Impegnato al torneo internazionale Under 18 di Bellinzona, l'allenatore di calcio ticinese parla della selezione del Team Ticino di quest'anno
Alessandro Mangiarratti-Torneo internazionale di Bellinzona, round tre. Con l’esordio (vittorioso) di giovedì del suo Team Ticino al Comunale di Bellinzona contro l’Atalanta, è iniziata anche la terza avventura da allenatore (ce n’erano state altre da giocatore, con il 4° rango conquistato nel 1996 con la maglia granata quale miglior risultato) alla rassegna pasquale bellinzonese per il 39enne, che proprio da tre stagioni guida la selezione cantonale U18.
«Il Torneo è formativo per i ragazzi in quanto dà loro la possibilità di confrontarsi con avversari di un certo livello, però si gioca per vincerlo – afferma l’ex difensore di, tra le altre, Bellinzona e Locarno –. Come dico sempre, l’obiettivo minimo sono le semifinali, poi da lì tutto può succedere. Noi ci siamo preparati al meglio, svolgendo la solita preparazione: amichevole con il Chiasso, due allenamenti con il gruppo al completo (compresi i fuori quota), un giorno di libero e da giovedì ritiro in hotel. Questo oltre a permetterci di godere delle medesime condizioni delle altre squadre, rappresenta sempre un valore aggiunto per i nostri giocatori, che hanno la possibilità di vivere 4-5 giorni in un contesto se non professionistico, diciamo professionale.
Due anni fa questo percorso ci aveva permesso di arrivare proprio in semifinale e per poco non eravamo riusciti ad accedere all’ultimo atto, visto che eravamo stati fermati dai futuri campioni del Palmeiras ai rigori. L’anno scorso invece abbiamo perso il torneo non sul piano del gioco ma su quello della scaltrezza, in particolare nelle palle ferme, che ci sono costate caro (quinto posto finale, ndr)». Un “mancanza” che il tecnico bellinzonese spera di aver colmato quest’anno con una selezione che definisce «intelligente, molto recettiva e che sa sempre quello che deve fare in campo, anche se questo non significa automaticamente che sia scaltra. La squadra è cambiata molto rispetto all’anno scorso, in rosa ci sono solo sette giocatori che hanno disputato la scorsa edizione della manifestazione, fuori quota compresi. Questo è però normale per una selezione giovanile, si lavora sui nati in un determinato biennio (quest’anno i 2000/2001) e ogni stagione si “perdono” i più anziani. E bisogna ricominciare, perché inevitabilmente cambiano le caratteristiche del gruppo. Ma ormai ci sono abituato, è il mio lavoro, io formo calciatori, non squadre, anche se i due concetti sono ovviamente legati. Ogni giocatore è un progetto a sé, che a sua volta si inserisce in un progetto-squadra. Più quest’ultimo è sviluppato e solido, più ti aiuta a formare i ragazzi».
Un lavoro prezioso anche (soprattutto) per tutti club ticinesi, in particolare quelli che nel 2006 avevano costituito l’Associazione Team Ticino (Bellinzona, Chiasso, Lugano e Locarno)... «Concretamente noi siamo la selezione giovanile dei top-club ticinesi, alleniamo i loro giocatori più promettenti con il chiaro obiettivo di farli arrivare alle prime squadre. Se guardo chi ha disputato con me le due passate edizioni del Torneo, trovo Arigoni che ora gioca nel Grasshopper; Abedini è appena passato al Lugano, dove c’erano già anche Guidotti e Muci; Facchin è in pianta stabile a Chiasso. E ne sto sicuramente dimenticando altri (per non parlare di quelli, tornando ancora più indietro, che ora giocano nel massimo campionato o persino all’estero), per cui direi che la strada è giusta. Non bisogna dimenticare che sui 13 partenariati che formano il calcio svizzero d’élite, noi siamo la realtà più piccola».