CICLISMO SU PISTA

A Tokyo il canto del cigno

Daniel Gisiger, responsabile tecnico della pista dirigerà per l’ultima volta i suoi ragazzi alle Olimpiadi

29 febbraio 2020
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Anche l’avventura più bella prima o poi scrive la parola fine. Daniel Gisiger (65 anni), uno dei ciclisti svizzeri più popolari degli anni Settanta-Ottanta, dopo 43 anni trascorsi nel mondo del ciclismo professionistico ha detto basta. Attuale tecnico di Swiss Cycling per il settore della pista, Gisiger dirigerà i suoi ragazzi per l’ultima volta la prossima estate, in occasione dei Giochi olimpici di Tokyo, per i quali si è qualificato il quartetto dell’inseguimento.
Capace di mettersi in luce sia sull’anello parabolico (6 vittorie), sia sulla strada (23), ha sempre apprezzato l’aspetto tecnico ed emozionale della pista... «Francamente, una Coppa del mondo o un Mondiale su pista rappresentano uno degli spettacoli più belli ai quali si possa assistere. Certo, ritrovarsi in vetta al Tourmalet al Tour de France ha senz’altro il suo fascino, ma una volta transitati i corridori non rimane altro che precipitarsi nel camper per seguire il resto della gara alla televisione. Sulla pista, per contro, si può seguire tutto, dalla A alla Z». Dalla riunificazione tra professionisti e dilettanti (1996), Gisiger è convinto che nell’ambiente non vi siano più situazioni dubbiose e che tutti i risultati vengano conseguiti unicamente con la forza del pedale.
Membro del quartetto che aveva conquistato la prima medaglia per la Svizzera ai Mondiali del 1977 a San Cristobal, in Venezuela, Gisiger spera di salire sul podio, anche solo per procura, ancora una volta, magari ai Giochi olimpici di Tokyo... «Fino a qualche tempo fa credo di poter affermare che le nostre ambizioni non andassero al di là di una posizione tra il 6° e il 10° posto. Oggi, invece, il nostro quartetto vale tra il 3° e il 6° rango. Tutte le squadre presentano un livello molto alto e simile tra di loro. È davvero una questione di dettagli».
Al fianco di Robert Dill-Bundi, Hans Kaenel e Walter Baumgart­ner, Gisiger ha formato a suo tempo un quartetto capace di conquistare il bronzo a San Cristobal. Spera di poter ricevere tutto ciò in occasione delle Olimpiadi di Tokyo. Si è giocato tutte le carte a disposizione, cercando pure di convincere Stefan Küng a tornare alla pista per contribuire all’exploit... «Ovviamente, non avrei accettato che Stefan sbarcasse qui a Berlino all’ultimo momento per “rubare” il posto a un compagno. Si sarebbe dovuto imporre uno o due blocchi di preparazione. Ma ci siamo scontrati con un ostacolo del regolamento: per partecipare ai Mondiali avrebbe dovuto ottenere almeno dieci punti in Coppa del mondo, ma lui, purtroppo, non ha preso parte ad alcuna corsa. Se rimettessimo Küng in pista, con compagni quali Stefan Bissegger e Robin Froidevaux potremmo essere i grandi favoriti per i Giochi 2024 di Parigi».
Impiegato di Swiss Cycling dal 2007, Gisiger ha visto arrivare e passare diverse generazioni di dirigenti. Quelli attualmente in carica sono convinti sostenitori dell’importanza di sviluppare il settore della pista. Anche perché con il velodromo di Grenchen il ciclismo svizzero dispone dal 2014 di un’infrastruttura di grande pregio... «È stato un regalo di Natale», afferma il coach nazionale, evocando l’anello solettese voluto dal compianto Andy Rihs. Un anello che in questi anni ha contribuito allo sviluppo di molti giovani rossocrociati, ma che ha visto pure passare alcuni tra i migliori pistard internazionali, come gli olandesi o quelli di Hong Kong