Calcio

Al seminario portoghese con il 'top' degli arbitri

La 'Regione' ha partecipato al corso d'élite, diretto da Massimo Busacca, per i migliori 'fischietti' europei già proiettati al Mondiale '22 in Qatar

2 marzo 2020
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Lisbona - Grandi storie di calcio si sono idealmente incrociate, a febbraio, in occasione del seminario europeo per arbitri d’élite organizzato a Lisbona dal Dipartimento arbitrale della Fifa. L’istruzione era curata dal ticinese Massimo Busacca, ex arbitro internazionale, dal 2011 direttore del Dipartimento arbitrale della Fifa. Un corso, quello lusitano cui la “Regione” ha potuto presenziare, che ha visto la partecipazione di 17 grandi arbitri europei – in pratica i migliori del momento – già proiettati verso i Mondiali 2022 in Qatar. Tutta gente avvezza alle partite di cartello nei maggiori campionati europei, alle sfide di Champions e ai grandi tornei internazionali.

Dal 2016 a Doha i seminari d’élite sono aperti anche alle donne: a Lisbona non c’erano le migliori “giacchette nere” in assoluto, ma 9 arbitri considerate emergenti in provenienza da Grecia, Polonia, Galles, Spagna, Finlandia, Croazia, Svezia, Inghilterra e Repubblica Ceca.

Due ‘squadre’ al lavoro

Nel nuovo centro della Federcalcio portoghese ad Oeiras (inaugurato nel 2016) gli arbitri hanno innanzitutto svolto un lavoro sul campo con l'appoggio delle squadre giovanili della Belenenses.

La collaborazione consisteva nella creazione di situazioni “ad hoc” da parte dei giovani calciatori – uno contro uno in area, falli da rigore reali o simulati, repentini ribaltamenti di fronte – che dovevano venire giudicate in tempo reale dagli arbitri e poi confrontate al VAR grazie a tre sale appositamente dotate, realizzate sul posto dalla Fifa come tutto l’apparato di ripresa televisiva. Un’altra componente fondamentale era quella prettamente teorica, con sedute giornaliere finalizzate ad analizzare, commentare e “risolvere” situazioni di gioco che per definizione sono sempre destinate a far discutere, come i falli di mano in area, gli interventi da ultimo uomo o quelli che possono costare un cartellino giallo o rosso.

Per una grande squadra di arbitri ne è stata allestita una, egualmente d’élite, di istruttori e tecnici. Era formata da 22 persone fra “amministrativi” e tecnici Fifa ed esperti nei rispettivi settori (allenamento, tattica, preparazione fisica, fisioterapia, VAR) provenienti dalle Federazioni calcistiche nazionali – a partire da quella portoghese come padrona di casa – o selezionati in base alle capacità dimostrate in precedenti stage di formazione o nelle molteplici competizioni Fifa organizzate annualmente. “Group leader” dell’arbitraggio femminile era l’americana Kari Seitz, che in carriera ha arbitrato in 4 Mondiali femminili e in altrettante Olimpiadi.

La commissione arbitrale era rappresentata sul posto dal presidente ed ex arbitro internazionale di lungo corso Pierluigi Collina e dalla ceca Dagmar Damkova, membro e istruttrice tecnica arbitrale, anch’essa con alle spalle una carriera di arbitro internazionale. Oltre ai seminari d’élite destinati ogni anno ai migliori arbitri di ognuna delle Confederazioni Fifa, altri 250 ne vengono svolti in giro per il mondo per arbitri che aspirano ad entrare nel novero delle élites continentali.

‘Personalità, capire di calcio ed essere sempre al posto giusto’

Massimo Busacca, seminari di questo genere ci sono sempre stati alla Fifa, ma cosa è cambiato dal suo avvento alla direzione del Dipartimento arbitrale?

Si sono evoluti dal punto di vista tecnico e tattico, la preparazione è più specifica. Ed è migliorato anche lo staff, composto anche da allenatori professionisti che dirigono gli allenamenti con una specifica preparazione tattica dei giocatori di appoggio; in questo caso i ragazzi della Belenenses.

