Jhon Espinoza guarda già a Copa America e Mondiali con l’Ecuador. Ma prima deve convincere in bianconero: ‘Accoglienza ottima, qui mi trovo a meraviglia’
Compirà 24 anni il prossimo 24 febbraio ed è il volto nuovo di un Lugano in procinto di riprendere la corsa in Super League, al termine di una pausa invernale resa inusuale nella durata e nello sviluppo dai Mondiali in Qatar. Mondiali ai quali – e lo vedremo più avanti – Jhon Espinoza ha sognato di prendere parte.
Ma partiamo dall’inizio della conferenza stampa di presentazione del laterale destro ecuadoriano e dai motivi che l’hanno indotto a lasciare Chicago per seguire la strada aperta da Aliseda e Valenzuela con il trasferimento in riva al Ceresio... «In verità, c’è poco da dire in proposito. Mi trovavo in vacanza quando i dirigenti di Lugano e Chicago mi hanno contattato per offrirmi la possibilità di questa nuova esperienza. Una notizia che ho accolto di buon grado, per cui ho deciso di provare, senza grandi tentennamenti».
Va da sé che il difensore nato a Guayaquil prima di dire di sì a Martin Blaser ha assunto le dovute informazioni per capire dove stava andando a parare. Notizie che non è stato difficile raccogliere... «A dire il vero, non conoscevo molto del calcio svizzero e di Lugano in particolare, ma mi sono informato. Da Shaqiri sapevo del Basilea, così come mi era noto il fatto che lo Young Boys avesse preso parte alla Champions League. Poi, però, ho approfittato della mia conoscenza con Aliseda e Valenzuela, già compagni di squadra ai Fire, per raccogliere ulteriori informazioni. Mi hanno assicurato che il Lugano è una buona squadra, in quarta posizione nel massimo campionato svizzero e che spera di poter lottare per un posto in Champions. Per me, il solo fatto di poter giocare in una Lega europea rappresenta un sogno. Farlo in una squadra di prestigio e in un campionato di buon livello è ancora meglio. Adesso lavorerò in funzione del raggiungimento degli obiettivi della società, nella speranza di poter disputare una buona stagione anche dal profilo personale».
Jhon Espinoza ha avuto la possibilità di familiarizzare con i nuovi compagni nel corso del campo d’allenamento che il Lugano ha sostenuto dal 3 all’11 gennaio a Benidorm, in Spagna... «Devo dire di essere stato accolto subito molto bene. Ho capito immediatamente che si tratta di un gruppo compatto. Certo, la lingua per molti aspetti risulta ancora un problema, ma con coloro i quali non parlano lo spagnolo cerco di comunicare in inglese. Con l’allenatore la sintonia è stata subito buona, è contento del mio arrivo e vuole che trovi al più presto la sintonia con il resto del gruppo, in modo da essere pronto per la prima di campionato, domenica 22 a Sion. Mi immagino che il clima non sarà dei migliori, ma non mi lascio spaventare dalle temperature rigide: figuriamoci, a Chicago spesso il termometro scendeva fino a -15 grandi...».
A soli 23 anni, Espinoza si appresta a esordire nel suo terzo campionato, dopo quello ecuadoriano e quello statunitense. È ancora giovane, ma il suo bagaglio d’esperienza si sta riempiendo in fretta... «Il passaggio più difficile è stato il primo, quello che mi ha portato a Chicago. Adesso, proprio sulla base di quanto già vissuto negli Stati Uniti, sono convinto che l’arrivo a Lugano sarà molto più facile: si tratta della mia seconda avventura fuori dell’Ecuador e so di avere la necessaria capacità di adattamento, alle persone come al cibo. Tra l’Ecuador e gli Stati Uniti il gap culturale era evidente e l’inserimento in gruppo non è stato facile. È vero, anche ai Fire vi erano molti giocatori di origini latine, per cui lo spagnolo non mi è mai mancato, ma in quell’occasione non conoscevo nessuno e non è facile inserirsi quando lasci il tuo paese per la prima volta in vita tua. Qui, invece, sono stato accolto dagli ex compagni di squadra Aliseda e Valenzuela, cosa che ha facilitato e di molto i miei primi passi in bianconero».
Nella prima parte di campionato, il Lugano si è spesso trovato con la coperta corta soprattutto sulle fasce. Espinoza è un laterale destro dalla spiccata vocazione offensiva. A Cornaredo si aspetta di poter mettere in mostra quelle che sono sempre state le sue principali caratteristiche… «Forza, potenza, rapidità esplosività e una certa predisposizione per la spinta sulla fascia. Queste sono le mie peculiarità e queste, spero, potrò mostrare ai tifosi bianconeri: certo, soprattutto "ida y vuelta" lungo il corridoio destro, ma anche un’attenta fase difensiva che possa aiutare la squadra».
Espinoza, che con la maglia dei Fire nella Mls ha disputato 39 partite sull’arco di due stagioni (nessun gol, ma un assist al suo attivo), per il momento fatica a cogliere le differenze tra il calcio svizzero e quello statunitense... «Quello che mi sembra di poter dire, senza peraltro voler mancare di rispetto al mio passato, è che qui vi sia molta più intensità».
