Il nuotatore ticinese ai box per sei settimane. 'La salute prima di tutto. Sarà difficile stare lontano dall'acqua così a lungo, ma mi farò trovare pronto'
Non siamo in guerra, ed è solo un rinvio, non una cancellazione. Tuttavia il peso della decisione del Cio di riprogrammare nel 2021 i Giochi olimpici di Tokyo riporta alla memoria gli anni bui dei tremendi eventi bellici del primo e del secondo conflitto mondiale che portarono all’annullamento di ben cinque edizioni. L’edizione estiva di Berlino del 1916, quelle estive di Tokio del 1940 e di Londra del 1944, e quelle invernali di Cortina d’Ampezzo del 1940 e di Sapporo (1944) furono cancellate per colpa della guerra. Le Olimpiadi di Tokyo sono state strappate dalle date originali (24 luglio-9 agosto) non da un conflitto, bensì da un’emergenza sanitaria globale che ha ripercussioni simili. Il coronavirus ne ha sancito il rinvio di un anno: appuntamento all’estate del 2021, questo almeno prevede il piano del Comitato olimpico internazionale, per i dettagli del quale serviranno ancora tante discussioni.
“Nelle circostanze attuali e sulla base delle informazioni che abbiamo ricevuto dall’Organizzazione mondiale della sanità, il presidente del Comitato olimpico internazionale (Cio) e il primo ministro del Giappone Shinzo Abe hanno concluso che i Giochi olimpici di Tokyo devono essere riprogrammati dopo il 2020, entro l’estate del 2021, al fine di tutelare la salute degli sportivi e di tutte le persone coinvolte nei Giochi, oltre a tutta la comunità internazionale”, recita il comunicato del Cio che ha ufficializzato un verdetto atteso che non sorprende nessuno.
«La priorità è la salute pubblica, quella di tutti. Lo sport è giusto che passi in secondo piano». Si esprime così, con grande maturità e piena consapevolezza del momento delicato, Noè Ponti, 19enne nuotatore ticinese, costretto a commentare il rinvio di quello che rappresentava il suo principale obiettivo stagionale. «Non mi facevo alcuna illusione circa lo svolgimento dei Giochi, ma ora è venuto definitivamente meno il dubbio - spiega il locarnese -. Sono più sereno, anche perché avrei dovuto allenarmi in condizioni tutto fuorché ideali. Ho letto reazioni e interventi di atleti e colleghi, anche stranieri: tutti si sono detti convinti della bontà della scelta del rinvio, proprio per le difficoltà che tutti avrebbero avuto, per allenarsi. Nessuno avrebbe potuto presentarsi alle Olimpiadi nelle condizioni ideali per competere ai massimi livelli, come sarebbe invece richiesto dall’evento. La scelta presa è quella giusta. In questo momento è doveroso privilegiare la salute, piuttosto che pensare allo sport. Quest’annata avrebbe potuto andare in mille modi, ma alla fine non c’è proprio nulla da ridire, sul rinvio.
Uscito dall’acqua lo scorso martedì, per effetto delle disposizioni federali per arginare la pandemia, Noè lunedì avrebbe potuto ricominciare a fare quello che fa da sempre, ovvero nuotare, allenarsi. Il rinvio dei Giochi, però, ha scombussolato piani che subiscono modifiche di giorno in giorno. Le porte del Centro sportivo di Tenero, pronto ad accogliere una selezione di nuotatori di Swiss Swimming per permetterne gli allenamenti, seppur sottomessi a rigide restrizioni di ordine sanitario, si sono definitivamente chiuse. «Era una soluzione che - come ribadito dal direttore del Cst Bixio Caprara - avrebbe dovuto sottostare a tutta una serie di condizioni rigorose e molto restrittive, a cominciare dal fatto che, in ogni caso, prima di venire fisicamente al Centro, questi atleti avrebbero dovuto sottoporsi a una quarantena autonoma, a cui avrebbe fatto seguito una visita medica. Inoltre, durante tutta la loro permanenza avrebbero vissuto in internato, dunque senza poter uscire dal perimetro della struttura. Capienza di mensa e strutture ricettive erano state adattate al fine di attenerci in maniera scrupolosa alle direttive delle autorità attualmente in vigore».
