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La prima testa a cadere è quella di Robert Saleh

I New York Jets cambiano allenatore dopo la sconfitta di Londra. Kansas City e Minnesota avanti, ma a fatica. Washington continua a sorprendere

Nella National Football League il cambio di allenatore in corso d’opera non è politica corrente. Se le oltre 26 stagioni trascorse da Alex Ferguson sulla panchina del Manchester United rappresentano un periodo inusuale per il calcio, nel football sono parecchi gli head-coach rimasti in carica oltre i 20 anni: Chuck Noll (23 anni a Pittsburgh), Bill Belichick (24 a New England), Don Shula (25 a Miami), Tom Landry (28 a Dallas) e, tra quelli ancora in attività, Mike Tomlin (già a quota 18 a Pittsburgh), sono soltanto alcuni esempi di longevità. Negli ultimi anni, tuttavia, la musica è cambiata anche nel mondo della palla ellittica e la frenetica ricerca di un successo che giustifichi investimenti sempre più onerosi ha indotto i proprietari a cambiare cavallo con maggior frequenza, soprattutto quando i risultati non sorridono. E così, dopo appena cinque partite – che rappresentano comunque più di un quarto di regular season – è caduta la prima testa. Quella di Robert Saleh, rotolata sul prato del Tottenham Stadium di Londra dopo la sconfitta subita contro Minnesota (23-17). Robert Wood Johnson IV, proprietario della franchigia della Grande Mela, ha emanato l’ordine di silurare l’allenatore di origini libanesi e di sostituirlo ad interim con il coordinatore difensivo Jeff Ulbrich. Saleh paga quattro anni durante i quali non è riuscito a portare i Jets ai vertici della Afc East, totalizzando un record di 20 vittorie e 36 sconfitte, senza nemmeno una stagione vincente.

Di certo, a Saleh non si può imputare il fatto di non aver saputo sfruttare le qualità di Aaron Rodgers, l’innesto clou della passata stagione, il futuro Hall of Famer grazie al quale i Jets erano passati nei pronostici da squadra di basso cabotaggio a papabile per il Super Bowl. Il 41enne Rodgers nella partita d’esordio in maglia biancoverde si era rotto il tallone d’Achille e aveva perso tutta la stagione. Rientrato all’inizio dell’attuale campionato, sin qui non è riuscito a far compiere ai Jets il tanto atteso salto di qualità (7 touchdown e 4 intercetti). E a pagarne le spese è stato Saleh.

Il weekend ha fatto segnare pure l’ennesimo problema tra un giocatore e la giustizia. Jabrill Peppers, safety di New England, domenica pomeriggio non ha preso parte alla sfida casalinga contro Miami in quanto detenuto nella prigione di Braintree (Massachusetts) dopo essere stato arrestato sabato mattina attorno alle 4 con l’accusa di violenza contro la partner. La quale ha accusato il giocatore di averla picchiata, strangolata e scaraventata dalle scale, accuse che il diretto interessato ha fermamente negato. Peppers, scelto al primo turno del draft 2017 da Cleveland e trasferito due anni dopo ai NY Giants, aveva firmato nel 2022 per New England, con il quale nel mese di luglio ha sottoscritto un prolungamento del contratto per i prossimi tre anni e per 30 milioni di dollari. Un prolungamento che, a questo punto, sembra un cattivo affare per i Patriots, anche perché al momento dell’arresto, nel portafoglio del giocatore è stata trovata una bustina di polvere bianca e nel suo sangue tracce di cocaina. La Nfl è molto severa sia con le sostanze stupefacenti, sia con i maltrattamenti nei confronti delle donne: anche se dovessero cadere le accuse di violenza, Peppers rischia una lunga squalifica per la cocaina.

A proposito di guai con la legge, si è chiusa con un patteggiamento privato anche l’ultima causa civile intentata nei confronti di Deshaun Watson, quarterback di Cleveland, per aggressione sessuale e percosse. Le accuse risalivano al 2020. In quel periodo, Watson era stato al centro di un’altra ventina di cause civili, presentate per aggressioni sessuali nei confronti di massaggiatrici impegnate in sedute terapeutiche. La Nfl lo aveva squalificato per le prime 11 partite della stagione 2022. Trasferito nel frattempo da Houston a Cleveland, è diventato negli ultimi due anni una palla al piede per i Browns, i quali si ritrovano con le mani legate da un contratto di 230 milioni garantiti e con un quarterback sistematicamente fischiato dai tifosi che ne chiedono la sostituzione per scarso rendimento.

Week 5 ha detto che Kansas City e Minnesota proseguono il loro cammino immacolato. Entrambe le squadre, tuttavia, hanno mostrato qualche appannamento. L’attacco dei Chiefs ha messo a segno 26 punti contro New Orleans, 12 dei quali portano però la firma del kicker Harrison Butker e nessuno quella di Patrick Mahomes (comunque ottime le sue statistiche con 28 su 39 per 331 yarde). Più sudata è stata la vittoria dei Vikings in un Tottenham Stadium di Londra esaurito (61’139 spettatori). Hanno timbrato il successo sui NY Jets soltanto a 49” dalla fine, grazie a un intercetto di Stephon Gilmore. Minnesota ha retto in difesa (“pick six” di Van Ginkel), ma in attacco ha macinato soltanto 253 yarde, con un Sam Darnold tornato erratico (14 su 31 per 179 yarde e un intercetto). Non che sull’altro fronte Aaron Rodgers abbia fatto molto meglio, con 29 su 54 per 244 yarde, due touchdown e ben tre intercetti. Yarde che, tuttavia, al futuro Hall of Famer sono bastate per diventare il nono quarterback della storia ad aver superato il muro delle 60’000 yarde (gli altri sono Marino, Ryan, Rivers, Röthlisberger, Favre, Manning, Brees e Brady).

Comunque sia, Minnesota va alla settimana di pausa senza doversi leccare particolari ferite: nella Nfl, “a win is a win” e anche le vittorie brutte possono essere determinanti in chiave playoff. D’altra parte, per il momento all’orizzonte non si intravede una squadra dominante: Buffalo ha perso a Houston, Baltimore (terzo successo filato) ha vinto in maniera piuttosto fortunata a Cincinnati, San Francisco (quanto pesa l’assenza di McCaffrey) si è fatta sorprendere da Arizona, mentre Miami ha sì battuto New England, ma in assenza di Tua Tagovailoa (alle prese con l’ennesima commozione cerebrale) ha un attacco che non fa paura a nessuno. A Washington, per contro, prosegue la “Daniels Mania” (238 yarde palla in aria e altre 82 di corsa) e quale sia il vero valore dei Commanders lo si potrà capire domenica, quando la franchigia della capitale sarà di scena a Baltimore contro una compagine in chiara ripresa, nella quale Derrick Henry è diventato il terzo ultratrentenne a totalizzare più di 500 yarde e più di 5 touchdown nelle prime cinque partite (Curtis Martin e Priest Holmes ci erano riusciti nel 2004). Sarà Ravens - Commanders la partita più intrigante del weekend.

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