Il Tribunale di Bolzano archivia il caso del marciatore altoatesino per l'affaire del 2016 e attacca l'autoreferenzialità della Federatletica e dell'Ama
Archivazione per non aver commesso il fatto. Così il Tribunale di Bolzano pone fine al processo di primo grado per doping ad Alex Schwazer, il marciatore italiano che era stato sospeso sul piano sportivo nel 2016, dopo essere stato trovato positivo a un controllo antidoping. Il giudice penale ha quindi accolto la richiesta del pm, ritenendo «accertato con altro grado di credibilità» che i campioni di urina nel 2016 furono alterati, in modo da far risultare l'atleta positivo. E la giustizia penale italiana si spinge anche oltre, accusando di «opacità» la Federatletica internazionale e l'Agenzia mondiale antidoping, accusate entrambe di operare in maniera autoreferenziale, senza tollerare alcun controllo dall'esterno.
La decisione del giudice fa seguito alla richiesta della Procura di archiviazione del procedimento penale per Alex Schwazer, richiesta che risaliva a inizio dicembre. L'inchiesta si riferiva al citato caso di doping risalente al 2016, e non al primo caso, ammesso dallo stesso atleta, nel 2012. Tutto era nato da un controllo antidoping nel gennaio 2016, in seguito al quale il Tas o aveva condannato il marciatore a una squalifica di 8 anni, che sta ancora scontando. L'atleta ha sempre contestato la validità di questo secondo caso di positività, puntando il dito sugli anomali valori, altissimi, fatti risalire al Dna contenuto nella provetta, dichiarandosi vittima di un
complotto.
Della decisione del giudice, Schwazer ha saputo mentre si stava allenando. E in una dichiarazione fatta all'agenzia Ansa, il marciatore altoatesino parla di un giorno in cui «finalmente è stata fatta giustizia, dopo quattro anni e mezzo di attesa. Probabilmente – aggiunge – non potro' dimenticare tutte le cose, ma il giorno di oggi mi ripaga un po' di tante battaglie affrontate in questi quattro anni e mezzo per nulla facili, insieme ad altri che mi sono stati vicini».