. Da una parte la tecnica di alto livello dei tedeschi potrebbe mandare in tilt i centrali spagnoli (ed è anche il motivo per cui il manovriero Havertz viene preferito al centravanti vecchia maniera Füllkrug, in gol nel recupero contro la Svizzera), dall’altra Nagelsmann dovrà capire quando e come sfidarli in campo aperto, magari dopo aver fermato un’avanzata spagnola (alla domanda sulla pericolosità di Lamine Yamal si stava facendo sfuggire un “inarrestabile”). Le corse dei georgiani nell’ottavo hanno mostrato tutte le fragilità di Laporte e Le Normand a difendere ad alta velocità. E qualcosa in quel senso Nagelsmann lo penserà, cercando allo stesso tempo di tenere fede ai propri principi in fase di possesso, ovvero a quel 3-2-5 alto (Kroos che scende tra i due centrali, i terzini che si alzano, Andrich che corre per tutti) che aveva incantato contro gli scozzesi e permesso di battere in amichevole, e a domicilio, la Francia.
L’altro dubbio di formazione è quasi un dettaglio, ed è il terzino sinistro: Mittelstädt o Raum. Il primo, dopo un pessimo primo tempo con la Svizzera è stato rimpiazzato dal secondo, che è poi stato confermato nell’undici titolare nell’ottavo con la Danimarca. Anche Mittelstädt ha una bella storia dettata dal tempo, un anno fa era retrocesso con l’Hertha Berlino e la Nazionale non l’aveva mai vista, se non in tv. Passato allo Stoccarda ha fatto la stagione della vita e si è guadagnato un posto da titolare in primavera a 27 anni già compiuti.
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Il ct tedesco Nagelsmann abbraccia Neuer
In corsa, Nagelsmann può usare ancora Füllkrug o giocarsi la carta Müller: il talismano del Bayern mostra i segni del tempo che passa, ma ha nelle corde la giocata risolutiva (un assist nei pochi minuti giocati contro la Scozia).
Per De la Fuente, la panchina - in caso di necessità - offre alternative che non abbassano la qualità complessiva: basti pensare a Oyarzabal, Ferran Torres e Dani Olmo. Anche lui ha il suo Füllkrug, e cioè Joselu, l’uomo che - entrando all’81’ - ha cambiato i destini del Real Madrid con una doppietta in tre minuti al Bayern Monaco in Champions League. Anche qui è Spagna contro Germania, e anche qui potrebbe risolvere partendo dalla panchina. Chissà quanto è scaramantico De la Fuente messo alle strette.
Se la Germania ha due dubbi di formazione (in difesa dovrebbe rientrare Tah, squalificato con la Danimarca, a fare coppia con Rüdiger), la Spagna pare non averne e giocherà con lo stesso undici della partita con la Georgia (già schierato con l’Italia prima del turnover quasi totale con l’Albania). Spazio al centro dell’attacco a Morata, che non si capisce quanto sia una soluzione obbligata.
A dispetto dei 9 gol segnati, una problema di finalizzazione la Spagna ce l’ha, anche perché Nico Williams deve aggiustare la mira (è capace di grandi gol ed erroracci) e non si può chiedere a Lamine Yamal di fare tutto. Sotto porta la loro parte la possono fare anche Pedri, Rodri e Fabian Ruiz: gli ultimi due sono anche già andati in gol.
Rodri segnò anche nel 6-0 che la Spagna rifilò ai tedeschi nel 2020, una macchia rimasta, anche se a onor del vero – se giocherà Sané – dei tedeschi saranno rimasti solo in 4 tra quelli in campo quattro anni fa: lui, Neuer, Gündogan e Kroos. Per il centrocampista del Real Madrid, che ha già annunciato il suo ritiro a fine Europeo, in caso di sconfitta si tratterebbe della sua ultima partita. Una vittoria dei padroni di casa, oltre a far restare Kroos un calciatore ancora per qualche giorno, permetterebbe ai tedeschi di tornare alla vittoria contro la Spagna in una gara ufficiale dopo ben 36 anni (2-0, doppietta di Völler): si giocava l’altro Europeo disputato in Germania, ancora Ovest. C’erano ancora il Muro e – dall’altra parte – la Germania Est, dove vivevano i genitori di Kroos, a Greifswald. Ma lui non c’era, sarebbe nato nel 1990, l’anno del Mondiale vinto in Italia e della riunificazione.
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Ultima partita per Toni Kroos?
Didi, ultima chiamata Ronaldo per la storia
Cristiano Ronaldo ha già pianto in mondovisione, dopo il rigore sbagliato contro la Slovenia, mostrando il lato romantico del suo approccio robotico al calcio. Dopo centinaia di gol è servito un errore per renderlo umano: funziona sempre così. Ora resta da capire cosa ha ancora da dare questo giocatore alla soglia dei quarant’anni che ha la fame di uno quindici e l’egocentrismo di uno di cinque. Sembra che il Portogallo non possa comunque farne a meno, dopo un Mondiale da sopportato. Lui alla ricerca del suo record (almeno un gol segnato in sei Europei differenti), il Portogallo alla ricerca del bis del 2016: come se una cosa non possa esistere senza l’altra, si continua anche se si ha l’impressione che senza quell’enorme totem al centro si starebbe tutti più comodi. Eppure non si può immaginare la sfida alla Francia senza di lui, che infatti ci sarà (qualche dubbio in più il ct Martinez ce l’ha sul deludente Rafa Leao).
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Ronaldo chiede scusa dopo il rigore sbagliato
Chi invece, in panchina e nelle interviste, non si scompone mai è Didier Deschamps, su cui scivola ogni critica. Certo, fa il ct ormai da dodici anni (fu nominato l’8 luglio 2012) e sa come si fa. Eppure a volte viene il dubbio che no. La sua Francia, rispetto ai talenti che ha in squadra, è forse la più grande delusione dell’Europeo. Manca il gioco, mancano le idee, manca persino Mbappé, che nel frattempo si è rotto il naso e ancora non ha segnato. L’ennesima gara a scartamento ridotto, con il Belgio, sembra poter riportare in campo Dembelé, mentre si cerca una collocazione per Griezmann, uno dei giocatori più sottovalutati dell’ultimo decennio che – in queste ultime partite – sta facendo di tutto per dare ragione ai suoi critici. Stando alle ultime, Deschamps punterà ancora su di lui e sull’imprescindibile Kanté, mentre rischia Rabiot. Ma serve un giro palla più rapido e qualche idea che non sia pallone a Mbappé (o a Dembelé) e vediamo che succede. Dietro i francesi sembrano più fragili di quanto non dicano i gol subiti (uno, su rigore) e il Portogallo ha abbastanza armi per fare male, con o senza Ronaldo.
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Mbappé e la sua maschera