Nonostante il via libera, riprendere e terminare la stagione interrotta secondo il direttore generale dell'Fc Lugano Michele Campana potrebbe essere molto rischioso
Eccolo, l’assist che il calcio svizzero stava disperatamente aspettando per andare in gol e provare a vincere la sua partita contro il coronavirus. A offrirglielo il Consiglio federale, il quale nella sua seduta di oggi ha deciso che a partire dall’11 maggio nello sport di punta si potrà tornare ad allenarsi con restrizioni meno severe rispetto a quello di massa (gruppi al massimo di 5 persone e senza contatto), mentre dall’8 giugno prevede di autorizzare lo svolgimento di partite a porte chiuse (inevitabile visto il divieto di manifestazioni con oltre 1000 persone imposto sino a fine agosto) nelle leghe con campionati prevalentemente professionistici.
Come appunto la Super e la Challenge League, le due massime categorie del calcio elvetico i cui tornei sono in standby dalla fine di novembre (23 turni disputati e ancora 13 da giocare) e che la Swiss Football League si era finora rifiutata di cancellare definitivamente - come invece accaduto per la maggior parte delle altre discipline, tra cui l’hockey, le cui squadre come ad esempio Ambrì e Lugano potranno a loro volta tornare ad allenarsi a ranghi completi tra 12 giorni - nella speranza di riuscire a portarli a termine prima dell’inizio della prossima stagione. Tanto che la stessa Sfl nelle scorse settimane si era mossa in collaborazione con l'Istituto delle malattie infettive dell'Università di Berna elaborando e sottoponendo alle autorità confederate un concetto di base per la ripresa delle attività, sotto supervisione scientifica e mettendo in atto importanti misure di prevenzione. Un documento quest’ultimo fondamentale nel calcio come in tutti gli altri sport, visto che l’allentamento delle restrizioni e la ripresa delle attività sarà consentita solo a condizione di applicare appunto piani di protezione e prescrizioni d’igiene che mostrino come la disciplina possa essere praticata limitando il più possibile il rischio d'infezione.
Una sorta di uno-due tra autorità federali e lega di calcio che ha rimesso il pallone nei piedi di quest’ultima e dei 20 club che la compongono, i quali devono ora decidere se mandarlo in rete sia una buona idea o se non rischi di rivelarsi un clamoroso autogol, come temono i dirigenti dell’unica società ticinese della massima serie, l’Fc Lugano.
“Ammetto che ci stavamo convincendo tutti che sarebbe stato meglio chiudere baracca e pensare alla prossima stagione - ci confessa Michele Campana, direttore generale di un club bianconero che per ogni partita a porte chiuse potrebbe perdere tra i 20 e i 40 mila franchi, mentre ad esempio il Basilea si parla di circa 300 mila-. Riprendendo l’attività in queste condizioni il danno economico per le società rischia di essere più grande che annullando il campionato. Ci sono troppe incertezze, a partire dal fatto che non siamo sicuri che l’8 si potrà effettivamente iniziare a giocare (a tal proposito il Consiglio federale si esprimerà definitivamente solo il 27 maggio in base all’evoluzione della situazione sanitaria, ndr). Potremmo richiamare i nostri giocatori e riprendere ad allenarci con tutte le conseguenti spese, ancora da quantificare, anche per rispettare le misure d’igiene, per poi ricevere un nuovo stop in caso di seconda (probabile) ondata di contagi. Ci sono poi gli aspetti giuridici legati ai contratti in scadenza a fine giugno, che non sono per nulla chiari. E se uno o più giocatori della nostra o delle altre squadre si ammalano cosa succede? Per non parlare del regime di lavoro ridotto, fondamentale per noi e al quale non possiamo rinunciare senza certezze (in questo senso si aspettano indicazioni dalla Seco, ndr), che come detto al momento non abbiamo”.
Quesiti ai quali bisognerà trovare rapidamente risposte convincenti (a tal proposito domani i club si riuniranno in videoconferenza), altrimenti l’assist del Consiglio federale si rivelerà inutile e a vincere la partita (perlomeno quella di questa stagione) sarà il Coronavirus.