L'ipotesi, tutt'altro che remota, è quella di aprire a un numero limitato di spettatori già entro la fine dell'attuale campionato
Porte degli stadi aperte a breve per i tifosi? Niente più ologrammi, figure di cartone e bambole gonfiabili nelle gradinate? Più che improbabile solo poche settimane fa, in Italia, a dieci giorni dalla ripresa del campionato, l'ipotesi sta guadagnando terreno. Lo scorso fine settimana, l'Ungheria era diventato il primo Paese in Europa a permettere a un numero limitato di tifosi di tornare allo stadio, oltre alla Bielorussia, dove si è sempre continuato a giocare in presenza del pubblico. E, presto, pure la Bulgaria dovrebbe seguire questi esempi. Ma immaginare gli stadi gremiti in Italia, uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia di coronavirus (oltre 33.000 morti), è incongruo se si pensa che ancora il 15 maggio le società non potevano ancora organizzare allenamenti collettivi.
Le cose si sono però accelerate nella Penisola, dove il calcio si era fermato lo scorso 9 marzo. Adesso si pensa alla ripartenza, che diverrà ufficiale il prossimo fine settimana con l'antipasto di Coppa. seguito sette giorni più tardi dalla ripresa delle ostilità di campionato. Le partite si giocheranno a porte chiuse, ma l'obiettivo dei club e delle autorità è quello di aprire il prima possibile gli stadi, ossia già prima del termine del campionato, fissato per il 2 agosto. Il primo ad affrontare in modo aperto la questione è stato Andrea Agnellim presidente della Juventus e dell'Unione dei club europei (Eca).
Settiama scorsa, durante un'assemblea generale della Lega, Agnelli ha dichiarato di aspettarsi «che il Governo autorizzi una prima apertura parziale degli stadi a luglio». Gabriele Gravina, presidente della Federazione, lunedì in un'intervista a Radio 24, ha aperto uno spiraglio in questa direzione. «Oggi è prematuro - osserva Gravina -. Ma spero che possa accadere alla fine del campionato, lo spero con tutto il cuore». Anche altri club, da Genova a Sassuolo, hanno espresso il loro assenso a una risoluzione in questo senso. L'argomento è duplice: in primo luogo, la situazione sanitaria sta chiaramente migliorando, senza alcuna indicazione di una temuta seconda ondata. Soprattutto, in Italia dal 15 giugno in poi, cinema, teatri e parchi di divertimento potranno riaprire, ovviamente rispettando tutta una serie di norme sanitarie. «Se possiamo fare così tanto rispettando la distanza, non vedo perché non possiamo portare il 10% degli spettatori negli enormi stadi», sostiene il presidente della Lega dilettantistica Cosimo Sibilia. Percentuale che i club sperano addirittura di aumentare, fino ad arrivare al 20 o addirittura al 25%. Secondo la stampa sportiva italiana, alcuni stanno dando la priorità alle aree Vip, assai redditizie, mentre altri stanno valutando l'ipotesi di una lotteria o di un sistema di rotazione tra gli abbonati per decidere chi può entrare e chi deve aspettare.
In ogni caso, l'idea sta prendendo piede e non sembra essere osteggiata dai politici. «Riaprire gli stadi? Non è mai stato escluso. (...) - afferma il sottosegretario del Ministero della Salute Sandra Zampa -. Guardiamo le cifre e vediamo se riusciamo a portare la gente allo stadio, secondo standard di sicurezza assoluta. Ma per il momento, questo è un argomento che non è stato affrontato affatto». «Qui, la previsione è di contaminazione zero entro la fine di giugno - gli fa eco Ciro Borriello, deputato allo Sport del Comune di Napoli -. Perché allora non pensare a un posto su quattro allo stadio?». Anche alcune personalità mediche hanno ritenuto affatto impensabile rivedere gli spettatori negli stadi a luglio. Rita Gismondo, virologa dell'Ospedale Sacco di Milano, dalle colonne del Corriere dello Sport ha affetma: «Le regole di sicurezza, la distanza e le mascherine obbligatorie sono le stesse in uno stadio come nel teatro dell'opera. E le regole delle quote sono più facili da mettere in atto allo stadio». Pure il suo omologo dell'Ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti... scende in campo, sottolineando come a suo modo di vedere la presenza di tifosi sulle gradinate potrebbe contribuire a ripristinare la normalità: «Dobbiamo poter ricominciare a parlare di qualcosa di diverso da Covid, come il calcio. Non possiamo parlare solo di persone malate e morte».