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Talismano Valenzuela: ‘Mi sento importante, come tutti’

Con il rosarino in campo, quest'anno il Lugano ha perso solo due volte. Domenica per l'argentino sarà la ‘prima’ stagionale contro il Servette

31 maggio 2024
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La città dalla quale proviene è una garanzia, almeno sotto l’aspetto calcistico. Quella Rosario culla di decine di campioni, Messi e Di Maria su tutti, ha dato i natali anche a Milton Valenzuela. E questo, come biglietto da visita, potrebbe essere sufficiente. Dopo gli esordi nel Newell’s Old Boys, ha lasciato la “Lepra” per emigrare negli Stati Uniti, ma è con la maglia del Lugano che in questi ultimi due anni e mezzo ha conosciuto una crescita tale da portarlo a diventare uno degli uomini di mercato della società bianconera. Milton Valenzuela, 25 anni, è una delle carte più sicure in mano a Mattia Croci-Torti, una di quelle che una volta giocate sparigliano la mano. O anche una sorta di grimaldello in grado di scardinare le difese avversarie, perché il Crus gli ha ritagliato su misura un ruolo che lo vede laterale sinistro in fase di non possesso palla e centrocampista aggiunto quando il pallone lo controllano i bianconeri. Spesso, in particolare nella passata primavera, la sua visione di gioco e le sue incursioni si sono rivelate decisive e dopo un campionato non facile, contraddistinto da qualche acciacco di troppo che ha costretto l’argentino a disputare soltanto 18 delle 38 partite di Super League, Croci-Torti spera di averlo a disposizione nelle migliori condizioni possibili per la finale di Coppa Svizzera del Wankdorf… «Quello di domenica è un obiettivo di squadra, dall’inizio della stagione lo abbiamo considerato un traguardo da raggiungere. Personalmente, non lo vivo come una possibile rivincita per una stagione difficile. Purtroppo ho avuto la sfortuna di infortunarmi a inizio campionato e sono stato costretto a saltare numerose partite, ma dopo il mio rientro ritengo di aver fatto bene. Sono contento per aver ritrovato il ritmo di gioco senza perdere troppo tempo e, nel complesso, a partire da gennaio ho disputato una buona seconda parte di stagione. Sono pronto e voglio vincere questa Coppa, ma per il gruppo, non per puro spirito di rivalsa».

Affermare che per il Lugano Valenzuela equivalga a una sorta di talismano è sicuramente eccessivo. Tuttavia, in Super League è sceso in campo 15 volte da titolare, con un bilancio di 12 vittorie e due sole sconfitte. Numeri che dimostrano l'importanza dell’argentino negli equilibri della squadra… «Non so se mi posso definire decisivo, però so di essere importante, come lo sono anche tutti gli altri. Sono un ragazzo competitivo, ma gioco essenzialmente a favore del collettivo. Anche perché lo stile di questa squadra mi si addice e mi aiuta a essere migliore».

Nel corso della stagione appena andata in archivio, il Lugano non è mai riuscito a battere il Servette, nonostante ci abbia provato a quattro riprese. Ciò nonostante, molti addetti ai lavori considerano che se proprio dovessero trovare una favorita, un paio di franchetti li punterebbero sui bianconeri. Forse perché nelle ultime quattro sfide tra ticinesi e ginevrini, Valenzuela non è mai sceso in campo e quindi domenica potrebbe vestire i panni del deus ex machina di una sfida presumibilmente molto equilibrata… «È vero, quest’anno contro i granata non ho giocato, ma al di là di questo non credo che ci si possa appiccicare addosso l’etichetta dei favoriti. Non lo eravamo né contro il San Gallo, né contro lo Young Boys, eppure una di quelle finali l’abbiamo vinta, mentre nella seconda siamo stati sconfitti di misura. Si tratta di una partita secca di 90 o 120 minuti, durante i quali ogni minimo dettaglio può spalancare la porta al successo o alla sconfitta. Le qualità del Servette le conosciamo, sappiamo che si tratta di una squadra cresciuta molto nel corso degli anni e che in Europa ha compiuto un percorso da applausi. Sarà un compito difficile, per il quale dovremo essere pronti a gettare nella mischia qualcosa in più rispetto al nostro avversario».

Al Wankdorf, Valenzuela si troverà faccia a faccia con Miroslav Stevanovic, uno dei calciatori tecnicamente più dotati dell’intera Super League, contro il quale negli anni passati ha dato vita a epiche battaglie… «Quando mi tocca stilare l’undici ideale, il suo nome è imprescindibile. È davvero un avversario con i fiocchi, ma a me piace giocare contro questo tipo di calciatori, mi esaltano. Sarà una partita difficile per tutto il gruppo, ma io so di dover dare un contributo supplementare perché mi troverò a tu per tu con un avversario molto forte».

Stevanovic è soltanto uno degli atout di un Servette che in Super League ha fatto corsa pari ai bianconeri… «È vero, quello granata è un gruppo di grande qualità e molto dotato sotto l’aspetto fisico. Per il suo stile di gioco, è una delle squadre che ammiro di più a livello svizzero. Tuttavia, siamo perfettamente consci di essere assolutamente alla loro altezza, per cui dovremo scendere in campo e giocare come sappiamo, senza lasciarci condizionare dal loro stile e gettando nella mischia quel percentile in più rispetto a loro, che in una finale, di norma, fa la differenza».

Senza rimuginare troppo sul fatto che il Lugano arriva da due sconfitte consecutive… «Se guardiamo non solo alle sfide con Zurigo e Servette, ma a quanto è stato prodotto da gennaio in avanti, abbiamo la certezza di essere una squadra forte e in forma. È sulla base di questa convinzione che dobbiamo costruire la mentalità giusta per arrivare all’appuntamento del Wankdorf».

Negli ultimi anni, il Lugano ha costantemente migliorato il piazzamento in Super League: dapprima quarto, poi terzo, quest’anno addirittura secondo. Il che depone a favore di un gruppo che è probabilmente il più forte da decenni a questa parte… «Non so se le varie rose siano paragonabili. Nel corso di questi tre anni abbiamo vissuto un’evoluzione e lo stile di gioco è pure lui cambiato, favorito dall’avvicendarsi di nuovi calciatori. Quando due anni e mezzo fa ero sbarcato a Lugano, mi ricordo che la squadra giocava molto bene, ma faticava a vincere. Pian piano ci siamo amalgamati, siamo cresciuti e quest’anno, con un'ossatura stabile, abbiamo lavorato molto bene e negli ultimi mesi ha preso forma una squadra davvero forte. Rimane però difficile azzardare troppi paragoni tra anni, giocatori e dinamiche differenti».

Domenica al Wankdorf, i tifosi bianconeri sfioreranno le 13’000 unità. Una febbre da finale che, come sempre, oltre alla Città ha contagiato un po’ tutto il Cantone… «Si sente l’elettricità prodotta dall’evento. Per noi è importantissimo, ci spinge a dare quel qualcosa in più, in grado di fare la differenza. Mi ricordo come era stato entrare in campo contro il San Gallo e vedersi davanti la muraglia dei tifosi bianconeri: un’emozione indescrivibile, di quelle che segnano la carriera di un calciatore e che si ricorderanno per sempre. Anche quando le scarpette saranno già da tempo appese a un chiodo».

L’ultima volta – era la semifinale di un anno fa –, con il Servette era finita ai rigori… «Per il momento non li abbiamo provati e non so nemmeno se rientrino nel programma di preparazione del mister. Il quale, se del caso, potrà contare su di me, io ci sono».