CALCIO

Kacper Przybylko, di ostico c'è solo il nome

Il nuovo attaccante del Lugano è pronto a mettersi al servizio della squadra, con umiltà ma anche con la consapevolezza di possedere i mezzi per sfondare

5 marzo 2024
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”Always Believe In Yourself”, credi sempre in te stesso. Il braccio destro di Kacper Przybylko, colui che tutti sperano possa diventare il nuovo bomber dell’Fc Lugano, è una sorta di storyboard della sua vita, sul quale spiccano tatuaggi relativi alla moglie e ai figli. E non è tutto, perché appena più in basso, fanno bella mostra il simbolo dei doni della morte, il cappello parlante e un paio di occhiali stile “maghetto più famoso del mondo”... «Non me ne vergogno – racconta il quasi 31enne tedesco –, sono cresciuto con i libri di Harry Potter, ne sono rimasto affascinato sin dal primo. Ma ovviamente, la parte più importante è quella che concerne la mia vita personale, la mia famiglia. E riveste un significato particolare pure la scritta che mi sono fatto tatuare sull’avambraccio, in effetti il mio primo tattoo in assoluto. È il motto che riassume la mia filosofia. Nel mondo del calcio non è mai facile trovare chi davvero crede nelle tue capacità: l’unico che lo può fare sei tu stesso. Questo tatuaggio racchiude le due massime da sempre alla base della mia vita, perché basta nascondere il finale della parola “believe” e la frase si trasforma in “Sii sempre te stesso”. Una filosofia alla quale non intendo venir meno».

Kacper “The Friendly Ghost”, come era soprannominato quando giocava negli Stati Uniti, con evidente riferimento al fantasmino Casper, è nato a Bielefeld da genitori polacchi trasferitisi in giovane età in Germania. Ha un gemello e un fratello più grande, entrambi sportivi (il primo è calciatore semiprofessionista in Austria, il secondo è campione d’Europa di salto in alto), una moglie, due figli, un cane e ha colto senza voltarsi indietro la possibilità di tornare in Europa… «Sia da parte mia, sia da parte dei Chicago Fire si percepiva l’esigenza di una separazione, per cui ero alla ricerca di una sistemazione quando si è aperta la porta che conduceva a Lugano. Una porta che ho imboccato al volo, senza esitazioni. E senza parlarne con Allan Arigoni e Maren Haile-Selassie che a Lugano hanno giocato e avrebbero potuto darmi qualche consiglio. Da quando si è palesata l’opportunità a quando il trasferimento si è concretizzato tutto si è svolto molto in fretta».

Dall’alto dei suoi 192 centimetri, Przybylko non vede quello appena compiuto come un passo indietro nella sua carriera. Anzi, secondo lui, «non esistono passi indietro, ma soltanto opportunità per nuove sfide e nuove conoscenze, calcistiche e culturali. Per me si è trattato dell’occasione giusta per tornare in Europa. Qui ho trovato un ottimo livello e spero vivamente di poter dare il mio contributo alla causa bianconera. Se possibile, aiutando la società a qualificarsi per le Coppe europee, un traguardo che sento nel profondo e che, non lo nego, è stato una delle motivazioni alla base del trasferimento».

Il 25 marzo, Kacper taglierà il traguardo delle 31 primavere e, come si usa dire sulla sponda occidentale dell’Atlantico, si ritrova “dalla parte sbagliata dei 30”... «Se questa sarà la mia ultima tappa professionale? E chi può dirlo. Tra pochi giorni avrò 31 anni, ma per me questo non è che un numero. Sono al top della condizione fisica, negli ultimi anni non ho mai subito infortuni gravi e mi sono sempre fatto trovare pronto quando le circostanze lo hanno richiesto. Forse Lugano sarà il mio ultimo club, o forse no. Dipenderà in primis dalla qualità delle mie prestazioni».

Per il momento, l’attaccante tedesco ha sottoscritto un contratto valido fino all’estate del 2025… «E nelle mie intenzioni, potrebbe andare ben al di là di quella data. L’obiettivo, prendendo in considerazione pure la prossima stagione, è di giocare il più possibile. In questo momento capisco e accetto il ruolo di jolly, tuttavia è mia intenzione far sì che nel giro di poche settimane l’allenatore si ritrovi in una situazione di abbondanza di attaccanti in grado di scendere in campo dal primo minuto».

