Al Tour de France, nel weekend, vittorie per i due olandesi protagonisti nel 2020 di un drammatico episodio
Nemmeno il più navigato degli sceneggiatori avrebbe potuto buttar giù un copione in cui l’intreccio dei destini personali giocasse un ruolo così importante. Sabato a vincere in volata la seconda tappa del Tour era stato Fabio Jakobsen della Quick-Step, un autentico miracolato. Nell’agosto di due anni fa, infatti, al Giro di Polonia, sprintando a pochi metri dal traguardo era caduto rovinosamente, sfigurandosi e finendo in coma con gravi danni all’apparato respiratorio. Le sue condizioni erano tanto disperate da indurre i parenti del ragazzo a chiedere a un sacerdote di impartirgli l’estrema unzione. Poi, per fortuna, l’olandese riuscì a riprendersi, gli venne ricostruito il volto e sei mesi più tardi tornò perfino a correre. Domenica, invece, a vincere in volata la terza frazione della Grande Boucle – precedendo Van Aert e Philipsen – è stato il suo connazionale Dylan Groenewegen della BikeExchange, cioè colui che aveva colpevolmente provocato quel terribile incidente in Polonia, per il quale fu immediatamente estromesso dalla corsa e squalificato per i successivi nove mesi.
Un cerchio che si chiude, un episodio tragico risoltosi nel migliore dei modi. Del resto, si sa, la Danimarca è terra di favole, e lassù evidentemente non c’è solo del marcio. Le prime tre tappe del Tour si sono infatti svolte extra muros, fra gli strepitosi paesaggi di Copenaghen e dintorni. Lunedì ci sarà invece la prima giornata di riposo, per consentire alla carovana – formata da ben 4’500 persone – di raggiungere la Francia col belga Wout van Aert (Jumbo) – tre volte secondo nel trittico danese – in maglia gialla.
La terza frazione, a lungo lenta e noiosa, ha visto la lunghissima fuga del padrone di casa Magnus Cort Nielsen, un’azione durata quasi 130 km durante i quali si è aggiudicato tutti e tre i Gpm in palio, proprio come aveva fatto già sabato. La maglia a pois di miglior scalatore, dunque, è più che saldamente ancorata alle sue spalle. Ripreso il fuggitivo quando al traguardo di Sonderborg mancavano ancora una cinquantina di chilometri, il gruppo si è messo a tirare paurosamente, aiutato anche dal vento che soffiava spesso a favore. Superati senza troppi affanni i temuti tratti di pavé – che hanno provocato solo una caduta senza conseguenze – le squadre hanno organizzato i treni per la volata conclusiva, prevista su un drittissimo vialone di oltre 750 metri. A spuntarla al fotofinish, come detto, è stato il riabilitato Groenewegen. Soltanto quarto il califfo slovacco Peter Sagan, che nel momento decisivo non trova il pertugio e rimane ai piedi del podio.