Dopo i ritiri negli ultimi anni di Manning, Brees e Big Ben, ora sono in difficoltà anche Rodgers e Brady, alla guida di due squadre con record negativo
Non è una Lega per vecchi, verrebbe da dire parafrasando il titolo di un romanzo di Cormac McCarthy. Forse sarebbe più giusto dire "non è più una Lega per vecchi", visto come negli ultimi anni la Nfl si sia appoggiata – in particolare nel ruolo più importante e difficile, quello di quarterback – su uomini (non è più il caso di chiamarli ragazzi) dalle spalle larghe quanto la loro esperienza decennale. Sin qui, il terzo millennio è stato dominato da registi giovani e vincenti già nei loro primi anni, ma capaci di mantenere alto il livello atletico e psichico ben al di là di quella che viene considerata la "parte sbagliata dei 30". Addirittura, c’è chi come Tom Brady ha riscritto tutti i trattati scientifici sulla longevità di uno sportivo e quest’anno è ancora titolare a 45 anni. Con lui, i vari Drew Brees, Ben Roethlisberger, Aaron Rodgers, Matt Ryan, Peyton Manning sono stati per anni e decenni "franchise quarterbacks" per le loro società di appartenenza. Ma quest’anno la musica sembra essere cambiata. Manning ha appeso il casco al chiodo nel 2015 dopo 18 stagioni, Brees lo ha fatto al termine della stagione 2020, seguito un anno dopo Big Ben. E ora, sembra che il 2022 debba segnare l’inesorabile tramonto anche degli altri tre. In particolare di Matty Ice Ryan, passato in primavera da Atlanta a Indianapolis, ma "panchinato" domenica nella sfida contro Tennessee e ufficialmente degradato a riserva per il resto della stagione, come annunciato lunedì dalla società. La franchigia dell’Indiana ha speso soltanto una terza scelta per acquisire il giocatore, ciò nonostante nove touchdown e nove intercetti non sono certo il bottino che i Colts si aspettavano da un quarterback capace in carriera di totalizzare 367 lanci in endzone contro 179 intercetti.
E l’inizio di stagione è stato disastroso anche per Rodgers e Brady, Mvp e vice dell’ultima stagione. Considerate le grandi favorite per giocarsi la finale della Nfc, Green Bay e Tampa Bay si ritrovano ora con un record negativo (3-4) e con addirittura i playoff a rischio. Ma, soprattutto, sono chiamati a fare i conti con due attacchi che funzionano a singhiozzo e pure maluccio. I Packers hanno il 22° attacco (13° sui passaggi con appena 6,6 yarde a tentativo, 16° sulle corse con 4,6 yarde a tentativo), i Bucs fanno pure peggio con il 26° posto complessivo (7° palla in aria, 6,6 yarde a tentativo, 31° palla a terra con appena 3,0 yarde a portata). Se nelle passate stagioni le abilità di Rodgers e Brady erano sufficienti a nascondere qualche eventuale magagna (dalle parti di Milwaukee c’era pure un certo Davante Adams le ricezioni del quale aiutavano e non poco quarterback e squadra), quest’anno entrambi sembrano sfasati, poco precisi e poco coraggiosi nell’attaccare la profondità.
In Florida, oltretutto, le prestazioni non brillanti di un attacco rinomato nelle ultime stagioni per la sua esplosività (domenica ha totalizzato appena 3 punti nella sconfitta con Carolina) hanno scatenato una ridda di polemiche in merito a presunti favoritismi concessi dall’head-coach Todd Bowles a Tom Brady: un paio di settimane di vacanze durante il camp estivo, giorni liberi nel corso della settimana, la possibilità, il venerdì precedente la sconfitta con Pittsburgh, di presenziare al matrimonio di Robert Kraft, proprietario dei New England Patriots, hanno fatto montare il malcontento, tanto che Bowles è dovuto uscire allo scoperto per difendere pubblicamente TB12. D’altra parte, è piuttosto comune nella Nfl che alcuni veterani godano di un trattamento particolare durante la settimana, con riposi supplementari per recuperare dalle botte che nel football marchiano il corpo "any given Sunday". Quando però a mancare è il regista, a risentirne in partita sono timing, precisione e coesione nelle azioni, in uno sport nel quale "la somma dei centimetri fa la differenza tra la vittoria e la sconfitta", come affermava Tony D’Amato, alias Al Pacino, in «Ogni maledetta domenica".
In una week-7 che a Miami ha visto il rientro in campo di Tua Tagovailoa (da commozione cerebrale) e a Dallas quello di Dak Prescott (fuori dalla prima partita), oltre all’esordio di Christian McCaffrey a San Francisco (uno dei rarissimi runner bianchi è stato ceduto in settimana da Carolina per una seconda, una terza, una quarta e una quinta scelta), non sono mancati gli infortuni di peso. A Seattle (una delle sorprese positive), il ricevitore DK Metcalf è uscito in barella e corner J. C. Jackson dei Chargers ha chiuso la stagione per un problema al ginocchio. Ma la perdita più significativa è senza dubbio quella patita dai New York Jets: contro Denver, il runner Breece Hall, dopo aver segnato un touchdown da 62 yarde, si è rotto i crociati del ginocchio, un infortunio devastante per una franchigia che proprio su Hall aveva basato le fortune di un attacco nel quale Zach Wilson (Qb al secondo anno) viaggia per ora a corrente alternata.
Settima giornata: Arizona - New Orleans 42-34. Baltimore - Cleveland 23-20. Cincinnati - Atlanta 35-17. Dallas - Detroit 24-6. Jacksonville - New York Giants 17-23. Tennessee - Indianapolis 19-10. Washington - Green Bay 23-21. Denver - Yew York Jets 9-16. Las Vegas - Houston 38-20. Los Angeles Chargers - Seattle 23-37. San Francisco - Kansas City 23-44. Miami - Pittsburgh 16-10. New England - Chicago 14-33
Ottava giornata: Tampa Bay (3-4) - Baltimore (4-3). Jacksonville (2-5) - Denver (2-5). Atlanta (3-4 - Carolina (2-5). Dallas (5-2) - Chicago (3-4). Detroit (1-5) - Miami (4-3). Minnesota (5-1) - Arizona (3-4). New Orleans (2-5) - La Vegas (2-4) - NY Jets (5-2) - New England (3-4). Philadelphia (6-0) - Pittsburgh (2-5). Houston (1-4-1) - Tennessee (4-2). Indianapolis (3-3-1). Washington (3-4). Lo Angeles Rams (3-3) - San Francisco (3-4). Seattle (4-3) - New York Giants (6-1). Buffalo (5-1) - Green Bay (3-4). Cleveland (2-5) - Cincinnati (4-3)