«Una volta dentro - prosegue Noè - avrei vissuto in una camera, da solo. All’interno della struttura, peraltro chiusa, avremmo dovuto mantenere le distanze sociali. Le norme all’interno del Cst sarebbero state molto più severe che all’esterno, per l’igiene, per la quarantena che avremmo dovuto seguire, in isolamento da tutto e da tutti. In acqua avremmo nuotato al massimo due per corsia».
Riprendere l'attività sarebbe stato un privilegio, con un costo però non risibile. «Prima di avere accesso al Cst avrei dovuto seguire una quarantena di cinque giorni. Avrei dovuto evitare ogni contatto, se non con i miei familiari, i quali a loro volta si sarebbero sottoposti tutti a quarantena. L’avremmo seguita tutti scrupolosamente, è l'unico modo di farla. Le norme alle quali avrei dovuto sottostare sarebbero state molto restrittive, non sarebbe stata una situazione comoda. Avrei ripreso l’attività sportiva, ma non sarebbe avvenuto in condizioni agevoli. Avrei potuto nuotare, mi sarei allenato, ma è una medaglia a due facce. Avrei ritrovato con piacere quello che facevo tutti i giorni, ma d’altro canto sarei stato confrontato a condizioni talmente difficili che non ne avrei potuto godere appieno. Sarei rimasto al Cst a lungo, magari per due mesi, senza rivedere la mia famiglia, anche perché uscire avrebbe significato mettere fine alla stagione. Ne sarei uscito solo quando la situazione si sarebbe risolta. Ci avrebbero liberati quando sarebbe stato possibile fare ritorno a casa e la quarantena all’interno del Cst non sarebbe più stata necessaria. Allenarsi in queste condizioni non sarebbe stato affatto facile. Essere chiuso al Cst, o da un’altra parte, in qualunque parte del mondo ci si trovi, sapendo che all’esterno sta succedendo quello che sta succedendo mentre stai nuotando o facendo sport, mi avrebbe impedito di essere al cento per cento mentalmente e di lavorare all’intensità che sarebbe invece richiesta».
Il rinvio dei Giochi ha chiuso definitivamente anche la breccia che il nuoto era riuscito ad aprirsi. Noè Ponti deve ricalibrare il proprio quotidiano. «Per un nuotatore è difficile stare lontano dall’acqua per così tanto tempo. Per sei settimane sarò fuori dall’acqua, ci devo convivere, e lo accetto. Non è una pausa, perché continuerò ad allenarmi due volte al giorno a secco, con la cyclette, con altri esercizi. Mi manterrò in forma. Dal punto di vista della condizione atletica sarò a posto, quando si tratterà di tornare in piscina. Dovrò riprendere il feeling con l’acqua, e lavorare sulle questioni tecniche, mentre a quelle fisiche posso continuare a lavorare ogni giorno. Per il resto, faccio quello che dicono le autorità. A casa seguo il programma scolastico a distanza, per non restare indietro (a giugno sosterrà la prima metà degli esami liceali di maturità, ndr). Faccio passeggiate nel bosco, dove so di non incontrare nessuno. Vivo alla giornata, ogni giorno ci sono direttive nuove. La situazione è talmente delicata, il virus si diffonde così rapidamente… Non abbiamo ancora il controllo. Mi fido delle decisioni che prendono ai piani alti e le seguo, senza reclamare o criticare. Non serve a niente protestare o criticare. Chi prende determinate decisioni non lo fa certo a cuor leggere, sono molto complicate da prendere. Errori di valutazione? Con il senno di poi è facile, ma giudicare non serve a nulla. Stanno svolgendo il loro lavoro al meglio possibile».
Lo slittamento al 2021 permette a tutti gli atleti di avere un anno in più per riprendere il discorso qualificazione. Lo stesso Noè, i limiti olimpici ancora non li aveva ottenuti. Non è propriamente un sogno infranto, quindi. Il rinvio ti pone quasi in condizioni di vantaggio. «L’anno prossimo sarò più grande, più allenato. Ho molte più possibilità di qualificarmi. Questo mi permette di ragionare in maniera anche più serena. Posso anche pensare a ottenere qualcosa in più, oltre al solo ticket per Tokyo, anche se è prematuro parlarne».
Un giorno, lo sport ripartirà. «Non temo più di tanto il distacco dall’acqua. Penso di non avere troppi scompensi, supererò bene queste settimane. All’inizio, quando riprenderò a nuotare, sarà come tornare in piscina dopo la pausa estiva. Ma con un vantaggio: non avrò i chili in più che solitamente invece sono il dazio da pagare a quello stop».