Purtroppo manca ancora una certa linearità di giudizio, specie all'interno di una stessa partita
Nel basket di oggi ci sono due fattori in grande crescita: l’instant review e i falli tecnici. La richiesta di revisione istantanea di un’azione è legata in particolare a due aspetti: a chi deve essere data la rimessa laterale, ovviamente quando la visione dell’azione è sufficientemente chiara e, casi molto più controversi, se un fallo è antisportivo o meno.
Sulle rimesse laterali non ci sono mai discussioni troppo ampie, anche perché ognuno sa benissimo se ha toccato la palla o meno: basterebbe confessarlo e si guadagnerebbe tempo e stima reciproca. Invece sui falli intenzionali ci sono una miriade di interpretazioni.
Per il responsabile degli arbitri, invece, ci sono dei codici da adottare in maniera chiara. Però, ed è qui che i dubbi crescono, si vedono assegnare – o non assegnare – falli intenzionali per situazioni analoghe, specie se certi falli vengono fischiati dopo tre minuti o a tre minuti dalla fine. Ciò sta a significare che, perlomeno nella testa della maggior parte di chi giudica, il metro a inizio gara è uno e a fine gara è un altro, e tutto ciò, ovviamente, non è corretto.
Un fallo antisportivo, lo diciamo per chi non è esperto di basket, ti concede due tiri liberi e il possesso della palla, che tu stia tirando o solo palleggiando oppure che tu sia aggredito anche senza palla: parliamo di possibili 5 punti, e quindi di un notevole vantaggio per chi ne beneficia. A inizio gara possono contare fino a un certo punto, ma nei minuti finali, coi punteggi vicini e il cronometro agli sgoccioli, la differenza può essere decisamente molta. Però sono sempre punti che contano, all’inizio come alla fine, e quindi sarebbe importante che ci fosse una maggiore linearità di giudizio.
Sui falli tecnici siamo alle solite: si diceva a inizio stagione che si sta cercando di avere, da parte degli arbitri, un maggiore dialogo all’interno di una contesa, dove una spiegazione e un atteggiamento disponibile favoriscono non solo il dialogo, ma anche la tranquillità dei singoli. Col passare dei mesi, a mio modo di vedere, c’è stato un cambiamento di rotta e gli arbitri sono diventati, in generale, meno disposti alla tolleranza e al dialogo. Sono un assertore convinto che le lamentele dei giocatori, quando sono reiterate, pacchiane e prolungate – come abbiamo visto a Massagno nel terzo quarto della sfida con il Nyon – siano da punire, anche perché i giocatori erano già stati avvisati prima, e tollerati un paio di volte in seguito. Ma quando si fischia un tecnico perché un giocatore allarga le braccia e alza gli occhi al cielo, o si volta con fare incredulo verso l’arbitro e poi sorride, non capisco perché si debba fischiare un fallo tecnico: sono reazioni normali e non hanno nulla di offensivo nei confronti di chi fischia. Basta un richiamo e la cosa finisce lì.
Quelli dati alla panchina o all’allenatore fanno invece parte di un’altra categoria: ci sono allenatori che danno in escandescenze e non vengono sanzionati, e altri che invece smettono subito di farlo perché si beccano un tecnico. Ora: o tutti o nessuno, in qualsiasi momento della gara. Un coach va anche a cercare un tecnico per scuotere gli animi e cambiare qualcosa in partita, vuoi con gli arbitri o vuoi anche coi propri giocatori, ma bisognerebbe pure usare un po’ di buonsenso e utilizzare il fischietto con coerenza: aiuterebbe tutti quanti.