Bianconeri impegnati domani sera a Zurigo contro il Grasshopper. Croci-Torti: ‘Le cavallette possiedono ottime individualità, soprattutto a centrocampo’
Tra il Lugano e il Grasshopper la differenza è di nove punti a favore dei ticinesi. Un divario consistente, ma che il tecnico Mattia Croci-Torti non vuole sopravvalutare in vista della trasferta di domani al Letzigrund... «Di sicuro sarà una bella partita. Le cavallette possiedono giocatori di buona classe, basti pensare a un centrocampo nel quale troviamo Jordao, appena arrivato e per il quale due anni fa la Lazio aveva speso fior di milioni, Herc, nazionale slovacco, Bolla, nazionale ungherese, e Kawabe, nazionale giapponese. In più, aggiungiamoci pure Schmid che prossimamente sarà uno dei selezionati di Murat Yakin per la Nazionale svizzera. Si tratta di una squadra alla quale piace giocare e in questa stagione quando ci siamo affrontati sono nate partite a specchio, molto tirate e senza che una delle due riuscisse a prendere per davvero il sopravvento. Anche stavolta sarà una sfida difficile da gestire; dovremo essere consapevoli del fatto che loro in casa cercano sempre di imporre il gioco, ma anche che nel loro modo di muoversi concedono punti da sfruttare».
La vittoria del Servette contro lo Young Boys lascia in bilico il quarto posto finale. Una motivazione in più per tenere alta la guardia... «Il successo dei ginevrini ha fatto capire una volta di più quanto sia stata importante la nostra affermazione di sabato sera. Si tratta di una motivazione ulteriore a nostro favore. Abbiamo dimostrato di avere le capacità di battere una squadra difficile. Vincere 2-0 contro una compagine che pochi giorni dopo supera i campioni svizzeri fa bene al morale».
Questo Lugano, però, come quello di un anno fa sembra legato all’equazione difesa-contropiede, atteggiamento che stride con i propositi espressi da Croci-Torti al momento del suo insediamento... «La verità è che in questa squadra vi sono concetti di gioco ben introdotti. Grazie ad alcuni uomini-chiave, possediamo la capacità di lottare e soffrire, anche se poi siamo costretti a difenderci più bassi. Nelle ultime partite è venuta meno la lucidità per ripartenze efficaci. So altresì di aver avuto problemi di organico durante la preparazione e ho dovuto forzare alcuni elementi per arrivare alla sfida di Coppa con il Thun e vincerla. E proprio quella partita ha fatto sì che nelle ultime settimane si smarrissero un po’ di lucidità e di precisione. Ma non sono frustrato, anche perché chi vede il Lugano si accorge che con i nuovi innesti cambio sistema tutte le volte e le cose funzionano comunque».
A proposito di nuovi arrivati, con il Servette è andato in gol Ignacio Aliseda, dopo una prestazione invero tutt’altro che da incorniciare... «Quando è entrato ha avuto le sue difficoltà, ma sono stato giocatore a lungo e so che non c’è cosa più difficile dell’entrare a partita in corso, in particolare quando si tratta di difendere il risultato. Per Aliseda non è stato semplice e sono contento per come ha conclusola sfida perché non era un gol facile da fare. È un ragazzo che si è messo a disposizione con grande umiltà, ha sicure doti, è un prospetto che può darci una mano, ma evidentemente bisogna avere il coraggio di saper aspettare e mostrare pazienza».
A servire su un piatto d’argento il pallone del gol di Aliseda è stato Haile-Selassie, elemento subito entrato nei meccanismi della squadra... «È un giocatore che conosce il campionato, aveva già militato in Super League con Zurigo e Xamax, poi ha avuto bisogno di un po’ di gavetta. Ha tanta qualità, è ancora giovane, ma conosce le dinamiche. Non è sempre evidente sapere cosa ti aspetta nel campionato svizzero, lui è facilitato rispetto ad altri. Inoltre, è arrivato con una condizione importante, a Neuchâtel ha giocato ogni minuto di tutte le partite. A volte sembra sia una cosa di scarsa importanza, ma il ritmo lo acquisisci solo giocando e lui è giunto a Lugano in una condizione ottimale. E si vede».
Ci sono i giovani appena arrivati e i vecchi marpioni che sanno come trascinare il carro. Uno di questi è Mijat Maric, tornato in squadra sabato e subito capace di far sentire il suo peso... «Sono la persona meno indicata per parlare di Maric. Nella mia prima conferenza stampa avevo affermato "Maric più altri dieci", per far capire quanto importante ritenessi la sua presenza. Possiede una leadership naturale e in campo sa far sentire tutta la sua esperienza».
La sua presenza, però, costringe il tecnico dei bianconeri a difendere più basso e a snaturare, in un certo senso, quelle che sono le sue convinzioni calcistiche... «Il mio calcio è cercare di vincere le partite. Bisogna sapersi adattare e capire l’importanza di raccogliere punti. Può darsi che nella mia testa io pensi a una certa impostazione, ma se gli uomini a disposizione non mi permettono di attuarla, insistere sarebbe una follia. È giusto sfruttare le nostre caratteristiche perché alla fine dobbiamo vincere le partite. Poi, secondo me, e le statistiche lo confermano, riusciamo comunque a portare più giocatori in fase offensiva rispetto al passato. Bisogna trovare un equilibrio tra quello che un allenatore ha in testa e quello che serve alla squadra».