La sua imponente statura lascerebbe supporre la classica punta forte di testa, ma un po’ impacciata nei movimenti. Niente di più sbagliato, a detta del diretto interessato… «Ovvio, sono un attaccante possente, bravo di testa e tuttavia mi faccio rispettare anche dal profilo tecnico: so difendere bene palla e distribuire il gioco. Inoltre, possiedo una spiccata facilità di corsa. A Lugano arrivo portando nel mio bagaglio un’esperienza ad alti livelli che in questo gruppo non tutti possiedono. Caratteristiche che, spero, possano aiutare a raggiungere quello che, di domenica in domenica, è l’obiettivo principale: i tre punti».

Il primo ostacolo da superare sarà la concorrenza di Vladi e Celar… «Al momento mi trovo nella situazione di dover spingere oltre i loro limiti due attaccanti che si stanno già comportando molto bene. Sono qui da poco, per cui devo imparare a conoscere entrambi, ma mi piacerebbe se un giorno la squadra giocasse con due punte, perché penso di poter dare il meglio con un compagno al fianco. La concorrenza c’è ed è di qualità, per cui mi toccherà lavorare per farmi spazio tra Shkelqim e Zan e costringere Croci-Torti a compiere delle scelte. Di una cosa sono sicuro: quando verrò chiamato in causa, saprò farmi trovare pronto».

Per il momento, l’apporto di Przybylko alla causa bianconera si è limitato agli ultimi sei minuti dei quarti di finale di Coppa Svizzera. E, tutto sommato, per esordire vi sono modi peggiori di una vittoria ai rigori… «È stato bellissimo e ringrazio tutti per il solo fatto di aver potuto partecipare alla trasferta ed essere sceso in campo. Provo a godermi ogni minuto di gioco concessomi e sono pronto a festeggiare come ho fatto a Basilea qualsiasi vittoria arrivi, sia essa in campionato oppure in Coppa. I rigori? Ho sulle spalle troppa esperienza per pensare di potermi rifiutare. È mia abitudine assumermi le mie responsabilità, per cui se mi si chiedesse di andare sul dischetto, magari al posto di un compagno che non se la sente, non avrei difficoltà a mettermi a disposizione».

Sabato a San Gallo, Kacper affronterà Lukas Görtler, già suo compagno di squadra al Kaiserslautern. Lo stratega dei biancoverdi in Svizzera era arrivato nel 2019, mentre Przybylko ha dovuto attendere fino al 2024… «Innanzitutto, voglio congratularmi con Lukas per il successo che sta ottenendo in Super League. Per quanto mi riguarda, avevo deciso di andare negli States in quanto reduce da un brutto infortunio a un piede, a seguito del quale ero stato bollato come calciatore finito, senza possibilità di tornare ai massimi livelli. Un destino che non avevo voluto accettare e per questo mi ero trasferito a Philadelphia, dove avevo incontrato persone che ancora credevano in me e che mi avevano dato la possibilità di rimettermi in gioco (80 partite, 34 reti e 13 assist, ndr). Una decisione azzeccata, grazie alla quale ho recuperato perfettamente dall'infortunio e sono tornato in Europa al top della condizione».

Dalle metropoli statunitensi – Philadelphia e Chicago – a una cittadina ticinese, il passo non è affatto breve… «Sono contento che questa realtà sia più piccola rispetto a quelle vissute negli ultimi anni, anche perché una città di milioni di persone non è l’ideale per crescere due bambini piccoli. Per quanto riguarda la lingua, ho ovviamente imparato l’inglese, poi ho studiato per cinque anni il francese e conosco abbastanza lo spagnolo, per cui riesco a intuire qualcosa anche in italiano. Sto prendendo lezioni e intendo impararlo il più in fretta possibile. Quando mi immergo in una nuova realtà, mi piace iniziare proprio dalla lingua, per cui datemi tre o quattro mesi e la prossima intervista la farò in italiano».

A Chicago ha avuto la possibilità di conoscere da vicino Xherdan Shaqiri… «Il suo impatto è stato notevole, dall’alto del suo carisma ha costretto tutti a compiere step ulteriori e ha aiutato la franchigia a crescere. Tecnicamente non lo si può discutere, con il piede sinistro fa quello che vuole. Per quanto riguarda lo Shaqiri uomo, cito un solo esempio. Quando è arrivato ai Fire, il capitano era il 38enne Johnny Bornstein e Xherdan, davanti a tutta la squadra, si è rivolto a Johnny dicendogli: “Tu per me sei un esempio”. L’ho trovato un gesto di grande sensibilità, da parte di un giocatore in arrivo dai massimi livelli del calcio mondiale: ha voluto elogiare il capitano della squadra per la sua lunga carriera e per l’ascendente positivo sui compagni di squadra. Non tutte le “star” arrivano in una nuova realtà con la stessa umiltà di Shaqiri e questo ha colpito non soltanto me».

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