Massimo Immersi sul nuovo corso del partenariato che ha riaccolto la U21 affidata a Moresi, Rota e Ortelli: ‘C'è voglia di unire le forze, di lavorare assieme
«È un altro ambiente, si lavora in modo sereno, cooperativo. Da quando sono diventato direttore ne ho viste tante. Ho inizialmente lavorato con un comitato che aveva Augusto Chicherio quale presidente. Poi, ho avuto a che fare con un comitato di cinque membri con un presidente diverso (Fabio Regazzi a interim, ndr), ora è operativo un terzo comitato con un terzo presidente (Angelo Renzetti, ndr). C'è un ambiente diverso, sereno e tranquillo. Siamo tutti soddisfatti, speriamo che duri».
Massimo Immersi è un direttore felice, orgoglioso di una carica che lo ha visto attraversare con successo le acque agitate di un partenariato uscito con un nuovo spirito (e con un comitato parzialmente rinnovato) dalla vertenza con l’Fc Lugano allora rappresentato anche da Leonid Novoselsky, nel frattempo sostituito da Alessandro Colombi. «Il suo ingresso - ricorda Immersi a proposito del nuovo rappresentante bianconero - è molto importante, per noi. Ci può dare una mano in diversi ambiti, soprattutto in quello della comunicazione che è il suo pane quotidiano. Dopo il periodo burrascoso che il Team Ticino ha ormai superato, trovo molto interessante andare verso l'esterno con delle comunicazioni nuove, fresche».
Il comitato è parzialmente rinnovato, la filosofia del partenariato è stata rilanciata. Si è quindi aperto un nuovo corso: il Team Ticino, insomma, è ripartito. «Non è mai stato così numeroso. Abbiamo più di 250 ragazzi e 50 collaboratori. Gestiamo noi direttamente 14 squadre. Daremo una mano al settore giovanile dell’Ac Bellinzona (coordinato da Enrico Morinini, ndr). Non a livello amministrativo, bensì tecnico e metodologico. Ragionando in termini di settore giovanile, non credo che ci possa essere una situazione migliore di questa: le squadre Footeco del Lugano sono gestite da Cao Ortelli, le giovanili granata sono in ottime mani con Morinini, con il quale si lavora bene. C’è comunione d'intenti, c’è voglia di unire la forze, di lavorare tutti assieme. L’ambiente di lavoro è ideale. Funziona bene anche il rapporto con la Federazione ticinese e con le prima squadre dei club più importanti. Siamo cresciuti tanto, le responsabilità sono aumentate. C’è tanto da fare, ma c’è anche tanto interesse nel farlo. C’è grande voglia di portare avanti questo lavoro. Non saranno sempre rose e fiori, ma la volontà è quella di lavorare, lavorare e lavorare».
Il metodo applicato dal Team Ticino continua a essere il Fil Rouge. Un concetto di formazione in continua evoluzione. «La metodologia deve stare al passo dei cambiamenti del calcio, dei ragazzi, del contesto sociale che cambia, a dipendenza della risorse a disposizione. L’idea è sempre quella, ma va sempre aggiornata, modellata, inserendo nuove idee. Deve essere dinamica, non possiamo immaginare di lavorare sempre con i medesimi concetti».
Alle accuse di non sfornare talenti, in che modo replica il direttore? «La gente è libera di pensare quello che vuole, ma non si può certo dire che dal Team Ticino non esca nessuno. Se penso alla classe 1998, quindi ancora in età Under 21 fino a settembre, ci sono Abedini (Chiasso e Wil), Hadzi, Arrigoni del Grasshopper. Nei ‘99 ecco Morandi, titolare al Grasshopper, e Guidotti, sceso in campo con il Lugano in Super League. Dei 2000, Binous gioca a Lucerna, Doldur e Berzati a Chiasso, un ragazzo è a Zurigo, un altro a Venezia in serie B. Dei 2001, Jovanovic e Soldini sono a Lugano, due giovani sono alla Juve, uno alla Sampdoria. Un 2002 si allena stabilmente con la prima squadra del Lugano, Brnic è al Gc, Martorana e Zahai hanno esordito con il Chiasso in Challenge League. Credo di aver fatto parecchi nomi. La realtà è questa. Non tutti sono titolari in Super League, ma chi non lo è può ancora diventarlo. Posto che diventarlo non è affatto scontato. Il Ticino si conferma terra di giocatori di talento. Sta a noi, adesso, continuare a coltivarlo. Secondo noi già lo stiamo facendo bene. Non possiamo dimenticare che dieci squadre in Super e altrettante in Challenge League sono poche. Dieci anni fa erano sedici in Super e diciotto in Challenge. Per arrivare al volume di calciatori di qualche stagione fa bisogna considerare anche la Promotion League. È diminuito drasticamente il numero delle squadre in cui evolvere ad alto livello. Un ruolo lo giocano anche le ambizioni e la classifica delle singole compagini. Quando ti trovi a ridosso della linea, diventa più complicato dare spazio a un giovane. Se invece giochi per posizioni meno profilate o per posizioni di vertice, c’è meno pressione rispetto alla lotta per la salvezza».