Quali sono gli obiettivi?

A tre anni dal Mondiale, amalgamare il gruppo di arbitri Fifa per far passare la nostra filosofia. Diciamo che noi lavoriamo con gli arbitri come le varie Nazionali di calcio fanno con i migliori calciatori dei singoli Paesi prima di un grande evento.

Ha parlato di filosofia Fifa...

Sì, vogliamo arbitri di grande personalità, che capiscano il calcio, sappiano interpretare le regole e sappiano essere sempre al posto giusto nel momento giusto, esattamente come un grande attaccante che vuol fare gol; il che determina la necessità di essere sempre al top anche dal punto di vista atletico. La finalità è far progredire una classe arbitrale che sappia prendere la decisione giusta anche quando ha pochi elementi a disposizione.

Quanti di quelli visti a Lisbona andranno al Mondiale 2022?

Per l'Europa saranno una decina, ma a tre anni dal torneo non è detto che siano per forza fra quelli portati in Portogallo. Questi erano i migliori in questo momento, ma da qui al 2022 possono succedere ancora molte cose, esattamente come nelle Nazionali di calcio che parteciperanno al Mondiale. Vogliamo sempre e solo i migliori.

Il VAR ha avuto uno spazio importante. È destinato ad averne sempre di più?

Si tratta di un mezzo che fornisce un grande aiuto, ma non fa tutto. Fino a quando ci sarò io alla direzione del Dipartimento arbitrale, escludo ad esempio che si organizzino dei seminari esclusivamente dedicati al VAR. Questo perché la cosa essenziale, molto prima della tecnologia, è avere arbitri di personalità che facciano la differenza in campo riuscendo ad affrontare nel migliore dei modi anche le situazioni più difficili. In quello la tecnologia non può aiutare.

Da qualche anno le donne vengono integrate nei seminari maschili, dove lavorano esattamente come i colleghi uomini. Un bilancio?

Quella vista a Lisbona è una nuova generazione di arbitri donne che sta crescendo. Le abbiamo chiamate per vederle all’opera. Le altre più quotate le conosciamo già bene, ma verranno comunque convocate in occasione di un prossimo seminario.

Nell'élite femminile ci sono arbitri particolarmente capaci. È verosimile che fra le donne di vertice ne vedremo qualcuna arbitrare al Mondiale maschile in Qatar?

L’obiettivo della Fifa non è strettamente quello, ma piuttosto farle crescere a livello arbitrale. Per riuscirci, devono avere la possibilità di arbitrare partite maschili, come ad esempio successo ai Mondiai Under 17 del 2017 in India e del 2019 in Brasile e, in generale, in occasione di altre competizioni maschili. Preciso che se le donne in genere arbitrano partite femminili e gli uomini quelle maschili non è certo per una scelta di genere, ma piuttosto per una questione fisiologica, fattore che nello sport fa ancora la differenza. Il livello tecnico degli arbitri donna è comunque molto migliorato e ciò è legato all'esperienza maturata nelle partite di club maschili. È chiaro che se una donna dimostra di essere all’atezza dei migliori uomini come prestazioni fisiche e capacità tecniche, allora è ovvio che non la puoi privare della possibilità di arbitrare fra i maschi, anche nelle grandi competizioni. Questo, tenendo comunque sempre presente che agli stessi eventi aspirano con grande convinzione molti ottimi arbitri uomini. In definitiva tutto si gioca sulle qualità individuali, non sul genere.

Lei dirige il Dipartimento arbitrale da 9 anni. A che punto si trova del suo cammino professionale?

Devo dire che mi sento benissimo, all’altezza di quello che faccio. Mi sento bene anche per rapporto a ciò che ho creato al Dipartimento, per come sto portando avanti le cose, per la fiducia che provo e quella che sento attorno a me. Per ora mi sento al top perché non sono ancora venute meno la passione, la voglia e soprattutto i risultati. Di conseguenza, mi piacerebbe continuare ancora a lungo.