Per lui, come per tutti gli stranieri che vi approdano, la Super League dovrebbe essere soltanto un trampolino di lancio verso campionati più prestigiosi… «Il mio sogno è rappresentato dalla Premier League. Sono venuto a Lugano per migliorarmi nella speranza, un giorno, di poter approdare in Inghilterra, ma anche di trovare un posto fisso in Nazionale, con la quale vorrei prendere parte alle prossime eliminatorie per i Mondiali 2026 e alla Copa America 2024». Copa America che, tra l’altro, proprio l’Ecuador avrebbe dovuto organizzare, prima però della rinuncia da parte del governo, a seguito delle difficoltà nelle quali sta vivendo la nazione andina. Al momento, la massima competizione della Conmebol deve ancora essere assegnata, ma il mese scorso erano circolate supposizioni su un possibile coinvolgimento degli Stati Uniti quale paese organizzatore, per una Copa alla quale avrebbero preso parte anche Messico e Canada, paesi che nel 2026 ospiteranno con gli Usa i prossimi Mondiali. Il presidente della Conmebol, Alejandro Dominguez, non ha smentito i contatti con la Concacaf, ma ha bollato come "speculazioni" le voci sull’assegnazione dell’evento agli Stati Uniti. Affaire-à-suivre.
Ma torniamo a Jhon Espinoza, il quale sogna di vestire una maglia della Premier League, magari quella di uno dei due club per i quali tifa... «Manchester United e Newcastle. Perché il Newcastle? So che non si tratta di una scelta gettonata e faccio fatica a capire cosa mi lega alle "Magpies". È un club che mi è sempre piaciuto, a maggior ragione ora, per come sta giocando. Ricordo che da ragazzino avevo visto un film su un giocatore latinoamericano del Newcastle e da quel giorno sono rimasto affezionato a quella maglia».
Come per molti calciatori provenienti dal Sudamerica, gli inizi del nuovo laterale bianconero non sono stati agevoli... «Ho iniziato a 7 anni a Guayaquil, grazie a un amico che mi ha portato a un allenamento. Da quel momento il pallone mi è entrato nel sangue e ho sognato di diventare un professionista. A 14 anni un rappresentante mi ha portato a vivere lontano dalla mia città, in un foyer nel quale erano alloggiati diversi ragazzi. Quella è stata un’esperienza decisamente negativa: vivevamo male, molte volte non avevamo da mangiare in quanto l’uomo che in quel momento era il procuratore mio e di quei ragazzi non si occupava di noi. La squadra era di sua proprietà, ci dava la possibilità di allenarci e giocare, ma per il resto dovevamo arrangiarci da soli. Quando tornavo a casa – ed erano otto ore di viaggio in bus – passavo il tempo a piangere, ma non potevo rimanere con la mia famiglia, perché se volevo giocare a calcio dovevo per forza tornare con la squadra. A un certo momento ho deciso di reclamare per le condizioni nelle quali venivamo tenuti, ma la mia "rivolta" non è piaciuta, per cui sono stato messo alla porta del foyer e mi sono dovuto cercare un posto dove vivere da solo. È stata durissima, a volte durante gli allenamenti mi sentivo male perché non mangiavo a sufficienza. Per fortuna, in seguito i miei genitori sono stati in grado di sostenermi per le spese di vitto e alloggio e la situazione ha iniziato a migliorare. Anche grazie alle prime convocazioni con la Nazionale U20, arrivate a partire da gennaio 2019, quando giocavo con la Sociedad Deportiva Aucas. Proprio la possibilità di vestire la maglia della Nazionale mi ha fatto compiere un importante passo avanti, anche perché negli stage della U20 avevo la possibilità di alimentarmi in maniera corretta. Inoltre, mi sentivo valorizzato e motivato. La mia vera carriera è iniziata in quel momento».
Una carriera che, come si diceva all’inizio, ha portato il quasi 24enne ecuadoriano a un passo dalla partecipazione agli ultimi Mondiali... «Poter disputare una Coppa del mondo rappresenta il sogno di ogni bambino. In Qatar non ci sono andato a causa della mancanza di continuità di rendimento. Fossi stato un po’ più costante nelle mie prestazioni, credo che avrei potuto trovare posto nella Tricolor (con la quale ha già disputato due partite nell’autunno 2019: vittoria 3-0 contro la Bolivia, sconfitta 6-1 contro l’Argentina, ndr). Dover guardare le partite alla televisione ha rappresentato un dispiacere immenso: potevo vedere molti miei compagni della U20 essere protagonisti di una Coppa del mondo, mentre io me ne restavo sul divano di casa. È un dolore che arriva fino alle lacrime. Ma tutto questo, ormai, è acqua passata, ora sono qui a Lugano con l’obiettivo di aiutare la squadra a raggiungere i traguardi più ambiziosi e per puntare alle prossime competizioni internazionali, sia a livello di club, sia con la maglia della Nazionale».