La novità maggiore è l’Under 21 (Seconda Interregionale, ndr), tornata sotto il nostro controllo e allenata da Ludovico Moresi (ex U18), con Dario Rota (ex Lugano, Locarno, Lucerna, nazionale svizzero) in veste di assistente. Cao Ortelli sarà il nostro coordinatore sul posto, visto che la squadra è basata a Cornaredo. Abbiamo messo in piedi uno staff (con fisioterapista e preparatore atletico a tempo pieno) che in Ticino poche squadre possono vantare. Uno staff di tutto rispetto che, ne sono certo, darà tanto ai ragazzi. I quali, se sono lì, è perché ambiscono tutti quanti a diventare dei professionisti. Moresi, Rota, che al professionismo è arrivato tardi, e Ortelli spiegheranno cosa significa darsi da fare per arrivare ad alti livelli. È un progetto nuovo, con una squadra estremamente giovane, zeppa di U19 e U20. Va coltivato, valorizzato. Gli va data continuità. Ci vorrà pazienza, dobbiamo lavorare per gradi. Un traguardo sportivo è difficile porselo, è un progetto che va lanciato, sostenuto e accompagnato. Questa squadra darà tempo, ai ragazzi. Quel tempo che spesso in passato è mancato. Se si analizzano le statistiche, sono davvero pochi quelli che dalla U18 fanno il salto in una prima squadra. Dei nomi fatti in precedenza, tutti sono passati attraverso un’esperienza nella U21. È un passaggio fondamentale per la loro crescita. Va dato loro il tempo di maturare la necessaria esperienza con gli adulti. Per poi fare lo scalino successivo, quello verso una squadra professionistica. In quest'ottica, possiamo dire che la U21 garantisce la post-formazione».
«Dopo cinque anni - spiega Cao Ortelli - ritorno in orbita U21, seppur con mansioni molto differenti rispetto al passato. Per me è una piacevole sensazione. È una dimensione che conosco bene e che ho avuto modo di conoscere bene per averla vissuta per quattordici stagioni. Auguro a Moresi e Rota le stesse soddisfazioni che ho potuto vivere io. Mi fa uno strano effetto ritrovarli al mio fianco. 20 anni fa lavoravo già con loro in prima squadra, io come assistente allenatore, loro come giocatoro.Oggi ci ritroviamo assieme, legati da un'amicizia e da un rapporto molto forti. Abbiamo grandi stimoli. L’obiettivo è dare la giusta identità a questo gruppo, deputata a diventare l’ultimo gradino della scala di formazione. È una compagine che collaborerà con le prime squadre. Un giocatore della U18 deve sapere che la U21 è un suo obiettivo. È un concetto che va introdotto e spinto. La U21 è l’ultimo step prima di arrivare in prima squadra. La carriera dei nostri ragazzi va pianificata e programmata. Non vanno imbottiti di false illusioni».
Ludovico Moresi: «Sono contento di essere tornato a “casa”. Io sono cresciuto a Lugano, ho fatto la trafila delle giovanili bianconere e ho trascorso il 90% della mia carriera calcistica a Cornaredo. Sono un grande tifoso dell’Fc Lugano, ma anche del calcio giovanile ticinese. La carriera di allenatore l’ho avviata nel Team Ticino (ha lavorato con Cao Ortelli nella U18, ndr). Il ritorno della U21 nell’orbita del Team Ticino è un passo fondamentale per la crescita dei nostri giovani. Dobbiamo dare a loro la giusta identità. Dario (Rota, ndr) ed io impersoniamo bene il giocatore ticinese che è riuscito a diventare professionista. Cercheremo con tutte le competenze che abbiamo di trasmettere questa nostra esperienza ai nostri giovani, sperando di ricavarne qualche risultato di ordine tecnico. Vale a dire, di portare qualche ragazzo a giostrare in una prima squadra. Le basi per lavorare nel migliore dei modi ci sono. Quanto agli obiettivi di squadra, non parlerei di classifica o di promozione, bensì di post-formazione. I ragazzi con noi diventano adulti. Quello dall’U18 alla U21 è un balzo importante».
Dario Rota: «Al Lugano mi legano grandi ricordi. La Under 21 è un cantiere aperto. Questo campionato si inserisce in un “anno zero”, non si parla di obiettivi. Non va dimenticato che le altre società di Super e Challenge League hanno le loro U21 in Promotion League e in Prima Lega. Mi piacerebbe accostare a questi nostri giovani quattro cinque giocatori d'esperienza. So che è complicato, conosco la realtà ticinese. Ma ritengo fondamentale per i nostri ragazzi e per la loro crescita avere dei riferimenti nel gruppo e nello spogliatoio».
Quanto alle altre quattro formazioni, Massimo Immersi ricorda che «l'allenatore della U18 è Andrea Lanza, l’assistente è Christian Lamanna, due vecchi “volponi” del calcio regionale. Diamo loro la possibilità di mettersi in mostra in questo contesto. Nelle altre squadre gli allenatori sono rimasti gli stessi, sono cambiati gli assistenti. La U15 è l’inizio del calcio d’élite, l'obiettivo è cominciare a capire in che mondo si è arrivati. Il passaggio dalla Footeco alla U15 è come il passaggio dalla cantonale all’autostrada: devi cambiare marcia. Nella U16 bisogna capire come si porta a casa un risultato. Le partite vanno gestite, anche se non è ancora l’aspetto preponderante. Lo diventa nella U18, in cui si comincia a capire che il risultato conta. Anche perché a Natale c'è una retrocessione. Niente di così grave, ma c’è. A livello di U18, l’obiettivo condiviso con l’Asf, del resto, è “train to win” (allenarsi a vincere”).